Valutare le emozioni negli animali selvatici
Un nuovo studio esamina gli indicatori del benessere mentale negli animali selvatici per migliorare le attività di conservazione
[23 Maggio 2023]
Lo studio “Mental Experiences in Wild Animals: Scientifically Validating Measurable Welfare Indicators in Free-Roaming Horses”, pubblicato recentemente su Animals dagli australiani Andrea Harvey e David Mellor, del Centre for Compassionate Conservation dell’University of Technology Sydney, e dai neozelandesi Ngaio Beausoleil e Daniel Ramp dell’Animal Welfare Science and Bioethics Centre della Massey University, è il primo quadro olistico al mondo per la valutazione del benessere mentale e psicologico degli animali selvatici.
I ricercatori spiegano che «Il significato dello studio risiede nel suo potenziale di poter rivoluzionare le iniziative di conservazione. Invece di concentrarsi esclusivamente sul numero della popolazione e sul successo riproduttivo, la ricerca esplora la qualità della vita vissuta dagli animali selvatici. Questo cambiamento di prospettiva potrebbe fornire segnali di allerta precoce cruciali sulle sfide che affrontano le specie e sul declino della loro popolazione, portando a strategie di conservazione più efficaci».
La Harvey evidenzia che «Sebbene la ricerca sul benessere degli animali domestici e da allevamento sia stata considerevole, includendo indicatori di stati emotivi come stress, dolore e paura, il mio obiettivo è quello di colmare il gap esaminando le vite individuali, i sentimenti e le esperienze mentali degli animali selvatici. Una più profonda comprensione del benessere delle popolazioni di animali selvatici può non solo migliorare gli sforzi di conservazione, ma anche fornire un’indicazione dello stato dell’ambiente naturale e dei suoi legami riconosciuti con la salute e il benessere umano».
Lo studio, si concentra sui brumbies – cavalli selvaggi in libertà – delle regioni alpine australiane, ma il quadro che ne è emerso è ampiamente applicabile per valutare molte specie selvatiche. La Harvey ha scelto i brumbies perché il benessere dei cavalli è stato studiato negli ambienti domestici, facendo di questi animali un ponte con quelli selvatici.
Il suo quadro concettuale completo dello studio – “10 Stage Protocol“, include indicatori fisici e comportamentali per esperienze mentali sia negative che positive negli animali selvatici.
La Harvey sottolinea che «Chi ha un cane, conosce la sua routine abituale, cosa gli piace e come si comporta in determinate circostanze. Sappiamo se sono felici, tristi o angosciati, quindi questa ricerca sta spostando questa comprensione sugli animali selvatici. Non possiamo mai essere certi di cosa stia passando per la mente di un animale e di cosa provi esattamente. E’ anche un’area che gli scienziati hanno tradizionalmente evitato. Tuttavia, sappiamo che le esperienze mentali derivano da stati fisici e possiamo misurare direttamente questi stati. L’alimentazione, l’ambiente fisico, la salute e le interazioni comportamentali forniscono tutti indizi sull’esperienza mentale degli animali. Questo include stati negativi come la sete, la fame, il caldo e il freddo, il disagio, il dolore, la fatica, l’ansia e la paura e quelli positivi come la sazietà, l’attività fisica, la vitalità fisica e le interazioni sociali positive. Questo approccio olistico riunisce diverse aree di conoscenza scientifica, tra cui neuroscienze, comportamento e neuroetologia – lo studio delle basi neurali del comportamento naturale di un animale – per interpretare i dati raccolti e ottenere informazioni sul benessere».
Attualmente, la Harvey sta collaborando con ricercatori che studiano gli uccelli acquatici australiani, come l’ibis dal collo paglierino e i pellicani che sono indicatori della qualità dell’acqua e della salute delle zone umide, che potrebbero informare le decisioni di gestione nel bacino del Murray Darling. E’ tenuto sotto esame anche il benessere dei koala, che sono stati dichiarati a rischio di estinzione nel New South Wales, è sotto esame. Finora, la ricerca scientifica sui koala si era concentrata principalmente sulla loro sopravvivenza e sule malattia, il team della Harvey punta invece a valutare il benessere generale dei koala per informare le decisioni politiche sulla conservazione e la protezione dell’habitat. La Harvey sta anche lavorando con altri ricercatori allo studio del benessere di canguri e dingo nel Queensland meridionale, concentrandosi sulla relazione predatore-preda e sull’impatto del cambiamento climatico e del recupero dalla siccità. Ogni specie presenta sfide uniche, come l’identificazione degli individui, la valutazione delle esperienze mentali in grandi popolazioni e la considerazione di ambienti e habitat diversi.
La Harvey riconosce che lo studio delle esperienze mentali degli animali selvatici presenta molte più difficoltà rispetto a quelli domestici: «L’assenza di stretti rapporti tra esseri umani con i singoli animali e la difficoltà di osservarli per periodi prolungati pongono notevoli ostacoli. Tuttavia, metodi innovativi comele foto-trappole remote si sono dimostrati preziosi nella raccolta di dati dettagliati sul comportamento degli animali selvatici, tra cui la postura del corpo e le espressioni facciali».
La innovativa ricerca del team della Harvey ha un potenziale immenso di trasformazione del campo della biologia della conservazione, facendo luce sulle esperienze mentali degli animali selvatici e in via di estinzione e la scienziata australiana conclude: «Le valutazioni del benessere devono far parte di tutto il monitoraggio della fauna selvatica e, in ultima analisi, di tutte le decisioni sulle politiche ambientali, che devono tenere conto non solo delle singole specie, ma anche delle interazioni tra specie diverse e dei loro ecosistemi».