Una storia di acque salvate in Toscana: il Contratto di Lago di Massaciuccoli
Come affrontare eutrofizzazione, impatto delle attività agricole e industriali e specie aliene
[21 Marzo 2019]
Il dossier “Buone & Cattive Acque”, presentato oggi da Legambiente alla vigilia della giornata mondiale dell’acqua, presenta anche le buone pratiche e delle “acque salvate” che mettono al centro la tutela di questa preziosa risorsa, tra queste c’è anche il Contratto di Lago di Massaciuccoli. Ecco cosa si legge nel rapporto del Cigno Verde:
La zona umida di Massaciuccoli si estende per circa 2.500 ha nell’area costiera compresa tra la foce del fiume Serchio a sud e quella del Canale Burlamacca a nord (Toscana nord occidentale). Comprende un lago stagno (700 ha) e una vasta area di vegetazione palustre (1.350 ha), intersecata da canali e specchi d’acqua le cui acque hanno profondità variabili, da poche decine di cm (nei cosiddetti “chiari”) a oltre 22 m (nelle ex cave di sabbia). Le aree pianeggianti che circondano la zona umida sono state prosciugate con la bonifica idraulica iniziata circa 90 anni fa. L’area del Massaciuccoli, zona umida Ramsar dal 2017, ricade nelle province di Lucca (comuni di Massarosa e Viareggio) e Pisa (comune di Vecchiano). Le principali cause degli effetti che nel corso dei decenni ne hanno modificato l’equilibrio ecologico e la qualità delle acque sono da ricercare nei consistenti apporti di sedimenti e nutrienti provenienti dall’agricoltura delle aree bonificate, nell’estrazione della sabbia, protrattasi fino agli anni ‘90, negli scarichi diffusi di natura urbana e industriale e nel problematico disequilibrio tra ingressione delle acque salate e apporti di acque dolci.
A partire dall’autunno 2017, il Circolo versiliese ha partecipato al Percorso attivato dal Comune di Massarosa nell’ambito del progetto RETRalaGs (Rete TRAnsfrontaliera delle LAGune, dei laghi e degli Stagni, finanziato nell’ambito del P.O. Italia Francia Marittimo 2014-2020. Per ulteriori informazioni www.retralags.eu), per la costruzione di un “Contratto di Lago per il Massaciuccoli”, che ha coinvolto vari soggetti. I rappresentanti del Circolo versiliese hanno assiduamente partecipato ai dibattiti e contribuito alla realizzazione dell’Abaco delle azioni con proposte progettuali riguardanti:
1) Presidio fisso per il controllo dell’ingressione marina, volto a garantire una gestione efficiente delle cateratte a bilico (porte vinciane) e della barriera mobile gonfiabile sommersa, ripristinando la casa di guardianaggio e fermare i flussi in entrata di acqua marina e regolare quelli in uscita di acqua dolce.
2) Controllo e eradicazione delle specie aliene: oltre al gambero della Louisiana (Procambarus clarkii), vi sono altre specie aliene appartenenti alla fauna ittica come, ad es., il persico trota (Micropterus salmoides) o il siluro (Silurus glanis). Il progetto è volto al tentativo di eradicazione delle specie più invasive (es. siluro) per proseguire con un controllo sistematico delle altre specie.
3) Recupero aree soggette a subsidenza/abbattimento nutrienti e trasporto sedimenti: ampie zone della bonifica, per il fenomeno della subsidenza, hanno raggiunto quote anche superiori ai 3 m sotto il livello del mare. Tale inaspettato abbassamento, causato dall’azione delle idrovore, ha raggiunto livelli ormai insostenibili, economicamente e ambientalmente, evidenziando chiaramente la perdita di funzionalità della bonifica. Realizzare una vasta zona umida filtro sulle aree in subsidenza, riconvertire le pratiche agricole su tipologie compatibili, dotare i canali di buffer strips, sarebbero soluzioni per contrastare la subsidenza, il trasporto solido e dare un forte contributo al miglioramento della qualità delle acque lacustri, palustri e anche marino costiero.
4) Reintroduzione della lontra (Lutra lutra): nel bacino del Massaciuccoli le ultime segnalazioni della specie risalgono alla fine degli anni ’70 (Cenni, 1984). Sebbene la sua reintroduzione non sia considerata un’azione prioritaria per gli aspetti conservativi della specie, la sua presenza consentirebbe una ulteriore valorizzazione della zona umida del Massaciuccoli.
5) Ripristino della funzionalità delle cave residuo dell’attività di escavazione delle sabbie/controllo del fenomeno interrimento lacustre e della salinità diffusa: l’attività di escavazione della sabbia silicea protrattasi per decenni, ha avuto come primo effetto quello di distruggere ampie superfici di vegetazione palustre, lasciando nelle aree interessate specchi d’acqua a profondità variabili da 10 fino a 25 m, pari a circa 260 ha. Questi costituiscono trappole per l’acqua salata, favoriscono l’innesco di processi anaerobici che ostacolano lo sviluppo di vita vegetale e animale, sono incompatibili con l’avifauna acquatica, denotano una sostanziale perdita di funzionalità della zona palustre. L’idea progettuale è quella di traslocare sedimenti da aree della zona umida interrate sul fondo degli invasi fino a profondità di 2-3 m.
Le azioni proposte dal Circolo versiliese sono state integrate con quelle di altri portatori di interessi, tra cui altri circoli locali di associazioni, come Lipu, Amici della Terra, Wwf, ecc., che avevano proposte analoghe o affini o comunque non contrastanti, per la realizzazione dell’abaco delle azioni. Sebbene non si possa parlare di vere e proprie vertenze, durante il percorso partecipativo non sempre la posizione del circolo è stata concorde con altre azioni proposte. Caso emblematico quello del tubo.one.5, con cui si intende risolvere il problema della siccità prelevando 1,5 m3/sec dal vicino fiume Serchio, contravvenendo al sano principio di non traslocare acque da un bacino all’altro, senza alcun reintegro e senza, peraltro, avere la certezza di veri benefici. La posizione del circolo tende a privilegiare strategie che mirino a risparmio idrico e al recupero, come ad esempio quella di incrementare l’affinamento degli impianti che trattano acque reflue sottratte al bacino del lago per potergliele restituire prive di inquinanti e di nutrienti. La derivazione si basa sul presupposto che nel fiume Serchio ci sia sempre acqua disponibile per mitigare gli effetti della siccità (durante l’inverno il problema è inverso, tanto che sono state realizzate idrovore supplementari per pompare acqua in mare). In un possibile scenario in cui la siccità colpisca anche tale corpo idrico e che nemmeno le riserve rappresentate dalle dighe disseminate sul suo bacino possano provvedere a tale carenza, che ce ne faremmo di una infrastruttura che costerà quasi dieci milioni di euro?
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