Ecuador: la Chevron paga solo a metà per l’inquinamento dell’Amazzonia
Il governo chiama un’esperta Usa per capire come le Big Oil hanno inquinato la foresta pluviale
[13 Novembre 2013]
Nel febbraio del 2011, la Corte Superior de Justicia de Nueva Loja, nella provincia de Sucumbíos in Ecuador, ha emesso una sentenza (María Aguinda et. Al. Vs. ChevronTexaco Corporation) che ordinava alla Chevron di pagare 18,3 miliardi dollari per i danni all’ambiente e alla salute delle comunità locali. Ieri la Corte Nacional de Justicia (Cnj) dell’Ecuador ha ratificato la condanna per danno ambientale, riducendo però alla metà l’ammontare degli indennizzi che dovrà pagare la Chevron e che in totale superavano i 19 miliardi di dollari.
Il mezzo passo indietro della Cnj è stato confermato al giornale El Unverso da Pablo Fajardo, un avvocato dei ricorrenti: «La Chevron fu condannata nel 2011 dalla Corte della provincia amazzonica di Sucumbíos a pagare 9,5 miliardi di dollari, ammontare che duplicava se l’industria petrolifera non chiedeva perdono per i danni ambientali dei quali era imputati».
La Chevron ricusò la sentenza davanti alla Cn, non si è mai scusata pubblicamente come esigeva la Corte di Sucumbíos e il risarcimento è lievitato a 19 miliardi di dollari. Ma la Cnj ha eliminato la clausula sul “pedido de perdón”, i danni punitivi e così ha ridotto la cifra che doveva pagare la multinazionale inquinatrice alla metà. In una nota emessa dalla Cnj dopo la sentenza si legge: «In quanto i danni punitivi, non sono regolamentati nell’ordinamento giuridico nazionale, non si procede per colpe pubbliche e di conseguenza alla condanna del pagamento per questo concetto».
Così l’indennizzo Chevron/Texaco viene più che dimezzato alla cifra reale di 8,646 miliardi di dollari, con un 10% in più che va come risarcimento al Frente de Defensa de la Amazonía, la coalizione di coloni ed indigeni amazzonici che ha denunciato la Chevron. Fajardo dice comunque che «L’eliminazione della clausola dei “danni punitivi” è criticabile perché presuppone che si prende atto senza sanzioni della condotta irresponsabile che ha mantenuto la Chevron durante i 20 anni che è durato il litigio giudiziario. Siamo felici per la sentenza che abbiamo avuto, è un gran passo avanti, è la dimostrazione che la giustizia funziona e che anche i poveri hanno diritto alla giustizia».
Ora la Chevron e le altre Big Oil temono che la sentenza ecuadoregna dia maggiore slancio alle denunce simili che devono affrontare in Paesi come Argentina, Brasile e Canada.
Fajardo intanto ha annunciato che nelle prossime settimane e mesi il Frente de Defensa de la Amazonía ed altre organizzazioni intenteranno processi contro multinazionali di altri Paesi che le prossime azioni saranno «Più forti di prima».
La Chevron non ha commentato la sentenza della Cnj, Fajardo le ha ricordato che quella della Cnj è l’ultima istanza, ma la Chevron non è ancora soddisfatta e non vuole pagare indennizzi perché considera i processi in Ecuador una frode ed un complotto del governo di sinistra per pregiudicare le attività delle multinazionali straniere. Sostenendo che la sentenza della Corte Superior de Justicia de Nueva Loja è illegittima, ha intentato, in base al Racketeering Influenced and Corrupt Organizations Act Usa, una causa in un tribunale federale di New York contro gli ecuadoriani e i loro avvocati, accusandoli di corruzione e di frode. Il processo è iniziato il 15 ottobre a New York e il giudice che se ne occupa, Lewis Kaplan, è stato accusato di parzialità a favore di Chevron con una petizione depositata alla Corte d’Appello degli Stati Uniti.
Intanto il governo di Quito ha annunciato che Antonia Juhasz (nella foto), un’esperta statunitense di industrie petrolifere, visiterà l’Ecuador per vedere la contaminazione che Chevron e le altre multinazionali si stanno lasciando alle spalle nella foresta pluviale dell’Amazzonia ecuadoriana. La Juhasz , incontrerà anche le comunità locali che sono state colpite dalla massiccia contaminazione ambientale dell’estrazione del greggio. La Juhasz è stata invitata dalla Segreteria nazionale delle comunicazioni dell’Ecuador ad aderire alla campagna internazionale lanciata dal presidente socialista Rafael Correa a settembre per sensibilizzare la comunità internazionale sul disastro ambientale causato delle multinazionali petrolifere nel piccolo Paese sudamericano tra il 1964 e il 1990.
Antonia Juhasz è una notissima esperta di energia, scrittrice e giornalista investigativa ed autrice di tre libri (Black Tide, The Tyranny of Oil, e The Bush Agenda) che rivelano quanto gli interessi legati all’industria petrolifera e le multinazionali, la Big Oil, condizionino ed indirizzino, quando non gestiscano direttamente, la politica internazionale. Questa ricercatrice/scrittrice è una delle bestie nere della Chevron: ha condotto anni di approfondite indagini sulle operazioni di questa multinazionale energetica che appare sempre, con un’immagine non certo positiva, nei suoi tre libri e in decine di articoli .
In uno dei suoi libri, “The Bush Agenda: Invading the World, One Economy at a Time”, la Juhasz ha rivelato l’utilizzo della politica della globalizzazione delle multinazionali come arma di guerra durante l’amministrazione Bush e messo a nudo il ruolo che le Big Oil, come la Chevron, hanno svolto nel determinare l’agenda internazionale degli Usa e di altri Paesi. Negli Usa è una commentatrice ed un’ospite regolare delle trasmissioni televisive e dalla Radio Nazionale che si occupano dell’industria energetica. I suoi scritti sono apparsi su numerose testate, tra e quali The Atlantic, Harper’s Magazine, The New York Times, Washington Post, The Huffington Post, International Herald Tribune, Rolling Stone Magazine.
La Juhasz visiterà una delle aree contaminate della provincia di Sucumbios , dove l’attore Danny Glover, che l’ha preceduta la settimana scorsa ha detto che «La Chevron deve essere ritenuta responsabile dei danni». Molti di questi pozzi petroliferi sono stati sfruttati esclusivamente da Chevron/Texaco. La Juhasz sarà così in grado di confermare in prima persona quello che la Chevron, rispondendo alle accuse del governo di Quito e delle comunità indios, non vuole ammettere nei suoi comunicati stampa: durante le sue operazioni in Ecuador , il predecessore della Chevron, la Texaco, ha utilizzato metodi scadenti ed obsoleti per gestire i rifiuti tossici ed ha sistematicamente scaricato oltre 18 miliardi galloni di acque reflue e di derivati del petrolio in pozzi e vasche privi di protezione impermeabilizzata che poi sono percolati, causando la contaminazione di suolo, fiumi, torrenti e acque sotterranee nelle aree in concessione alla Chevron/Texaco.