[13/12/2011] News

Il sociologo De Masi a greenreport.it: «Serve redistribuire lavoro, ricchezza, potere, sapere e tutele»

Domenico De Masi, sociologo del lavoro all'università "La Sapienza" di Roma e noto per aver contribuito ad elaborare il concetto di società post-industriale, interviene all'evento organizzato a Roma dall'associazione culturale Greenaccord, "Verso un nuovo Umanesimo - economia e sostenibilità sociale". Il suo intervento titola "la crisi della tirannia del denaro". Come definirebbe questa tirannia?

«È una tirannia per cui gli interessi della politica, della società, dei valori e delle arti si trovano ad essere subordinati ad una finanza che a sua volta mangia l'economia. La storia ha visto susseguirsi periodi in cui ha prevalso l'economia, in altri l'arte, in altri ancora elementi diversi. È probabile che questa crisi sia irreversibile, ma è difficile da darsi: basti pensare a come, in questo momento, in Italia è il trionfo dell'economia, con un governo di economisti. Mai successo».

Il connubio tra potere e politica democratica (soprattutto a livello nazionale) ha perso terreno a causa dei poteri finanziari, lasciati a briglia sciolta. Come guidare la trasformazione culturale necessaria per un cambio del paradigma socio-economico vigente, verso uno sviluppo sostenibile?

«Tramite una lunga marcia, in cui sia di nuovo la politica a prendere il sopravvento, tornando ad una visione lungimirante. Se la politica è l'arte dei tempi lunghi, infatti, l'economia è l'arte del benessere, ma la finanza quella degli sviluppi attimo per attimo. Di questo compito sono investite tutte le componenti della società, dagli intellettuali alla politica, alla religione; tutte, tranne quelle della finanza, che ovviamente difende le posizioni di potere acquisite».

Riguardo l'attualità italiana, come pensa dovrebbe evolvere il mercato del lavoro?

«Verso una redistribuzione del lavoro. La disoccupazione giovanile è alta ovunque, non solo in Italia; mentre i genitori lavorano anche dodici ore, i figli continuano ad essere disoccupati. Si può dunque pensare di allungare le pensioni, ma contestualmente è necessario ridurre l'orario di lavoro, altrimenti non se ne esce».

Da un'Europa modello per lo sviluppo del welfare state siamo passati a tagli selvaggi allo stato sociale. Come è possibile invertire questa tendenza, che porta ad un continuo allargarsi della forbice delle disuguaglianze?

«Questi tagli avvengono da noi, ma non ovunque: nei Paesi scandinavi, dove l'influenza socialdemocratica è ancora forte, questo non avviene. Quando i più ricchi personaggi italiani, da Berlusconi a Marchionne, portano i loro capitali all'estero, la tendenza di cui parla può essere invertita cancellando l'evasione fiscale, e facendo pagare le tasse a tutti, secondo il principio per cui chi più ha, più può dare. Se non ci sarà quest'inversione, sarà inevitabile la rabbia dei più poveri, anche se, al momento, sembra che si sia ancora lontanissimi da quest'orizzonte».

Quali sono le priorità che indicherebbe per uno sviluppo sostenibile dell'Italia, all'interno del contesto europeo?

«La parola chiave è "ridistribuire", declinata in cinque diversi punti: ridistribuire lavoro, ricchezza, potere, sapere e tutele. Un obiettivo che certamente non è possibile aspettarsi che venga perseguito dal neopremier Monti, con la Bocconi al governo».

 

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