Breve storia di una parola che ha fatto la Storia: frugalità
Dal mondo romano al XVIII secolo in Occidente il suo significato è cambiato più volte. E lo farà ancora
[22 Dicembre 2014]
La crisi che ha colpito la società dei consumi nel nuovo millennio ha portato a rispolverare, e riscoprire, un termine che era quasi sparito dal discorso politico ed economico, marginalizzato in quanto idea caratteristica di società del passato, o comunque arretrate. Questo termine è ‘frugalità’.
La riflessione e il dibattito recenti sui possibili percorsi della frugalità hanno mostrato come sul significato di tale concetto non ci sia totale accordo tra gli studiosi. Frugalità, infatti, è messa in rapporto con concetti non sempre sovrapponibili – e a volte opposti –, come quello di decrescita (‘felice’ o, invece, intesa negativamente come recessione), quello di moderazione volontaria dei consumi, o quello di risparmio finalizzato all’investimento.
Cercherò di spiegare da dove il concetto, o meglio i concetti, di frugalità che noi utilizziamo derivino, come essi siano stati utilizzati dall’antichità romana fino ai nostri giorni, e da dove le contraddizioni nel dibattito su tale tema derivino.
Il significato originario del termine di cui ci occupiamo è piuttosto sorprendente. ‘Frugalità’ deriva, infatti, da una parola latina, frugalitas, che è costruita sull’aggettivo frugi che significa ‘utile’ – a sua volta derivato da frux (‘frutto’, ‘risultato’). Nelle fonti latine più antiche che possediamo (c. 200 a.C.), in particolare viene definito come ‘frugale’ (frugi) quell’individuo di status umile – normalmente lo schiavo – che è ‘utile’ nel senso che è capace a portare a buon frutto gli incarichi che gli vengono assegnati dal padrone.
Sarà solo con Cicerone, poco dopo il 50 a.C., che frugalitas inizierà ad assumere un significato meno ‘modesto’, e a essere utilizzato per indicare un ideale di moderazione e temperanza materiale, caratteristico della filosofia stoica, opposto al vizio della luxuria (‘lusso, profusione della ricchezza’). Col successo del nuovo significato del termine, assurgerà a modello di frugalitas una figura come quella di Manio Curio Dentato, antico console romano vissuto agli inizi del III secolo a.C. Secondo la tradizione, Dentato avrebbe rifiutato, infatti, i lussuosi oggetti in oro che i Sanniti, nemici di Roma, gli avrebbero offerto per corromperlo e portarlo dalla loro parte. All’oro il console avrebbe preferito le umili stoviglie in legno con cui avrebbe consumato una ‘frugale’ cena a base di semplici rape – e ovviamente la fedeltà a Roma.
L’ideale stoico, e aristocratico, della frugalitas sarà in larga parte inglobato sia dal pensiero cristiano sia dalla riscoperta del mondo antico che prende il via dalla fine del Medioevo e arriva all’età moderna.
Ancora negli ultimi anni del XVII uno dei più influenti intellettuali britannici dell’epoca, lo scozzese George Mackenzie, pubblicava un saggio sulla “Storia morale della frugalità” in cui quest’ultima appare come la virtù nemica di ogni avidità, che spinge alla moderazione nell’uso nel cibo e al coraggio nella difesa della patria. In Mackenzie il modello degli antichi romani si univa con la moralità cristiana, in particolare quella definita nelle opere di San Tommaso, in cui la semplicità materiale appare come uno degli strumenti fondamentali per liberare l’uomo dalle preoccupazioni mondane.
Accanto al significato filosofico di frugalitas, tuttavia, già nel mondo romano sopravvivono molti aspetti del significato più antico della parola, connesso all’idea di ‘frutto, utilità’. Varrone, autore di un trattato sulla gestione delle proprietà rustiche, lascia ad esempio intendere nel 37 a.C. che una tenuta rurale ‘più frugale’ (frugalior) – nel senso di ‘più semplice, sobria’ ma anche di ‘più efficiente, orientata alla produzione’ – è da preferire a una villa ‘più lussuosa’, destinata solo al godimento degli oggetti preziosi in essa presenti.
Questo significato di frugalitas, che resta decisamente in secondo piano nella storia del pensiero occidentale fino all’inizio del XVIII secolo, viene riscoperto da due altri celebri scozzesi, le cui idee contribuirono alla fondazione del pensiero economico moderno: David Hume e Adam Smith.
Questi intellettuali, come Mackenzie, giudicano in modo positivo la frugalità, ma la definiscono in modo diverso dal loro compatriota.
Per Hume e Smith, infatti, frugalità è sinonimo di industriosità e di capacità di gestire in modo intelligente le risorse economiche, in un quadro ideologico in cui il desiderio di guadagno è considerato una virtù, mentre la semplicità materiale è valutata negativamente, in quanto contraria allo sviluppo del benessere di una nazione.
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