L’analisi del report Eea elaborato dai ricercatori Seeds
Più anziani, più automazione e meno tasse: come si terrà insieme l’Europa verde di domani?
Molteplici transizioni si stanno già incrociando: demografica, tecnologica, fiscale e finanziaria. Come affrontarle tutte insieme? Mettendo al centro il lavoro e (dunque) politiche formative adeguate
[18 Novembre 2020]
Con l’approvazione del Green deal da parte dell’Europarlamento, l’Unione europea si impegna in un cambio di passo verso una transizione verde: con i suoi oltre 1.000 miliardi di euro di budget per il periodo 2021-2027 (oltre a circa un terzo dei fondi del Recovery fund ‘Next generation Eu’, pari a 250 miliardi, per il periodo 2021-2024), il Green deal fissa obiettivi ambientali molto ambiziosi, da raggiungere attraverso una strategia di crescita economica inclusiva basata sull’innovazione.
L’ambizione del Green deal europeo però va oltre il (rilevante) valore economico delle risorse dedicate, ponendo il perseguimento degli obiettivi ambientali al centro dell’agenda di politica economica, industriale, sociale e fiscale. Oltre ad ambiziosi traguardi ambientali, nella comunicazione sul Green deal si enfatizzano anche gli impatti occupazionali: “La transizione è un’opportunità per espandere un’attività economica sostenibile e che genera occupazione”.
Il lavoro è quindi al centro del programma, a maggior ragione in questo periodo caratterizzato da una profonda crisi economica e occupazionale causata dalla pandemia di Covid-19.
Ma in quale contesto socio-economico si innesta il Green deal? Guardando all’economia e alla società europea in un’ottica di lungo periodo, la transizione verde si affianca e deve confrontarsi con almeno quattro altre transizioni tra loro fortemente collegate: transizione demografica, transizione tecnologica, transizione fiscale e transizione finanziaria.
Un recente rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente intitolato “The sustainability transition in Europe in an age of demographic and technological change” affronta proprio il tema dell’analisi delle potenziali sinergie e, soprattutto, degli ostacoli che intercorrono tra la transizione verde e le altre transizioni in corsi. In tre delle quattro transizioni troviamo la parola ‘lavoro’.
Demografia e lavoro
La transizione demografica comporterà un progressivo invecchiamento della popolazione europea nei prossimi decenni, con conseguente aumento del tasso di dipendenza: il rapporto tra popolazione anziana (65 anni o più) e popolazione in età lavorativa (15-64) passerà infatti da un valore di circa 30% nel 2020 a quasi il 50% nel 2050. Se, da un lato, si osserva che i consumi (privati) della fascia più anziana della popolazione hanno una minore impronta ecologica in termini di emissioni di gas serra, una popolazione più anziana determinerà un sostanziale incremento della spesa (pubblica) sanitaria e sociale, oltre a forti pressioni sui sistemi pensionistici. Infine, la progressiva diminuzione delle persone in età lavorativa potrà determinare una carenza di lavoratori, con particolare riferimento a professioni che richiedono competenze specifiche o che implicano condizioni di lavoro particolarmente difficili.
Tecnologia e lavoro
Se, da un lato, il Green deal europeo enfatizza il ruolo cruciale dello sviluppo tecnologico per il raggiungimento degli obiettivi ambientali, dall’altro si teme che i recenti sviluppi tecnologici nel campo dell’intelligenza artificiale e dell’automazione possano avere effetti (negativi) dirompenti sul mercato del lavoro. In particolare, ci si attende una progressiva sostituzione di lavoratori con processi automatizzati in molte attività, sia di tipo più routinario che di tipo complesso. Tale trasformazione implica una rivoluzione per tutte le professioni e occupazioni. In questo contesto, le competenze più generali (o meta-competenze) che aiutano all’adattamento dei lavoratori alle nuove tecnologie e la formazione professionale svolgono un ruolo essenziale per limitare, almeno in parte, gli impatti negativi della rivoluzione tecnologica sulla domanda di lavoro e sulla remunerazione dei lavoratori.
Fiscalità e lavoro
Ad oggi, le entrate fiscali dei paesi europei dipendono in larga parte dalla tassazione dei redditi da lavoro. La transizione demografica, attraverso la riduzione delle persone in età lavorativa, contribuirà quindi a ridurre la base imponibile e, al tempo stesso, determinerà un aumento della spesa sanitaria e sociale in favore di una popolazione sempre più anziana. Entrambe le forze ‘demografiche’ spingono quindi verso una notevole pressione sulle finanze pubbliche, contribuendo a un aumento delle spese e a una riduzione delle entrate. A queste si aggiunge poi il crescente peso dei redditi da capitale (anche grazie all’automazione e alla transizione tecnologica) per i quali le aliquote fiscali sono generalmente inferiori rispetto ai redditi da lavoro. La rilevanza ambientale di questi stress ai bilanci pubblici consiste nella crescente difficoltà di dedicare risorse finanziare pubbliche agli investimenti ‘ambientali’ necessari a guidare la transizione sostenibile. Il Green deal europeo può essere visto come un’eccezione, sempre più difficile da replicare però in futuro viste le tendenze demografiche e tecnologiche e il loro impatto sui bilanci pubblici.
Green deal europeo, Recovery fund e occupazione: quali prospettive?
In questo contesto a tinte fosche, a cui bisogna aggiungere la profonda recessione e il crollo occupazionale conseguenti alla pandemia Covid-19, gli investimenti ‘sostenibili’ previsti dal Green deal europeo e dal Recovery fund rappresentano un’opportunità imperdibile per garantire una transizione dei mercati del lavoro europei verso settori e attività sostenibili. Al fine di cogliere questa opportunità, si rende necessaria un’analisi dettagliata delle competenze necessarie per gli occupati in settori e attività ‘sostenibili’. Studi recenti hanno evidenziato le peculiarità delle competenze richieste dalle professioni ‘verdi’ (i cosiddetti green job), tra cui si possono annoverare competenze ingegneristiche e tecniche, competenze scientifiche, competenze organizzative (gestione dei processi produttivi) e competenze di monitoraggio (tecnico e legale). Al fine di garantire un ritorno occupazionale dagli investimenti ambientali è quindi fondamentale la fornitura di istruzione e formazione professionale adeguata alle esigenze.