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[28/09/2009] News
GROSSETO. La lettera inviata qualche giorno fa dal presidente della regione Toscana, Claudio Martini, al Governo per richiedere un impegno ad accertare la veridicità della notizia apparsa sugli organi di stampa circa la presunta presenza sui fondali del mare tra La Spezia e Livorno di navi cariche di rifiuti e di veleni, ha sortito il suo effetto.
La risposta è infatti già arrivata dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Altero Matteoli, che a sua volta ha interessato della vicenda il comandante generale delle capitanerie di porto e della Guardia Costiera, ammiraglio Raimondo Pollastrini. Da cui è partita la disponibilità a mettere a servizio le proprie strutture e l'indicazione di far coordinare le ricerche da Eugenio Fresi, biologo di grande esperienza dell'Università Tor Vergata di Roma.
«In realtà non ho ancora nessun incarico - ci ha detto Eugenio Fresi, che abbiamo raggiunto telefonicamente.- Ma una serie di idee su come procedere sì, oltre a conoscere bene l'imbarcazione in dotazione alle capitanerie di porto per averne seguito l'allestimento e per aver seguito i corsi di formazione che ogni anno si svolgono a bordo».
Parla della motonave Scialoja?
«Sì . E' una motovedetta dotata di strumentazione scientifica che può essere usata in questo contingente, anche se ha qualche problema ad operare in profondità e quindi potrebbe essere affiancata dall'imbarcazione del Conisma, che è il consorzio interuniversitario che ha fornito l'imbarcazione per rilevare la presenza della nave affondata di fronte alle coste di Cetraro. Senza rinunciare ad altre forme disponibili di competenze che esistono sul territorio».
Si riferisce all'Arpat e all'Ispra che a Livorno ha una sua sede?
«L'Arpat ha già una mappa, realizzata sulla base di dati ottenuti in campagne di pesca sperimentale, in cui si evidenziano aree di "sporco" dove presumibilmente potrebbero esserci oggetti eventualmente da caratterizzare. Ispra di Livorno date le competenze che ha sui sedimenti potrebbe intervenire per la caratterizzazione chimica di quello che eventualmente viene trovato.
Ma intanto la priorità è quella di andare a identificare gli oggetti».
Quindi intanto andare a vedere dove sono i relitti, e poi per capire cosa c'è , mettendo assieme tutte le competenze, il nostro paese è in grado di farlo?
«Si tratta di vedere. Non è possibile stabilirlo adesso. Ma nel caso non avessimo la strumentazione utile basterebbe reperirla altrove. Acquistandola, noleggiandola o rivolgendosi ad altri istituti, penso all'Ifremer francese. Non è questo il problema, ma quello di scegliere cosa fare».
Si spieghi meglio.
«Voglio dire che ci sono due possibilità: dare la priorità al recupero oppure andare prima a stabilire cosa c'è. Ovvero fare una mappa degli oggetti affondati, che siano navi o fusti, e poi decidere quali sono i casi prioritari sulla base dei contenuti. Scegliere la prima opzione significa spendere un sacco di soldi per operare il recupero e mettere in dubbio la ricerca di altre situazioni analoghe. Oltre al fatto che recuperare questi fusti non è cosa semplice e che non costituisca pericoli per l'ambiente».
Questo significa che la Calabria allora deve aspettare? Su questo si è già levata la voce del governatore Agazio Loiero che vorrebbe che la priorità fosse data alla Calabria.
«Intanto lì si sa che una nave affondata c'è si può fare l'ulteriore passo e stabilire cosa è stato affondato».
E la nave Astrea dell'Ispra mandata dal ministero dell'Ambiente ha la strumentazione per farlo?
«Per fare prelievi a quelle profondità servirebbe un'imbarcazione più specializzata e dotata di attrezzature che non sono in dotazione su Astrea. Si tratta dunque di verificare se le dimensioni e la struttura dell'imbarcazione potrebbero supportarlo».