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Olt-retutto

Il rigassificatore off-shore Olt è arrivato nelle acque della Regione Toscana, di fronte la costa tra Livorno e Pisa
 |  Approfondimenti

Ora che il terminale di rigassificazione “FSRU Toscana” di OLT Offshore LNG è arrivato di fronte alle nostre coste bisogna tenere alta l’attenzione soprattutto su due cose, che hanno tutte a che fare con la sostenibilità: quella ambientale e quella economica.

Che l’impianto avrà un impatto ambientale è ovvio, d’altronde l’impatto zero non esiste. Peraltro che con il suo arrivo il mare si trasformi in un’area industriale è un’obiezione comprensibile, ma bisogna dire che già lo è: le navi da crociera non sono industria del turismo? Non transitano da qui le petroliere? E la pesca cos’è? Il trasporto container? Le rete elettriche non passano già dai fondali marini? E le pipeline? Mare o terra poi che differenza fa? In terra si può e in mare no? Il punto non può essere questo.

Il criterio deve essere quello della sostenibilità, che a nostro avviso avrebbe ad esempio fatto preferire il progetto della Edison per il rigassificatore di Rosignano rispetto a questo di Olt, ma purtroppo questa partita (la scelta tra uno dei due, non entrambi, sia chiaro) è trapassata. Dunque, dicevamo, serve tenere altissima l’attenzione sul piano dell’impatto che dovrà essere il più ridotto possibile. Che va a braccetto con la sicurezza, e non potrebbe essere altrimenti. Dunque pressione in questo senso va fatta perché, questo è vero, quello di Olt non è un impianto come tanti altri.

Le compensazioni ambientali non illudano: oltre ad essere di poco conto (400mila euro per Livorno sono bruscolini rispetto a quanto ha preso Pisa che non ha quantificato la richiesta in termini economici ma pattuito, come è avvenuto, la realizzazione dell’Incile, il circuito fluviale nuovo tra Pisa e il mare, attraverso il canale dei Navicelli che sbocca nel porto di Livorno - costo di 5 milioni di euro tanto per intenderci), non compensano alcunché. Quindi vigilare su chi deve vigilare, pungolandoli.

Ma, paradossalmente, quello che preoccupa di più è la sostenibilità economica dell’impianto. Perché già che lo dobbiamo ingoiare, almeno la speranza è che porti posti di lavoro e costi dell’energia elettrica inferiore non solo in Toscana, ma anche in Italia. Altrimenti a che serve? Sull’occupazione reale vedremo, se è tanta o poco giudichino altri, mentre sul resto a quanto pare non ci sono garanzie di nessun tipo.

Non solo, come spiega bene Qualenergia, “i nuovi rigassificatori potrebbero avere l'incasso quasi totalmente garantito dalle nostre bollette. Avrebbero cioè diritto a un rimborso pari fino al 71% della loro capacità nel caso non riuscissero a vendere tutto il gas previsto”. Praticamente sono super garantiti, ma con i nostri soldi. Dunque tocca pure sperare che funzionino. E in questo senso la caduta della domanda di gas non è un bel viatico.

L’Italia – come è noto – va a gas, quindi sarebbe ipocrita dire che non ne serve in generale, non serve in questo contesto. Ma d’altronde il progetto Olt è stradatato e la realizzazione dell’impianto doveva avvenire anni fa. Siamo insomma fuori tempo massimo, o almeno all’over time abbondante.

Negli Usa, tanto per intenderci, proprio a Boston dove la stessa Olt ricorda esserci tre impianti simili al FSRU, almeno uno non è in funzione da un anno e di un altro non se ne trovano le tracce (almeno noi). Come scrive il Boston Globe questo è avvenuto “when a bet on energy prices goes spectacularly wrong”, quando una scommessa sui prezzi dell’energia è stata completamente sbagliata. In Usa il problema si chiama produzione interna di gas, da shale in particolare, che sta praticamente riducendo a zero la necessità di importalo e anzi, gli ambientalisti a stelle e strisce sono preoccupati che questi terminali servano per importarlo, vedi il caso della protesta conto il progetto di un rigassificatore a Long Island, New York.

Ma a noi quello che interessa è il punto delle scommesse sbagliate. E il fatto che in Italia - se la scommessa risulterà sbagliata - a pagare sia lo Stato è piuttosto inquietante. La politica nostrana e nazionale sarà responsabile dell’eventuale disastro o avrà fatto il suo dovere se tutto andrà per il meglio. Questa sarà la nostra battaglia e questo, Olt-retutto, è il punto di vista di greenreport.it.

Alessandro Farulli

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.