[15/10/2009] News
FIRENZE. Con ben 7 tra le prime 10 città più care, la Toscana si conferma la regione con le tariffe per il Servizio idrico integrato (Sii) mediamente più alte a livello nazionale, ma costi sopra la media nazionale si riscontrano anche in Puglia, Umbria, Emilia Romagna, Marche, Basilicata e Sicilia. Questo quanto emerge dall'indagine svolta dall'Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva (dati 2008), realizzata in tutti i capoluoghi di provincia. I dati riguardano il Sii (acquedotto, canone di fognatura, canone di depurazione, e quota fissa o ex nolo contatori) e sono riferiti ad una famiglia tipo di tre persone con un consumo annuo di 192 metri cubi di acqua, in linea con quanto calcolato dal Comitato di vigilanza sull'uso delle risorse idriche (Coviri) comprensivi di Iva al 10%. Oltre ai dati assoluti, lo studio riporta anche l'incremento del costo dell'acqua riscontrato nell'ultimo anno: sono quindici le città con aumenti percentuali a due cifre, con in testa le due città della Campania Salerno (+34,3%) e Benevento (+31,9%), seguite da Parma in Emilia Romagna con il 21,4%. Aumenti consistenti, sopra il 10%, anche in Basilicata (Potenza e Matera), Veneto (Padova e Verona), Lombardia (Lodi, e Cremona), Piemonte (Verbania, e Novara), Marche ( Urbino e Ancona) e Friuli (Gorizia).
A livello nazionale nell'ultimo anno, il costo dell'acqua ha registrato un incremento medio del 5,4% rispetto al 2007 e la spesa media per la famiglia di riferimento ammonta a 253€. Purtroppo l'aumento della spesa non corrisponde sempre ad un aumento della qualità dell'acqua erogata e del servizio offerto. Ormai il ricorso alle deroghe previste del resto dal D.Lgs. 31/01 (che norma il settore) e concesse dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali è in continuo crescendo: nel 2002 solo la Campania ne aveva fatto ricorso, accompagnata nel 2003 da altre 2 regioni, per complessivi 5 parametri "fuorilegge" (fluoro, cloruri, magnesio, sodio, solfati), oggi sono 8 le regioni in deroga (Lazio, Lombardia, Piemonte, Trentino, Umbria, Toscana, Campania, Puglia), per un totale di 7 parametri: arsenico, boro, cloriti, fluoro, selenio, trialometani e vanadio. Il Lazio è la Regione con il maggior numero di amministrazioni comunali interessate da deroghe, ben 84 (nel 2006 erano 37) per 5 parametri, segue la Toscana con 21 comuni (ma il trend è in miglioramento visto che nel 2008 erano 69 e nel 2005 92) e tre parametri.
«Il settore idrico può essere preso a paradigma delle tante facce dell'Italia - ha sottolineato Teresa Petrangolini, segretario generale di Cittadinanzattiva- al Nord si investe di più, le tariffe sono mediamente più basse, così come la dispersione, ma tre regioni sono in deroga per parametri microbiologici e chimici eccessivamente alti come l'arsenico. Al Sud invece non si investe, la rete è un colabrodo, e anche se i parametri di potabilità sono migliori che al Nord, le continue interruzioni del servizio in molti casi non favoriscono il consumo dell'acqua di rubinetto. Il Centro, dal canto suo, si contraddistingue per le tariffe medie più elevate. In generale, a fronte di una crescita costante delle tariffe, la qualità del servizio è carente- ha continuato Petrangolini - si continua a far pagare il canone di depurazione anche in assenza del servizio, la dispersione idrica è ormai pari ad un terzo del volume di acqua immessa nelle tubature e il regime delle deroghe da transitorio rischia di diventare perpetuo. Alla luce di tutto ciò, crediamo non più rinviabile allargare le competenze dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas anche al servizio idrico, rafforzandola con reali poteri d'intervento, mentre guardiamo con preoccupazione alla privatizzazione in un settore nel quale i livelli di tutela dei cittadini sono pressoché nulli» ha concluso il segretario generale di Cittadinanzattiva.
In un settore frammentato e complesso come quello della risorsa idrica, disomogeneo e dagli equilibri instabili come quello del Sii, a trarre conclusioni precipitose si rischia di dare indicazioni fuorvianti. Alcuni punti rilevati dall'inchiesta di Cittadinanzattiva devono essere però sottolineati: la qualità dell'acqua idropotabile deve essere migliorata per sgombrare il campo da pregiudizi che ne limitano l'uso come acqua da tavola da bere; deve inoltre essere migliorata anche la qualità delle acque reflue restituite al territorio completando e rendendo più efficienti i sistemi di depurazione. Come si intuisce sono necessarie risorse economiche che non possono tutte arrivare dalla tariffa come ormai riconosciuto da molti. Ci vuole poi un qualificato sistema di regolazione e pianificazione che sappia fare un controllo anche sull'ente gestore, qualunque esso sia. Ma è necessario che qualcuno controlli anche il controllore dato che le Autorità di ambito territoriale ottimale (Aato), spesso con scarsi e mezzi a disposizione e strutture tecniche non qualificate, non sempre si sono dimostrate all'altezza del compito. In un sistema fragile i "poteri forti", rappresentati dalle multinazionali che operano nella gestione del settore idrico, volente o nolente, condizionano gli equilibri non sempre a vantaggio dei cittadini e dell'ambiente.