[17/09/2009] News
LIVORNO. La fortissima pressione esercitata dalle attività economiche sull'ecosistema mediterraneo non cessa di intensificarsi. Benché il settore sia gravemente colpito dall'attuale crisi economica, si prevede che il traffico marittimo continui ad aumentare a causa delle crescenti richieste nel settore del trasporto di passeggeri, turisti e merci, inclusa l'energia.
Ma secondo la Commissione è possibile conciliare l'attività marittima e il suo incremento con la tutela dell'ambiente e sviluppare un "legame simbiotico tra le due" a condizione, però, che sia predisposta una "governance adeguata e opportuni meccanismi trasversali" da parte degli stati mediterranei. E ciò vale in particolare quando si considerano la crescente domanda di risorse naturali e le conseguenti pressioni sull'ambiente marino, e la costante necessità di garantire la crescita e l'occupazione nei settori legati al mare e nelle regioni marittime.
Per questo la Commissione Europea nella comunicazione "Una politica marittima integrata per una migliore governance nel Mediterraneo" - rivolta al Consiglio e al Parlamento europeo - evidenzia i meccanismi e gli strumenti per realizzare un approccio integrato per la gestione delle attività marittime nel bacino mediterraneo.
Volta a completare le varie azioni settoriali promosse dall'Ue, il documento della Commissione sottolinea la necessità "di un rafforzamento generale della cooperazione con i partner dei paesi terzi del Mediterraneo ai livelli appropriati", tenendo, presente comunque che la politica marittima integrata riguarda principalmente gli Stati membri.
Nella maggior parte dei 20 Stati mediterranei (7 Stati Membri, 2 paesi candidati Ue, 3 candidati potenziali e 8 non Ue ma che hanno rapporti con la Comunità; tutti - tranne la Libia che è un"osservatore" - parte dell'Unione del Mediterraneo), ciascuna politica settoriale è svolta da una amministrazione specifica, così come ciascun accordo internazionale è applicato secondo norme che gli sono proprie. E inoltre gran parte dello spazio marino è costituita da acque di alto mare.
Tutto ciò crea una situazione in cui politiche e attività tendono a svilupparsi indipendentemente le une dalle altre, senza un reale coordinamento fra i vari settori di attività che hanno un'incidenza sul mare, né fra tutti gli attori locali, nazionali, regionali e internazionali. Per gli Stati costieri, dunque, risulta difficile non solo avere una visione di insieme dell'impatto cumulativo delle attività marittime, ma risulta anche difficile pianificare, organizzare e regolamentare attività che incidono direttamente sulle loro acque territoriali e le loro coste.
Per questo è necessario - secondo la Commissione - potenziale la cooperazione, la partecipazione delle parti interessate, la trasparenza del processo decisionale e l'attuazione di norme fissate di comune accordo fra gli Stati costieri del mediterraneo dove si concentra un volume pari al 30% del commercio marittimo mondiale in provenienza o a destinazione negli oltre 450 porti e terminal, oltre a un quarto del traffico petrolifero marittimo mondiale.
Le coste ospitano più di 150 milioni di abitanti, cifra che raddoppia nel corso della stagione turistica. Le crociere turistiche registrano ad esempio una rapida espansione e ciascuno dei principali porti del Mediterraneo accoglie ogni anno oltre un milione di turisti in crociera e le infrastrutture, gli impianti turistici e ricreativi continuano a moltiplicarsi su coste già densamente popolate (in varie regioni costiere d'Italia, Francia e Spagna, il tasso di zone edificate nel primo chilometro di fascia litoranea supera già il 45%).
Nel Mediterraneo, inoltre, metà della flotta peschereccia comunitaria vi esercita le proprie attività, mentre aumenta la produzione acquicola. Il tutto produce un'inquietante combinazione di fenomeni: inquinamento proveniente dalla terraferma e dalle navi, scarico di rifiuti, minacce alla biodiversità, pesca eccessiva e degrado costiero.
Pensare che nel quadro della convenzione di Marpol, il Mediterraneo è stato classificato "zona speciale" con riguardo agli idrocarburi a partire dal 1983 e con riguardo ai rifiuti a partire dal maggio 2009. L'Unione per il Mediterraneo ha incluso la riduzione dell'inquinamento del Mediterraneo fra le sue priorità. E il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici ha definito la regione mediterranea come "zona sensibile".