[12/10/2009] News toscana

Ecosistemi fluviali della Toscana: quali scenari?

FIRENZE. Siamo in piena fase di consultazione pubblica del Piano di gestione del Distretto Appennino settentrionale, lo strumento redatto dall'Autorità di bacino del Fiume Arno in questa fase facente funzione di Autorità di distretto. Il Piano, presentato il 16 luglio scorso, si compone di un quadro conoscitivo riguardante tutti gli usi delle acque (idropotabile, irriguo e industriale), e in base ai dati del monitoraggio disponibili ad oggi, fa una proiezione ai fini del raggiungimento dell'obiettivo ambientale per tutti i corpi idrici (fiumi, laghi, acque marine, acque di transizione, acque sotterranee), come previsto dalla Direttiva europea "Acque" 2000/60/CE. L'obiettivo da raggiungere è lo stato "buono" al 2015 per tutte le acque, salvo la possibilità di proroghe e deroghe, come prevede la norma stessa.

La direttiva comunitaria riconosce un'importanza assoluta alle fasi di partecipazione, informazione e consultazione, di tutti i portatori d'interesse, i cosiddetti stakeholders, partecipazione intesa come mezzo per migliorare il percorso decisionale, cioè la possibilità di influenzare da parte anche dei singoli cittadini gli esiti del piano e le sue procedure. In questo quadro si colloca l'iniziativa organizzata da Autorità di Bacino del fiume Arno e da Legambiente Toscana, che si terrà mercoledì 14 ottobre, in Palazzo Medici Riccardi (Sala Nicola Pistelli) a Firenze. «Ecosistemi fluviali della Toscana: quali scenari?» rappresenta uno dei forum d'informazione e discussione sul Piano di gestione del Distretto Appennino Settentrionale previsti per assicurare e rendere attiva la partecipazione pubblica. Abbiamo chiesto a Federico Gasperini, responsabile della commissione acqua e difesa del suolo di Legambiente Toscana, di fornirci indicazioni sugli obiettivi della giornata.

«Legambiente, con un coordinamento assegnato alla Toscana sta elaborando le osservazioni al Piano di gestione del distretto, che riguarda anche molte altre regioni ma principalmente Liguria, Emilia Romagna e Marche. In collaborazione con l'Autorità di bacino abbiamo voluto organizzare questo momento di confronto su uno dei temi del Piano di gestione restringendo l'attenzione al territorio della nostra Regione. Legambiente dirà la sua nel merito del tema, ed ha avuto il ruolo di facilitare la partecipazione di portatori di interesse non istituzionali. Ricordo che sono pochissime le osservazioni alla bozza preliminare di Piano pervenute da parte di associazioni o cittadini, del resto questo tema è rimasto talvolta sconosciuto anche agli stessi addetti ai lavori.

Invece si tratta di pianificare la gestione di acque superficiali e sotterranee per i prossimi 20 anni». Come mai avete concentrato l'attenzione solo sugli ecosistemi fluviali? «E' un tema che ci sta particolarmente a cuore, inoltre fiumi e torrenti in Toscana e anche nel distretto, hanno un peso specifico notevole: senza contare il bacino interregionale del Magra, sono oltre 600 i fiumi toscani analizzati nel Piano su 1359 corpi idrici di acque superficiali individuati in tutto il distretto, numero quest'ultimo che comprende anche acque di transizione, laghi, acque marine costiere. E poi una giornata sola non è sufficiente per affrontare in modo compiuto tutti gli argomenti proposti nel Piano di gestione».

Come stanno i fiumi nella nostra Regione? «Una risposta secca è difficile darla e ci sono differenze area per area. Soffermandoci solo sul bacino dell'Arno, il più vasto di tutto il distretto, secondo quanto riportato nel Piano oggi il 56% dei fiumi è nello stato buono (l'obiettivo previsto dalla direttiva) e al 2015 questa percentuale secondo le stime dovrebbe salire al 64%. Un altro 26% dovrebbe raggiungere l'obiettivo al 2021 e un 10% di fiumi dovrebbe centrare l'obiettivo al 2027. Anche se le proroghe sono ammesse nella normativa si osserva come un 36% di fiumi non raggiunge l'obiettivo al 2015. Ricordiamo poi che la classificazione è stata fatta in base ai dati esistenti, non poteva essere altrimenti, reperiti su matrici, parametri e con metodiche diverse da quelle previste dalla direttiva 2000/60/CE. Nonostante il lavoro di adeguamento riteniamo che il quadro emerso sia leggermente ottimistico e che la realtà sia diversa, purtroppo peggiore, e quindi il Piano che sarà approvato a dicembre dovrà essere poi modificato nelle misure adottate per raggiungere gli obiettivi».

Più ombre che luci quindi? «Diciamo che rimane molto da lavorare, investire risorse, e accompagnare il percorso tecnico con una pianificazione e programmazione partecipata, necessaria ad una crescita culturale del nostro Paese che altrimenti anche su questo tema, come in altri di carattere ambientale, rischia di continuare a rimanere indietro rispetto ai partner europei di riferimento».

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