[06/10/2009] News

Amianto in 8 milioni di vecchie auto ancora in circolazione: attenzione alle riparazioni

LIVORNO. Sono circa otto milioni le automobili tuttora in circolazione, commercializzate o riparate prima del 1994, che, secondo una stima dell'Aci, potrebbero avere componenti di amianto nei gruppi frenanti, nelle frizioni, ma anche nei carter di protezione termoisolante dei tubi di scarico e nei rivestimenti fonoassorbenti del vano motore. Amianto le cui fibre disperse nell'aria potrebbero essere un serio rischio per la salute dei lavoratori addetti del settore, come i meccanici, elettrauto, gommisti, carrozzieri, demolitori. Da qui la necessità di attuare misure di prevenzione e protezione, nonché programmi di formazione ed informazione sui rischi per la salute dovuti all'esposizione alla polvere di amianto e dei materiali contenenti amianto.

Questa è la prima notizia. La seconda notizia è che tale allarme è stato l'oggetto della relazione che il dipartimento provinciale di Vibo Valentia dell'Arpacal (Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Calabria) ha presentato all'ultima edizione della Conferenza mondiale 2009 sull'amianto, organizzato dall'Ispesl Taormina dall'1 al 3 ottobre scorsi. E che quindi è stata bellamente ignorata dai media, solo parzialmente giustificati dalla tragedia  che in quelle ore avveniva a poche decine di chilometri di distanza. Il direttore del dipartimento vibonese dell'Arpacal, Mariano Romeo, accompagnato dall'ingegnere Pietro Paolo Capone, del servizio tematico dipartimentale Aria, ha appunto presentato uno studio volto a mettere in luce le problematiche derivanti dall'uso dell'amianto nel settore automobilistico.

Capone, in particolare, ha sottolineato come  anche questo settore in passato  sino all'entrata in vigore di una legge che ne vietava la produzione nel 1992 - sia stato interessato - «da una massiccia diffusione di materiali contenenti amianto, installate in tantissime applicazioni», tra cui impianti frenanti e frizioni.

Lo sviluppo di metodi sicuri di lavorazione e la realizzazione di opportuni programmi di formazione professionale su questi metodi di lavoro, quindi rappresentano le principali articolazioni di un'efficace strategia volta a ridurre al minimo i rischi per la salute e per l'ambiente circostante, in linea con quanto dispone il Decreto legislativo 2008 n.81 in materia di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro.

Il direttore del dipartimento vibonese, Mariano Romeo, ha richiamato l'attenzione sulla necessità di avviare una serie di iniziative unitarie sia per sensibilizzare l'opinione pubblica sui pericoli derivanti dall'esposizione all'amianto e sia per concordare gli interventi più appropriati per smaltirne i rifiuti senza provocare alcun pericolo di contaminazione per gli addetti ai lavori e per l'ambiente.

Ma sappiamo bene che il problema è doppio: da una parte anche dove è stato vietato come in Italia, si continua ad avere amianto ed eternit sparso su tetti, capannoni, navi, e manufatti con pochissimi investimenti dedicati alla bonifica e ancor meno discariche destinate allo smaltimento finale dell'amianto una volta smantellato e ‘inertizzato'. Dall'altra parte dobbiamo invece ricordare che importanti Pesi ancora non l'hanno messo al bando (per esempio India, Brasile, Canada e Kazakhistan) e l'amianto viene utilizzato in numerosi settori, fra i quali anche quello automobilistico, col rischio per esempio nel caso dell'indiana Tata, che alcuni modelli contenenti amianto vengano importati anche ai giorni nostri. 

«Fare tutto il possibile per contenere gli effetti negativi legati all'uso su larga scala di questo materiale - ha concluso Romeo - è questo l'obiettivo principale sul quale lavorare nell'immediato futuro. I risultati, ovviamente, saranno tanto più soddisfacenti  quanto più i diversi soggetti interessati sapranno agire, nel rispetto delle specifiche competenze, in piena sinergia e collaborazione».

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