L’ormai ex rottamatore non ha rottamato nessuno
Non è tempo di corsari. Un governo fotocopia senza un minimo di coraggio
[13 Dicembre 2016]
L’ex direttore de La Nuova Ecologia Paolo Gentiloni non poteva smentire in maniera più plateale la presidente di Legambiente Rossella Muroni che ieri invocava, con l’ottimismo della volontà, almeno il greenwashing di una compagine governativa ingrigita da più di 1.000 giorni di governo finiti in modo non proprio esaltante.
Dal punto di vista ambientale la mancata nomina di Ermete Realacci a ministro dell’Ambiente, data non a caso per certa da quasi tutti i commentatori, rappresenta il sigillo su un governo di galleggiamento, che aspetterà che esca dal cilindro parlamentare una qualche legge elettorale e assisterà da tifoso interessato alla primarie del Pd per poi andare (forse) ad elezioni appena anticipate.
Vista con in mano la lista dei ministri letta – o meglio ri-letta – ieri da Gentiloni, il precipitare della crisi, la conferenza stampa di addio di Renzi ad urne appena chiuse, il rapidissimo giro di consultazioni, la ridda di dichiarazioni e lacrime e le consultazioni parallele a Palazzo Chigi… perfino il lungo conclave a due tra Gentiloni e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sembra un succedersi di eventi del tutto pilotato da chi era da tempo consapevole della sconfitta referendaria e si preparava ad abbandonare il posto di premier, lasciando in piedi un governo di fedelissimi e di alleati minori senza via d’uscita.
Non che potesse fare molto di più, ma se c’è un corsaro in questa storia questi si chiama Matteo Renzi. È a capo di un galeone incagliato in qualche secca della sua Tortuga politica, nella quale si è cacciato con una manovra avventuristica, da guascone della politica, come quella che ha mandato Schettino a sbattere sugli scogli affioranti del Giglio.
Il blitz che ha portato Gentiloni alla testa del governo non somiglia nemmeno un poco a quelli ai quali partecipava su Goletta Verde. E sulla prua di questa scialuppa di salvataggio (che in molti hanno già abbandonato discretamente), ad indicare la rotta al timoniere scrutando gli scogli che affiorano sotto la chiglia c’è proprio l’ex presidente del Consiglio, che ha zavorrato il fragile gozzo con chi aveva giurato che con la vittoria del No sarebbe uscito per sempre di scena, a cominciare da Maria Elena Boschi, messa addirittura al posto di timoniere, dopo aver portato, con un’incoscienza condita con un pizzico di alterigia, il vascello renziano incontro allo tsunami referendario.
E che dire della promozione del “nostromo” Alfano a ministro degli Esteri? Probabilmente in Kazakistan si saranno stappate bottiglie di spumante georgiano nelle inaccessibili stanze della reggia di Astana, dove vive l’eterno presidente Nursultan Äbişulı Nazarbaev, e si sarà brindato a Vodka nelle grigie stanze dei servizi segreti, dove passarono in manette Alma Shalabayeva e la figlia, appena espulse dall’Italia per una “distrazione” dell’ex ministro degli Interni.
Se c’è una qualche certezza è che la meritocrazia e la rottamazione tanto sbandierate all’inizio dell’avventura renziana sono ormai uno sbiadito ricordo del passato: confermata la ministra Madia, nonostante la sua riforma della pubblica amministrazione si sia sfracellata sullo scoglio della Consulta; resta anche Poletti, che con il Jobs act ha dato un grosso incentivo al plebiscitario voto giovanile per il No; si inventa un ministero dello Sport per il fedelissimo Lotti… tutti confermati meno la povera ministra Giannini, colpevole di aver portato avanti una disastrosa riforma della “buona scuola”, della quale Renzi ha disconosciuto la paternità, alla quale teneva tanto, il giorno dopo la sconfitta referendaria.
L’ormai ex rottamatore non ha rottamato quasi nessuno e ora sono gli ex rottamati a chiedere la svolta che era stata promessa. Ma l’ex premier arma un nuovo vascello corsaro per vincere la guerra civile nel Pd e mettere a ferro e fuoco le improbabili fortezze dei vicereami in cui si frantuma l’opposizione interna.
Questo non è un Paese per corsari, semmai è da diporto.
Speriamo solo che l’ex ambientalista Gentiloni ci porti senza troppa maretta verso il porto insicuro delle elezioni, con una nuova legge elettorale che restituisca rappresentatività all’elettorato e un nuovo governo che non sia la fotocopia venuta male di una compagine stanca o del dagherrotipo di un preistorico pentapartito.
Qualche barlume di speranza arriva dal discorso programmatico tenuto oggi da Gentiloni alla Camera, per il voto di fiducia: «La green economy – ha dichiarato in aula – è la frontiera su cui rilanciare la nostra economia contrastando i mutamenti climatici e facendo valere nostre eccellenze». Parole battezzate come «molto importanti» da Ermete Realacci, il quale sottolinea come siano gli stessi argomenti che Angela Merkel ha annunciato «al centro del G20 a presidenza tedesca. Sono certo – conclude il presidente della commissione Ambiente della Camera – che, vista la sensibilità di Gentiloni, saranno oggetto di discussione anche durante la presidenza italiana del G7». Il tempo dirà se quelle del premier in pectore sono o meno promesse da marinaio.