La prossima guerra israeliana in Libano sarà per il petrolio e il gas? Coinvolta anche l’Eni
Hezbollah difenderà il consorzio Italo-franco-russo? La Turchia blocca piattaforma italiana diretta a Cipro
[12 Febbraio 2018]
Dopo l’abbattimento sabato di un caccia F-16 israeliano da parte dell’esercito siriano, secondo il Jerusalem Post ieri sera Israele ha bombardato l’aeroporto di Khalkhar nel sud della Siria. Nel mirino di Israele sembrano esserci soprattutto gli iraniani – che avrebbero mandato un drone nello spazio aereo israeliano, che sarebbe stato abbattuto – e i loro alleati Hezbollah il partito armato sciita libanese alleato di Teheran.
In molti però pensano che l’escalation bellica sia dovuta a qualcos’altro che ha a che fare anche con la firma da parte dell’Eni (proprio mentre gli F-16 israeliani bombardavano la Siria) di due contratti col governo del Libano per l’esplorazione e la produzione di gas offshore nei blocchi 4 e 9, nell’area di mare al largo del Libano rivendicata anche da Israele, Cipro Nord (leggi Turchia) e Cipro. In particolare Israele dice che il blocco 9 è sotto la sua diretta sovranità.
Intanto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, appena tornato dalla sua visita in Italia e in Vaticano, durante la quale aveva avvertito Gentiloni che «I lavori di esplorazione del gas naturale nella regione rappresentano una minaccia per la Turchia e per Cipro Nord» ha inviato le sue cannoniere a bloccare la piattaforma Saipem 12000 dell’Eni in viaggio verso Cipro per avviare le operazioni di trivellazione. La multinazionale petrolifera italiana conferma: «Eni ha dovuto interrompere il viaggio, in quanto bloccata dalle navi militari turche, intimata a non proseguire perché sarebbero in corso attività militari nell’area di destinazione». Evidentemente, come suo uso e come sta facendo con i kurdi siriani ad Afrin, Erdogan alla mediazione politica preferisce la forza.
Insomma, il tatto di mare tra il Libano e Cipro, la frontiera marina tra il Medio Oriente in fiamme e l’Unione europea che ha contribuito a infiammarlo, rischia di essere l’area da dove emergerà la prossima guerra del Libano, che forse è addirittura già in atto. A minacciarlo apertamente è stato il ministro della difesa israeliano Avigdor Leiberman – leader del partito di estrema destra Israel Beytenu- che ha minacciato Beirut di intervenire militarmente se non lascerà via libera alle trivelle israeliane nel triangolo di maredi 840 km2 al confine tra i due Paesi. Ma il Libano ha già dato le concessioni – che saranno protette dall’esercito libanese – a un consorzio formato da Eni e Total (40% ciascuna) e dalla russa Novatek (20%) e il nostro ambasciatore a Beirut aveva già stappato lo spumante per fare su Twitter gli «Auguri al Libano». Lo sfruttamento dei pozzi offshore da parte del consorzio italo-franco-russo dovrebbe cominciare nel 2019, ma i missili lanciati sulla Siria violando lo spazio aereo libanese rappresentano un pesante avvertimento israeliano.
Il presidente libanese Michel Aoun – un cristiano maronita sostenuto dagli hezbollah – l’8 febbraio aveva detto che il Libano condurrà un’offensiva diplomatica e che è disposto a far qualsiasi cosa per proseguire l’estrazione di idrocarburi al largo delle sue coste, Aoun aveva definito provocatorie le dichiarazioni di Leiberman, poi sono arrivate le minacce dirette e i raid aerei.
Anche per Lieberman è »provocatorio» che il Libano – che Israele ha invaso più volte, creando anche per qualche anno uno Stato fantoccio cristiano-maronita proprio sulla costa di fronte al triangolo di mare conteso – che le autorità libanesi abbiano fatto una gara per lo sfruttamento di gas e petrolio offshore su una frontiera marittima contesa (a dire il vero considerata tale solo da Israele).
Hezbollah ha immediatamente condannato le dichiarazioni israeliane ed ha dichiarato che «reagirà fermamente a ogni attacco contro i nostri diritti petroliferi e gasieri. Hezbollah si impegna a proteggere le risorse del Libano». Insomma, Israele. amico e alleato dell’Italia e degli Usa, minaccia di affondare le piattaforme offshore dell’Eni e la Turchia – Paese Nato come l’Italia – le blocca, mentre Hezbollah, considerato organizzazione terroristica anche da noi, giura che le difenderà…
La Lebanese Petroleum Administration, ha confermato l’accordo con Eni, Total e Novatek e Israele ha fatto decollare i suoi aerei per attaccare gli hezbollah e l’esercito siriano alleati di Mosca: un gioco molto pericoloso, ma le guerre del petrolio di questi ultimi anni ci dimostrano che per governi e militari l’odore degli idrocarburi è come una specie di droga che fa perdere la ragione e acceca sulle possibili conseguenze, Una situazione in cui il governo di destra di Israele sembra sguazzare a proprio agio, buttandosi a capofitto nel pantano siriano dove tutti sparano contro tutti, come prima e peggio di prima.
Israele ha cominciato a innervosirsi quando il 14 dicembre 2017 il Consiglio dei ministri libanese ha approvato le licenze per l’esplorazione dei blocchi 4 e 9 da parte del consorzio Total – Eni International BV – Novatek, poi, a inizio 2018, ha avviato il primo giro di concessione delle licenze per lo sfruttamento petrolifero e gasiero della sua piattaforma continentale, che è in parte rivendicata da Israele e dallo Stato fantoccio turco di Cipro Nord.
Il 2 febbraio Lieberman, ha detto che Beirut dovrà «rendere conto» di questa sua decisione in una guerra futura, accusando il piccolo Stato arabo multi religioso di essere egemonizzato da Hezbollah e per aver «sacrificato gli interessi nazionali, permettendo di essere completamente soggiogato dall’Iran». Bei tempi quando Israele poteva tutelare gli interessi nazionali libanesi arrivando – insieme ai fascisti delle Falangi libanesi e ai mercenari dell’Esercito del Libano del Sud – coi carri armati fino a Beirut per sterminare palestinesi e sciiti come a Sabra e Shatila.
Mentre bombarda la Siria Lieberman pensa al Libano: «L’esercito libanese e Hezbollah sono la stessa cosa. Pagheranno il prezzo intero in caso di escalation (…) Se scoppierà un conflitto nel nord uno spiegamento militare rimane un’opzione».
Il ministro della difesa israeliano ha ricordato la seconda guerra contro il Libano, quella dei 33 giorni del 2006, quando Israele, per liberare due soldati fatti prigionieri da Hezbollah, lanciò attacchi da aria, terra e mare contro territorio libanese, e ha minacciato che se, come allora, «gli israeliani a Tel Aviv dovessero andare nei rifugi antiaerei, tutta Beirut sarà in rifugi antiaerei». Ma Times of Israel ha fatto notare che nella guerra del 2006 «Tel Aviv non è mai stata attaccata» e l’Iran ha avvertito che l’abbattimento dell’aereo israeliano dimostra che l’epoca dei raid aerei impuniti è finita e ha annunciato che la contraerea siriana ha abbattuto anche diversi missili israeliani e probabilmente colpito altri aerei.
Lieberman non bada a questi dettagli e ha definito Siria e Libano un «fronte comune» anti-israeliano, annunciando che Israele attaccherà entrambi i Paesi in caso di una nuova guerra nell’area. Intanto ha cominciato a dar fuoco alle polveri in Siria, pensando alle piattaforme offshore in Libano.