[29/09/2009] News

Il massacro golpista nello scandalo geologico della Guinea

LIVORNO. La giunta militare che è salita al potere alla fine del 2008 in Guinea, con la promessa di ridarlo al popolo dopo aver sconfitto la corruzione,  ha rivelato il suo vero volto. Nella capitale Conakry una manifestazione non autorizzata dell'opposizione contro la candidatura alle elezioni presidenziali del gennaio 2010 del golpista Moussa Dadis Camara ieri è stata repressa a colpi di  fucile dai militari. La giunta golpista non vuole lasciare, come aveva promesso di fare al più presto, il potere in un Paese poverissimo che si estende letteralmente su enormi risorse minerarie. I morti sarebbero almeno 150 e l'esercito nella notte avrebbe assaltato le case degli oppositori, uccidendo chi tentava di resistere e stuprando le donne.

Secondo quanto ha detto un responsabile della Croce Rossa all'Afp  «I dirigenti dell'esercito hanno chiesto che tutti i cadaveri raccolti siano portati al campo (il centro militare Alpha Yaya Diallo, sede della giunta, ndr) e non alle morgues. C'è una volontà di dissimulare i corpi delle vittime». I camion militari starebbero raccogliendo negli ospedali i corpi degli oppositori e per le strade continuano gli scontri. Anche due ex primi ministri della Guinea, Cellou Dalein Diallo e Sidya Touré, sarebbero stati feriti e condotti in una struttura militare.

Le cosiddette forze dell'ordine hanno prima violentemente attaccato i dimostranti con manganelli e lacrimogeni ma poi, di fronte al fiume di giovani che si riversava nelle strade intorno allo stadio di Conakry in appoggio alla manifestazione dell'opposizione, hanno cominciato a sparare ad altezza d'uomo sui ragazzi  delle "Force vives" (partiti, sindacati ed Ong) che inalberavano cartelli con scritto "non à Dadis" e "à bas l'armée au pouvoir". L'ordine militare si sta trasformando nella solita crudele mattanza delle satrapie africane colpite dalla maledizione delle ricchezze minerarie e la strage di Conakry è già una vergogna insostenibile per una giunta golpista che prometteva giustizia sociale.

Intanto, in un'intervista concessa ieri a RFI,  il capo della giunta militare, si è detto "desolato" per quel che sta succedendo, ma non si ritiene responsabile del massacro e delle violenze perpetrati dai suoi soldati. Ma a Conakry si ricorda un proverbio: "Qui s'escuse s'accuse". Il dittatore ha cercato di discolpare il  suo esercito, insinuando che sono stati i manifestanti a provocare gli scontri assalendo il commissariato di Belle-Vue e procurandosi delle armi con le quali avrebbero ucciso altri manifestanti. Ma tutti sanno che sono stati i militari ad uccidere la gente, sparando al ventre ed alla testa. La giunta militare ha avuto addirittura l'improntitudine di presentare le condoglianze alle famiglie delle vittime.

Sul sito Aminata.com di Conakry  qualche coraggioso continua a raccontare che i militari hanno preso di mira numerosi giornalisti che seguivano il meeting dell'opposizione.

«Almeno tre di loro, tra cui Ben Oumar Sylla e Hawa Dioubaté di Continental FM e Ousmane Tounkara di Espace FM sono stati picchiati dai militari. I colleghi, che sono attualmente in una sala di attesa, hanno dovuto essere evacuati d'urgenza in una clinica della Capitale. Un altro, Lancey Touré di Djigui FM è stato arrestato, colpito, spogliato dei suoi beni e poi rilasciato. L'unica accusa che è stata rivolta a questi colleghi è di avere fatto il loro lavoro: quello di trasmettere sulle onde delle loro radio gli echi dello stadio del 28 settembre. Secondo delle fonti, Ben Oumar è stato recuperato dagli altri disteso in una pozza di sangue per essere inviato all'ospedale». Le stesse fonti parlano di almeno 7 manifestanti fermati e poi freddati con un colpo alla nuca nei dintorni dello stadio mentre cercavano di unirsi alla manifestazione dell'opposizione.

Aminata fa al mondo ed al Paese due domande: «Chi porterà la responsabilità di tutte queste vittime? La Guinea sarà sempre costretta ad offrire i suoi giovani figli in sacrificio per farsi ascoltare?».

Ma stavolta il popolo guineano son sembra disposto ad alzare le mani davanti all'ennesimo padrone sanguinario e vogliono gettare giù dal piedistallo la dittatura militare. Ma la crisi politica dopo questo bagno di sangue e di insensata ferocia probabilmente si approfondirà. Questo "scandalo geologico" probabilmente non troverà pace se non romperà il legame tra multinazionali occidentali e cinesi per lo sfruttamento delle risorse. Se i tesori ambientali e del sottosuolo non verranno sfruttati da una democrazia che agisca nell'interesse del popolo. «Nessun aveva creduto, 9 mesi fa, che le nuove autorità non si sarebbero aggrappate al potere, a rischio di mettere questo Paese a fuoco e sangue - dice Aminata - Il caos non è lontano. Né la decisione di imporre lo stato d'assedio».

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