Le pecore selvatiche affamate di St Kilda, salvarle o lasciar fare la natura?

Le pecore selvatiche di St Kilda sono una delle popolazioni animali più studiate del mondo per capire i maccanismi evolutivi, l’adattamento al clima e l’invecchiamento

[11 Maggio 2023]

Due veterinari delle Western Isles, David Buckland e Graham Charlesworth, hanno lanciato una petizione per sollecitare il governo autonomo scozzese e il National Trust for Scotland (NTS), che contribuisce a gestire il remoto arcipelago disabitato di ST Kilda, al largo della Scozia occidentale, a salvare le pecore selvatiche Soay. St Kilda è un gruppo di piccole isole e faraglioni rocciosi a più di 40 miglia (64 km) a ovest delle Western Isles.

L’isola principale di Hirta è abitata, ma solo temporaneamente, da lavoratori, scienziati e anche appaltatori dell’NTS in visita che lavorano nel piccolo sito del Ministero della Difesa.

I due veterinari dicono che il numero degli animali ha superato la disponibilità del pascolo.

Ma il NTS ha  risposto che gli animali sono imparentati con antiche pecore selvatiche e devono essere trattate come selvatici e quindi bisogna che la natura faccia il suo corso, fatto di abbondanza e scarsità. Per il governo scozzese le pecore di St Kilda sono da ritenere simili ai cervi selvatici perché non possedute e non gestite.

I due veterinari ribattono che le pecore di ST Kilda sono state gestiti in qualche modo per migliaia di anni  (sull’isola sono stati trivate tracce di insediamenti umani risalenti a più di 2000 anni fa)  almeno fino a quando gli ultimi isolani abbandonarono  St Kilda nel 1930.

Per Buckland, che ha lavorato nelle isole di Uist e Barra per più di 40 anni «Le pecore sono animali domestici lasciati a vivere allo stato selvaggio. E’ il modo in cui muoiono di cui i veterinari si preoccupano. Penso che la fame sia una morte molto brutta. Il monitoraggio scientifico delle popolazioni sulle isole Hirta, Boreray e Soay di St Kilda ha suggerito che le pecore muoiono regolarmente di fame da anni. Negli ultimi 6 anni abbiamo cercato di convincere l’NTS e il governo scozzese ad adottare misure per ridurre la fame e migliorare il benessere delle pecore, ma non siamo arrivati ​​da nessuna parte.

Una portavoce ha detto che l’NTS prende molto sul serio le sue responsabilità riguardo l benessere degli animali e di aver sempre seguito la legge: «Le pecore Soay sono una parte importante del patrimonio dell’arcipelago di St Kilda e provengono dalla popolazione dell’isola di Soay, dove sono state trattate come una popolazione selvatica per centinaia di anni, non gestite tranne che per la caccia periodica da parte degli abitanti dell’arcipelago. Le pecore continueranno a essere trattate come animali selvatici con una contrarietà all’intervento, tranne in circostanze eccezionali, come un grave focolaio di malattia che minacci le popolazioni ovine».

L’NTS ha affermato di aver avuto un lungo confronto con i veterinari in merito alla gestione e al benessere delle pecore e la portavoce ha aggiunto: «Continueremo a rispettare la legislazione del governo scozzese relativa alle popolazioni di pecore di St Kilda e siamo felici di contribuire a qualsiasi revisione che decida di intraprendere».

Il governo scozzese ha ribadito che la vicenda delle pecore significa semplicemente non sono considerate una specie comunemente addomesticata nelle isole britanniche e un  portavoce ha dichiarato: «Questo significa che le disposizioni contenute nell’Animal Health and Welfare Act 2006 non sono applicabili. Questa è stata la posizione costante del governo scozzese per molti anni. Riconosciamo che all’interno di qualsiasi popolazione selvatica di animali in Scozia ci saranno problemi diversi di anno in anno che potrebbero avere un impatto sul numero della popolazione. Per le pecore St Kilda, le condizioni climatiche più rigide dei mesi invernali possono purtroppo portare a un aumento delle morti naturali tra la popolazione».

Nel 2015 gli scienziati delle università di Edimburgo e Cambridge e dell’Imperial College di Londra hanno celebrato il 30esimo anniversario del progetto St Kilda Soay Sheep, che studia gli animali dal 1985, e dicono le pecore si sono evolute nel loro ambiente per centinaia di anni e che «Le morti durante l’inverno sono potenzialmente paragonabili a quelle di altri animali selvatici in Scozia. Non ci sono prove che le pecore Soay a St Kilda soffrano in modo maggiore o diverso rispetto ad altre popolazioni selvatiche che vivono i rigidi inverni delle Ebridi».

Il lavoro di ricerca si concentra sulla popolazione selvatica di pecore Soay su Hirta e l’università di Edimburgo ricorda che «Lo studio ha consentito scoperte rivoluzionarie su come la teoria della selezione naturale di Charles Darwin si svolge nella realtà. Ha anche fornito informazioni su come invecchiano gli animali selvatici e su come stanno rispondendo ai cambiamenti climatici.

Nel 1957 St Kilda venne lasciate in eredità al National Trust for Scotland dal quinto marchese di Bute e Alexander Bennett dell’NTS già nel 2015 confermava che le pecore «Sono diventate selvatiche da quando gli stessi isolani sono stati evacuati nel 1930 e oggi i visitatori li adorano. Ma dobbiamo spiegare loro l’importanza di questa ricerca, il progetto di ricerca sui grandi mammiferi più longevo al mondo».

E gli scienziati sono rimasti incuriositi proprio da quel che preoccupa i due veterinari: il modo in cui il numero di pecore Soay su Hirta aumenta, prima di diminuire bruscamente. Un processo che si ripete a intervalli irregolari.Josephine Pemberton della School of Biological Sciences dell’Università di Edimburgo, coinvolta nello studio dal 1985. ha detto a BBC Scotland News: «Le pecore sono relativamente semplici da studiare perché si trovano in un ecosistema molto semplice. Non hanno concorrenti per il cibo e non ci sono predatori. Si può seguire la vita degli individui e in questo modo si può tenere traccia di quali eventi individuali li portano ad avere queste dinamiche di popolazione molto insolite». La realtà è che, come confermano gli scienziati, «I numeri elevati, il maltempo invernale e i dati demografici aumentano la probabilità di un crollo dei numeri. Un forte calo della popolazione è meno probabile quando c’è un numero relativamente elevato di femmine mature, il gruppo più resiliente di pecore Soay».

Chi sbarca a St Kilda dopo un lungo viaggio spesso si chiede perché le pecore Soay sono molto più piccole delle pecore domestiche viste altrove. E la Pemberton crede di avere la risposta: «Stanno crescendo un po’ più lentamente rispetto a 30 anni fa. Anche se sappiamo che gli agnellini hanno maggiori probabilità di morire in inverno, ciò che sta accadendo è che poiché il clima è cambiato e gli inverni si sono accorciati, gli agnellini hanno maggiori probabilità di sopravvivere. La conseguenza di questo è che questi animali molto piccoli entrano a far parte della popolazione e ne stanno riducendo la taglia media».

Dan Nussey, dell’università di Edimburgo, studia il processo di invecchiamento negli animali selvatici e spiega: «Sono interessato a stabilire cosa sia responsabile della variazione che vediamo e quando e quanto velocemente si manifesta l’invecchiamento nelle pecore Soay e più in generale nelle popolazioni animali. C’è una credenza di lunga data nel mondo più tradizionale della ricerca sull’invecchiamento che gli animali selvatici non invecchino, essenzialmente perchè la natura è troppo dura e non vivono abbastanza a lungo. Quel che abbiamo visto negli ultimi 5 – 10 anni con l’emergere e la maturazione di studi a lungo termine, come quello di St Kilda, è una prova schiacciante che, in particolare negli uccelli e nei mammiferi più longevi, possiamo davvero vedere quel processo».

Nonostante le polemiche attuali, la ricerca a scientifica svolta a St Kilda è considerata importante a livello internazionale: poche altre popolazioni di grandi mammiferi in tutto il mondo sono studiate in modo così dettagliato. Ricerche simili sono incentrate sui cervi rossi dell’isola di Rum nelle Ebridi, sulle pecore bighorn in Canada e sui canguri in Australia. Ma dopo decenni di lavoro, le pecore Soay di St Kilda continuano ad affascinare gli scienziati di tutto il mondo che vanno in queste isole remote per saperne di più su questa popolazione unica e sul nostro mondo naturale.