L’isola dove vivono i millepiedi giganti che predano gli uccelli marini

I millepiedi giganti di Phillip Island sono predatori al vertice che si nutrono di nidiacei, gechi e scinchi

[25 Agosto 2021]

Lo studio “Arthropod Predation of Vertebrates Structures Trophic Dynamics in Island Ecosystems” pubblicato recentemente su  American Naturalist  da un team di ricercatori australiani e statunitensi e canadesi guidato dal biologo Luke Halpin della Monash University e di Halpin Wildlife Research – Vancouver, descrive la predazione di uccelli marini da parte di millepiedi giganti, lunghi fino a 23 centimetri che avrebbero così un ruolo chiave – e di predatori al vertice –  nelle dinamiche ecologiche di Phillip Island, al largo dell’isola di Norfolk.

Halpin sottolinea che «La ricerca ha rivelato un nuovo risultato: ci sono prove che i grandi millepiedi in tutto il mondo consumano animali vertebrati, ma questa è la prima volta che i millepiedi sono stati individuati  come uno dei principali predatori naturali degli uccelli marini. Il nostro lavoro dimostra che gli artropodi possono svolgere un ruolo di primo piano nell’influenzare il successo riprodutttivo dei vertebrati e nel modificare le strutture trofiche e il flusso di nutrienti negli ecosistemi insulari».

Altre ai pulcini degli uccelli marini, i millepiedi di Phillip Island predano anche altri come gechi e scinchi. E i ricercatori fanno notare che, «Dato che predano animali grandi come gli uccelli marini e non ci sono altri predatori sull’isola che predano abitualmente i millepiedi, sono stati riconosciuti come predatori al top in questo ecosistema».

Essendo i predatori al vertice di Phillip Island, le abitudini alimentari dei millepiedi, cacciando i pulcini di uccelli marini, introducono direttamente nell’isola sostanze nutritive che altrimenti non sarebbero disponibili nel pool di nutrienti.

Nell’arcipelago australiano delle Isole Norfolk, nel Pacifico meridionale, il team di ricerca ha monitorato la dieta e l’attività di foraggiamento di un chilopode endemico, il millepiedi di Phillip Island (Cormocephalus coynei)  e per stimare le proporzioni delle specie di prede presenti nella dieta dei millepiedi ha utilizzato un modello di miscelazione isotopica stabile. Ne è venuto fuori che «La dieta dei millepiedi di Phillip Island è rappresentata da animali vertebrati (48%) e invertebrati (52%), con il 30,5% costituito da lucertole tra cui lo scinco dell’isola di Lord Howe (Oligosoma lichenigera) e il geco dell’isola di Günther ( Christinus guentheri ), il 7,9%  di nidiacei di petrello dalle ali nere (Pterodroma nigripennis) e il 9,6% di pesci marini che vengono lasciati cadere sul suolo della foresta dagli uccelli marini che nidificano sugli alberi.

Luke evidenzia che «Quello che stanno mangiando è previsto dal modello che abbiamo realizzato. Ma questo rappresenta una proporzione insolitamente alta di vertebrati nella dieta di un invertebrato».

Lo studio dimostra che «Gli artropodi possono aumentare il flusso di nutrienti marini in un ecosistema insulare predando la prole di vertebrati che si nutrono esclusivamente in ambienti pelagici».

Luke aggiunge: «Dimostriamo come gli artropodi predatori possono esercitare una pressione dall’alto verso il basso sulle popolazioni di vertebrati attraverso riduzioni della produzione riproduttiva mediate dalla predazione. Questo potrebbe avere importanti conseguenze per la comprensione delle strutture trofiche sulle isole e su come vengono modellate le comunità di vertebrati. Forse, specialmente sulle isole, dove il gigantismo degli artropodi è comune e i processi evolutivi hanno permesso agli invertebrati di occupare nuove nicchie».

Uno degli autori dello studio, Rohan Clarke, docente di ecologia alla Monash University School of Biological Sciences, conclude: «Un millepiedi gigante ha un ruolo chiave da svolgere nel plasmare un sistema naturale che enfatizza davvero la complessità della natura. Tutto questo evidenzia quanto sia importante conservare le aree naturali rimanenti in modo che interazioni complesse come questa, che alla fine supportano la vita sulla terra, non vengano ulteriormente interrotte».