La guerra come motore della fame: in 8 Paesi 56 milioni di persone a rischio
Fao: «Dietro a queste statistiche apparentemente aride ci sono persone reali che sperimentano tassi di fame semplicemente inaccettabili nel XXI secolo»
[30 Gennaio 2019]
Il quinto rapporto sulla Sicurezza alimentare nei paesi con situazioni di conflitto prodotto dalla Fao e dal Pam per il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non porta buone notizie: «La situazione in Afghanistan, Repubblica Centrafricana, Repubblica democratica del Congo, Sud Sudan e Yemen è peggiorata nella seconda metà del 2018, in gran parte a causa dei conflitti, mentre la Somalia, la Siria e il bacino del Lago Ciad hanno visto alcuni miglioramenti in linea con il miglioramento della sicurezza». Questo fa sì che, in totale, siano «circa 56 milioni» – circa quanto l’intera popolazione italiana, dunque – le persone che in queste otto zone di conflitto hanno bisogno «con urgenza di assistenza alimentare e di mezzi di sostentamento».
Più in generale, la situazione negli otto luoghi del mondo con «il maggior numero di persone bisognose di aiuti alimentari d’emergenza dimostra che il legame tra conflitti e fame rimane persistente e mortale». Una conferma, più che una novità; i dati Onu mostrano chiaramente che, dopo un decennio di progressi, a partire dal 2015 la fame nel mondo è tornata ad aumentare, principalmente a causa di confitti armati e cambiamenti climatici.
«Questo rapporto dimostra chiaramente l’impatto della violenza armata sulle vite e sui mezzi di sussistenza di milioni di uomini, donne, ragazzi e ragazze che vivono in zone flagellate da conflitti – osserva il direttore generale della Fao, José Graziano da Silva – Vi incoraggio vivamente a tenere presente che dietro a queste statistiche apparentemente aride ci sono persone reali che sperimentano tassi di fame semplicemente inaccettabili nel XXI secolo».
Eppure il crescente numero di conflitti protratti nel tempo sta creando «livelli di fame senza precedenti e inaccettabili», documenta il rapporto. In particolare nella guerra ormai triennale nello Yemen le parti in conflitto «che non hanno rispettato lo status protetto di strutture umanitarie e del personale» è l’elemento che ha reso gli interventi per prevenire la carestia difficili e pericolosi; nel Sud Sudan il conflitto civile persiste da più di cinque anni, e la prossima stagione magra si stima porterà «il numero di coloro che hanno bisogno di sostegno urgente a oltre 5 milioni tra gennaio e marzo 2019»; anche lungo tutto il bacino del lago Ciad, dove i militanti di Boko Haram sono attivi, un «grave deterioramento della sicurezza alimentare» è previsto durante la stagione magra, con oltre 3 milioni di persone che dovranno affrontare un’insicurezza alimentare acuta; anche in Afghanistan, se entro marzo se non verrà fornita assistenza urgente, 10,6 milioni di persone soffriranno la fame, mentre nella Repubblica Centrafricana «il conflitto armato è rimasto il principale motore della fame nel 2018, con 1,9 milioni di persone che hanno avuto gravi deficit alimentari».
«Questo rapporto mostra ancora una volta il tragico legame tra conflitti e fame e di come ancora pervada troppo il mondo – spiega il direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale, David Beasley – Abbiamo bisogno di avere un accesso migliore e più rapido a tutte le zone di conflitto, in modo da poter raggiungere un maggior numero di civili che hanno bisogno del nostro aiuto. Ma ciò di cui il mondo ha bisogno più di tutto è la fine delle guerre».