[23/09/2009] News
GROSSETO. Le dichiarazioni del pentito di ‘ndrangheta Francesco Fonti relative alla pratica di smaltimento illecito di rifiuti speciali (pericolosi e forse anche radioattivi) attraverso l'affondamento in mare dei carichi trasportati dalle navi, se non addirittura delle intere navi comprensive dei loro carichi, hanno fatto partire un' inchiesta anche da parte della procura di Livorno. Dalla dichiarazioni rilasciate da Fonti, infatti, nel triangolo di mare compreso tra Capraia, Elba e Corsica, sarebbero stati affondati alcuni fusti contenenti rifiuti che provenivano da un'azienda farmaceutica del nord. Le dichiarazioni di Fonti sembrano quindi dare credito ai documenti raccolti in questi quindici anni anche da Legambiente, ovvero che saremmo di fronte ad una questione che non riguarda solo la Calabria, ma quasi tutte le regioni costiere italiane e che molto probabilmente si allarga all'intero Mediterraneo.
Le indagini faranno il loro corso e l'auspicio è che possano farlo con il sostegno del governo in modo da mettere a disposizione mezzi e risorse per arrivare a squarciare definitivamente il velo su questa vicenda, indagare se vi sono conseguenze sull'ambiente e sulla salute delle popolazioni.
Ci sarà poi da capire quante risorse saranno necessarie per riportare questi carichi a galla e destinarli a corretto smaltimento e a chi dovrà competere farlo: appare piuttosto evidente infatti che - se anche le indagini andassero a buon fine- sarà assai difficile risalire al proprietario di questi materiali per potergli chiedere (in nome del principio chi inquina paga) di accollarsi l'onere di smaltimento e della successiva eventuale bonifica. Come al solito dovrà intervenire Pantalone, inteso come Stato in senso lato, dato che, anche se titolari della gestione del demanio pubblico, è assai difficile pensare che a farlo potranno essere le capitanerie di porto da sole.
L'auspicio è allora che da questa vicenda si tragga anche il monito della necessità di occuparsi della questione rifiuti speciali, pericolosi e non con l'aggiunta di quelli radioattivi in maniera molto più convinta di quanto non si sia fatto sino ad ora.
A partire dalla loro effettiva contabilizzazione, sino ad ora solo stimata (al ribasso) attraverso meccanismi assai complessi e connotati da una enorme disomogeneità (vedi articolo di greenreport del 20marzo 2009) quando invece sapere quanti rifiuti si producono e chi li produce è un punto inalienabile per potersi poi occupare della loro gestione.
C'è poi da dire che il sistema normativo che regola la gestione di questi rifiuti rimanda l'onere in capo al produttore, e svincola le istituzioni dalla necessità di pianificare il relativo fabbisogno impiantistico. Ciò non toglie che le istituzioni possano ugualmente occuparsi di questa tipologia di rifiuti, come avviene ad esempio in Toscana, nell'ottica di un principio di prossimità della gestione dei rifiuti; ma questo non porta ad alcun automatismo della loro effettiva corretta gestione, tanto che in Toscana si lamenta una scarsità di dotazione impiantistica per far fronte alle quote prodotte, in termini di trattamento, recupero e smaltimento finale.
Da quanto emerge da un recente rapporto di Fise assoambiente l'associazione delle imprese del settore privato che operano nella gestione dei rifiuti, si scopre che spesso la gestione di questa tipologia di rifiuti derivanti dal settore produttivo non è altro che una loro esportazione in qualche altro paese. Si parla quindi di trasporto transfrontaliero che - si legge nella presentazione del rapporto - rappresenta un riferimento importante per comprendere le caratteristiche e le potenzialità di trattamento di un Paese, nonché del mercato "globalizzato" dei rifiuti. Un mercato dietro al quale si celano, dice ancora il rapporto, aspetti di economicità del sistema (es. costi di trattamento più bassi connessi a condizioni ambientali, normative o strutturali che non consentono una competizione tecnologica), oltre al fatto che i rifiuti sono altresì trasferiti (sia come export che come import) per sostituire risorse naturali in processi produttivi.
Ora, dai dati riportati nel rapporto Fise (2005), il saldo tra import ed export pone l'Italia come esportatore netto, con un totale di circa 1,9 milioni di tonnellate di rifiuti esportati (di cui oltre 1,3 milioni di tonnellate di speciali non pericolosi e circa 573.000 tonnellate di pericolosi) contro una importazione di poco più di 1,4 milioni di tonnellate di rifiuti speciali (di cui circa 33.000 tonnellate di pericolosi). L'analisi dei flussi dimostra poi che il flusso in uscita è legato al trattamento finale di rifiuti provenienti da processi produttivi (ceneri, scorie, polveri), quello in entrata riguarda invece soprattutto i rifiuti da avviare al riciclaggio (legno, vetro, plastiche, metalli).
Oltre il 90% dei rifiuti speciali sono esportati in paesi europei e in particolare in Germania dove, nel 2005, sono stati trasferiti il 47% dei rifiuti speciali (pericolosi e non pericolosi), la quasi totalità dei rifiuti speciali pericolosi, che nascono dall'attività del settore manifatturiero e una parte dal settore delle costruzioni e demolizioni, cave e bonifiche.
Dal rapporto si evidenzia anche una tendenza alla crescita dell'esportazione dei rifiuti speciali, sia di quelli non pericolosi (+30% dal 2002 al 2005), ma soprattutto di quelli pericolosi (da 116.000 ton. nel 2002 a circa 573.000 ton. nel 2005); in particolare sono alcune tipologie a venire più facilmente esportate, quali i rifiuti prodotti dal trattamento meccanico, il fluff, le ceneri/scorie, le apparecchiature fuori uso e le ceneri leggere da processi di coincenerimento.
Da questi dati emerge in maniera evidente la carenza di sistemi di trattamento, recupero e smaltimento dei rifiuti speciali prodotti dalle attività produttive nel nostro paese, in cui si è insinuata - avendone fiutato il business- la criminalità organizzata, forte di un sistema di repressione blando e ovviamente grazie alla connivenza di una parte delle imprese che, facendo finta di non sapere, affidavano i loro rifiuti a imprese che offrivano il servizio a prezzi stracciati e che potevano farlo per la sola ragione che il trattamento altro non era che uno smaltimento illecito; sottoterra, in mare, e persino in altri paesi.