Facciamo la raccolta differenziata ma rifiutiamo gli slogan
Suddividere i rifiuti (urbani) non fa diminuire quelli prodotti e non costa di meno
[3 Febbraio 2017]
La raccolta differenziata, in generale, costa di più o fa guadagnare? Dal punto di vista della sostenibilità ambientale è senz’altro un guadagno perché se ben fatta può migliorare la qualità della raccolta stessa e possono conseguentemente essere inviati a riciclo più materiali: in un mondo di risorse naturali sempre più scarse, questo è un vantaggio netto – soprattutto per un Paese come il nostro, con un importante settore manifatturiero ma con poche materie prime a disposizione entro i propri confini nazionali. Dunque la raccolta differenziata va fatta, e va fatta bene.
Dal punto di vista della sostenibilità economica la questione è più complessa, ma la risposta in linea generale è no. E quella porta a porta con tariffa premiante? Sempre no. Queste domande dovrebbero peraltro arrivare dopo quella ben più cogente: la raccolta differenziata risolve da sola il problema della corretta gestione dei rifiuti? E anche qui la riposta è assolutamente no.
Ma soffermiamoci sui costi, visto che è il tema più dibattuto in questo periodo. La narrazione è che i rifiuti raccolti in modo indifferenziato vengano tutti bruciati o gettati in discarica e non ci si guadagni niente, o al massimo qualche spicciolo con l’energia generata dai termovalorizzatori perché oltretutto non c’è più il Cip6. Da qui l’idea che separando i rifiuti e vendendo la plastica; il vetro; la carta e via dicendo con gli altri rifiuti compreso l’organico si possa sempre e comunque guadagnare e con quei guadagni abbassare le tariffe.
Per sgombrare ogni dubbio basterebbe ricordare che in Italia le frazioni raccolte in modo differenziato vengono prese in carico dai consorzi Conai con i quali i comuni hanno sottoscritto un accordo che si chiama: Accordo Quadro Anci-Conai. Ecco la definizione: «È lo strumento, previsto già dal Decreto Ronchi del 1997 e poi dal D.Lgs 152/06, attraverso il quale il sistema consortile garantisce ai Comuni italiani la copertura dei maggiori oneri sostenuti per fare le raccolte differenziate dei rifiuti di imballaggi».
A vent’anni esatti dal decreto Ronchi che ha introdotto in Italia la raccolta differenziata, leggere più attentamente questa definizione dovrebbe far accendere una lampadina: si garantisce ai Comuni la copertura per i maggiori oneri sostenuti. Quindi se gli oneri sono maggiori già un dubbio almeno dovrebbe venire. E qui parliamo genericamente di raccolta differenziata. Se si parla di quella porta a porta spinta con tariffa premiante è facile capire che i costi (economici) sono ancora maggiori: più raccolta; più lavoro-lavoratori; più spese. Ma non si vende più materiale? Sì, ma fra il materiale raccolto aumenta anche quello che non ha valore di mercato e per il quale si deve pagare. Il punto, infatti, è che per legge si deve raccogliere anche i rifiuti che non hanno valore di mercato e questo è e sarà sempre un costo, perché non solo non ci si guadagna ma si paga per il loro conferimento a qualsiasi impianto (di riciclo come di smaltimento), vedi alle voci vetro fine e plastiche eterogenee per fare due esempi. Per non parlare della frazione umida: quanta e quale se ne raccolga, anche la migliore possibile, rimane comunque economicamente un costo. Se va in discarica come copertura paghi; se ne fai concime paghi per produrlo e poi lo regali (ma sono casi sporadici e per quantità quasi simboliche). Ambientalmente parlando invece entrambe le opzioni sono comunque migliori del diretto smaltimento in discarica.
Quindi, anche se la raccolta differenziata arrivasse mai al 100%, e fosse fatta tanto bene da escludere la presenza di frazioni estranee – un miraggio – in ogni caso non tutti i materiali raccolti avrebbero un valore di mercato. Ma c’è di più (a proposito dell’immaginifico azzeramento dei rifiuti). I processi industriali necessari per trasformarre la raccolta differenziata in materie prime seconde producono rifiuti a loro volta: 1 kg di carta riciclata produce 0,4-0,5 kg di rifiuti (pulper e fanghi); 1 kg di plastica riciclata produce 0,35-0,40 di rifiuti; 1 kg di acciaio riciclato produce 0,30 di rifiuti (anche pericolosi). Il riciclo è un processo industriale e come tutti i processi industriali (compresi quelli da materie prime) produce rifiuti, che sarebbe necessario gestire: l’entropia non è una barzelletta. Cambiare le cose e migliorarle si può, ma non partendo dal fondo.
Tornando alla realtà attuale, come si può pensare di guadagnare tramite la raccolta differenziata ricavando denaro solo da una parte dei rifiuti raccolti e dovendo pagare per quelli che non hanno un valore di mercato? Non solo. Siccome ci si è convinti che contino solo i rifiuti di cui si parla, ovvero gli urbani (che comunque per la metà sono composti da speciali assimilati), e che gli altri non esistono per il semplice motivo che non se ne parla, si arriva a “paradossi” per cui anche in quelle città dove la raccolta differenziata raggiunge percentuali elevatissime, crescono le discariche abusive sui territori. Ci sarà un motivo? Non è purtroppo riducendo la dimensione dei water che si può mettere a dieta le persone. E non la si deve nemmeno illudere che cambiando il metodo di raccolta spenderà di meno.
Chi dice di abbassare le tasse dei rifiuti per i cittadini (e poi non lo fa, la maggior parte) o chi lo fa davvero (pochissimi) ci riesce non perché guadagni, ma perché si usa la fiscalità generale o si aumenta contemporaneamente la tassa alle imprese. In ogni caso, nulla a che vedere con i presunti arricchimenti generati dalla raccolta differenziata.
La raccolta differenziata dei rifiuti va fatta il più possibile e nel migliore dei modi possibili. Non solo, andrebbe fatta non solo di quelli urbani ma anche di quelli speciali (e ancor più di quelli pericolosi). A questo proposito sarebbe un gran bene se il Conai (Consorzio nazionale imballaggi) venisse trasformato in Conam (Consorzio nazionale riciclo di materia). Ma confondere sistematicamente, e/o ignorare colpevolmente, e/o comunicare scorrettamente, un rapporto direttamente proporzionale fra quantità raccolta-ricavi-abbassamento delle tariffe è uno sport generalizzato che rischia di portare il sistema all’inceppamento.
di Fabiano Alessandrini