Un'analisi per mappe elettorali, dal 1996 al 2018
Come cambia l’ecologia politica italiana
I partiti politici come sistemi adattivi. La loro base territoriale, l'invasione e la conquista di nuovi territori nei risultati delle elezioni del 2018
[13 Marzo 2018]
«La specie che sopravvive non è quella più forte, ma quella che si adatta meglio […] possiamo adattarci a qualsiasi cosa quindi vinceremo sempre noi sul clima, sull’ambiente, sulla terra». Così Beppe Grillo, con una impostazione ecologico-darwinista, contaminata da un’idea di innaturale eternità, descrive la strategia del Movimento 5 Stelle.
I partiti politici come sistemi adattivi è una metafora interessante. Possono durare se l’ambiente e il territorio nel quale sono radicati non muta, o se riescono ad adattarsi e a co-evolvere, ma scompaiono se il territorio diviene ostile e viene invaso e conquistato dagli avversari.
Le mappe elettorali coi risultati della Camera dal 1996 al 2018 (riprese da YouTrend e dal Cise) mettono in evidenza, attraverso il dispiegarsi sul territorio della presenza dei partiti politici, le dinamiche evolutive a partire da un loro territorio-base dal quale cercano di espandersi in competizione con gli altri.
Molto chiara è la tradizionale base territoriale ereditata del Centro-Sinistra (CS) dal vecchio Pci, nell’Italia centrale. Da lì, quando le condizioni “ambientali” divengono favorevoli si espande prevalentemente verso il sud, con la testa di ponte lucana.
Il Centro-Destra (CD) è più complesso. Nasce almeno con due teste: Lega e Forza Italia e per questo ha una duplice base. Un polo sta al nord e l’altro al sud, specie in Campania e Sicilia. Così può sviluppare una manovra di accerchiamento del CS.
In questa competizione a due si inserisce il Movimento 5 Stelle (M5S) che inizialmente non ha una sua base e deve sottrarre territori ai due precedenti poli. Nel 2013 emerge qua e là, mentre nel 2018 occupa il sud, col quale stabilisce un rapporto privilegiato di co-evoluzione.
La co-evoluzione in politica è il risultato della sintonia tra domanda e offerta politica. Le due cose non sono facilmente distinguibili. L’una influenza l’altra, poiché l’offerta tende, coi dovuti accorgimenti mediatici, a canalizzare la domanda.
Le ultime elezioni sono il risultato estremo di una decennale crisi economica su scala internazionale. In queste condizioni la politica può poco, molto dipende dal mercato, ma il sentimento popolare va alla ricerca del colpevole che viene individuato nelle istituzioni presenti, dato che con gli assenti è difficile prendersela. Da qui la vasta protesta al grido di «vaffa» e «tutti a casa», articolata nei maggiori temi politici: immigrazione, povertà e tasse. L’immigrazione è il tema della Lega, la povertà del M5S e le tasse di Lega e Forza Italia.
Il Centro-Sinistra, che avendo guidato l’esecutivo viene facilmente individuato come l’origine di tutti i mali, non ha invece un suo tema che lo contraddistingue chiaramente e questo spiega in parte la sua sconfitta. La sua ricetta di società moderna, connessa con l’Europa, non ha trovato risposta se non nella sua base territoriale che non sta al vertice della ricchezza nazionale, ma dove si vive relativamente bene, come dimostra la speranza di vita dell’Italia centrale. Un benessere che il CS ripropone come modello dell’offerta riformista alla quale non corrisponde una domanda significativa. Come risultato, il suo territorio dal quale si levano altre domande politiche viene parzialmente invaso.
A parte la gestione del “vaffa”, il M5S si caratterizza invece per la sua offerta sulla povertà cioè il cosiddetto reddito di cittadinanza, una misura di assistenza che tende a dare una risposta immediata a chi manca di lavoro e quindi di reddito. La corrispondenza del tasso di disoccupazione con la prevalenza del voto al M5S è impressionante. Il sud è quindi divenuto il suo territorio-base, dove anche un meccanismo di contagio ha provocato l’ondata di consensi diffusa in tutti gli strati della società.
Più complessa la dinamica del CD, dove più forze collaborano mescolandosi sul territorio. L’immigrazione è il cavallo di battaglia della Lega. Dato che la presenza di immigrati aumenta col reddito, il binomio meno immigrati-meno tasse (flat tax al 15%) è vincente. A partire dal nord la Lega distende il suo consenso in funzione del reddito. E siccome la paura dell’immigrato può essere soggettiva, la sua espansione avviene anche con poca immigrazione e poco reddito, quindi anche al sud, dove invece Forza Italia mantiene parte delle sue posizioni, residuo della vecchia strategia ambivalente.
Il risultato del 4 marzo è oramai noto: 37% al CD, 33% al M5S e 23% al CS. Da qui si parte per la prossima legislatura. Mentre le forze politiche tendono a ritenere perenni le conquiste elettorali, il punto di vista evolutivo sposta l’attenzione sulla dinamica del consenso. Che proseguirà anche dopo il voto, dato che le misure promesse dalle offerte politiche vincenti (reddito di cittadinanza e flat tax) si dovranno concretizzare in qualche modo, deludendo forse le aspettative, e irritando quelli che per via delle coperture le dovranno pagare.