Asiu e Tap, a Piombino l’occasione per un’economia circolare d’acciaio
Si rinnovano i cda, il nuovo presidente Caramassi illustra le linee strategiche
[16 Luglio 2015]
Stati presentati stamani a Piombino i nuovi consigli d’amministrazione di Asiu e Tap, che dovranno gestire una fase rispettivamente di transizione e valorizzazione industriale, entrambe di ampia rilevanza per la sostenibilità ambientale, economica e sociale del territorio. Cda composti adesso per Asiu da Valerio Caramassi (presidente, con deleghe a strategie, rapporti con la proprietà, relazioni esterne e comunicazione), Carlo Olmo (vicepresidente, con deleghe al passaggio servizi di igiene urbana in Sei Toscana, personale, servizi interni ed esterni, rapporti con le organizzazioni sindacali) e Barbara Del Seppia (deleghe a bilancio, autorizzazioni, normativa, affari legali); per Tap, il neo presidente Caramassi (nella foto) sarà invece affiancato da Giuseppe Bonacina in rappresentanza della Lucchini, e Ilaria Landi.
Insieme al cda Asiu, alla conferenza stampa di presentazione erano presenti i sindaci Giuliani e Soffritti: proprio il sindaco di Campiglia, dopo aver ringraziato anche a nome delle altre amministrazioni comunali il presidente uscente Fulvio Murzi, ha spiegato il significato di questo rinnovamento. Per quanto riguarda Asiu, si concretizzerà in due strategie: la prima prevede di portare a compimento nel più breve tempo e alle migliori condizioni possibili il passaggio di tutti i servizi di igiene urbana e raccolta dei rifiuti urbani, oggetto di privativa di legge, nel gestore unico di Ato sud, Sei Toscana; la seconda, al contempo, attiene il conferimento nel più breve tempo possibile degli asset impiantistici detenuti da Asiu in Tap, anche attraverso aumento di capitale di quest’ultima; portati a termine i due punti precedenti si considereranno esauriti ruolo, funzioni e missione di Asiu.
Tap rappresenta invece per il presente e l’immediato futuro la chance di uno sviluppo sostenibile per il territorio, il naturale e obbligato passaggio per una “riconversione ecologica” nel ciclo dell’acciaio che è stata individuata unanimemente come driver per l’ex-Lucchini. «La produzione secolare di acciaio da ciclo integrale a Piombino ha prodotto ingenti quantità di scarti di processo. Gran parte di questi scarti, del tutto riciclabili al posto di materia vergine (loppe, scorie, ecc…), non è mai uscita – ha spiegato Caramassi – dal perimetro dello stabilimento (circa 800 ettari). Nel 1994 una relazione dell’allora direttore di Arpat Mario Bucci indicava in 7 metri il rialzo dal piano di campagna realizzato utilizzando questi scarti». Già nel 1999 la Lucchini dichiarava una produzione annuale di scarti di circa 1,3 milioni di tonnellate (su circa 2,8 milioni di produzione di acciaio), e nel Piano Regionale dei Rifiuti Speciali della Toscana veniva individuata la realizzazione di un impianto funzionale al riciclo di una parte cospicua degli scarti in questione e veniva individuata, quale soggetto realizzatore gestore, la Società Tap (Tecnologie ambientali pulite) partecipata, oggi, per il 75,1% da Asiu (società gestore del ciclo dei rifiuti urbani dei Comuni della Val di Cornia) e per il 24,9% dalla Lucchini Spa.
Un impianto di produzione da forno elettrico può infatti essere considerato a tutti gli effetti un impianto di riciclo; ciò non toglie che, come qualsiasi altro impianto di riciclo (plastica, carta, vetro, etc) produca a sua volta degli scarti di produzione; la loro gestione sostenibile rende dunque funzionale la Tap, nel rispetto del principio di prossimità – la gestione dei flussi di materia negli ambiti di produzione –, che anche per quanto riguarda i rifiuti speciali (Dlgs 152/06 e successive modifiche e implementazioni) è anche un principio di legge. È il principio di prossimità che promuove l’economia circolare e garantisce sostenibilità ambientale e sostenibilità economica dando luogo a nuove filiere di sviluppo e di occupazione: ciò riguarda sia le operazioni di risanamento necessitate dalle vecchie produzioni che quelle di gestione delle programmate nuove produzioni.
Se il passato non è riproponibile, questo è il percorso obbligato. Ovvio che il problema coinvolge più livelli (politico, amministrativo e gestionale) ed è un percorso che va velocissimamente raccordato, nei tempi e nei contenuti, alla fase di start up di Aferpi. Ma il ruolo di Tap non si esaurisce qui.
«La Tap, oltre all’impianto in questione, ha nel suo statuto l’ottimizzazione dei flussi di materia dai cicli industriali secondo il principio dell’economia e della produzione circolari, ovvero il riciclo e lo smaltimento in sicurezza della materia non riciclabile. Questa missione di Tap – ha sottolineato Caramassi – è oggettivamente esaltata dalla nuova fase determinatasi con il recente accordo di Programma stipulato dalle istituzioni nazionali e locali che ha coinvolto fra gli altri l’Autorità portuale, la Lucchini, la Cevital con Aferpi. Su questo vogliamo puntare per l’avvio di una filiera industriale e occupazione del risanamento del pregresso e per favorire il coinvolgimento delle imprese locali, oggi utilizzatrici di materiale vergine, per una parziale e graduale riconversione nel nuovo business ambientale».