[16/10/2009] News
ROMA. Il tasso di perdita della biodiversità mondiale sta preoccupando sempre di più la comunità internazionale. La diversità biologica è rappresentata infatti dall'attuale situazione della ricchezza in cui si manifesta la vita sul nostro pianeta, attraverso i patrimoni genetici delle forme viventi, le specie di animali, piante, funghi, microrganismi e batteri che oggi sono presenti sulla Terra ed i differenti ecosistemi che la caratterizzano. Ad oggi gli scienziati hanno scoperto circa un milione ed 800.000 specie ma si ritiene che le specie presenti sulla Terra possano essere da 3,6 fino a 100 milioni, con una media di 10 milioni di specie.
Abbiamo soltanto iniziato ad esplorare la vita sulla Terra e le nostre conoscenze sono ancora molto limitate. Pensate ad alcune straordinarie scoperte degli ultimi decenni. I batteri del genere prochlorococcus, sono probabilmente gli organismi più numerosi del pianeta ma, fino al 1988, la scienza li ignorava. Galleggiano nell'acqua in quantità che variano da 70.000 a 200.000 individui al millilitro, moltiplicandosi grazie all'energia catturata dalla luce del sole e costituiscono quel gruppo speciale di plancton definito picoplancton, a causa delle sue dimensioni estremamente piccole.
Un'altra straordinaria recente rivelazione è la scoperta dei cosidetti Slime (Subsurface lithoautotrophic microbial ecosystems - ecosistemi microbici litoautrofici del sottosuolo), incredibili raggruppamenti di batteri e funghi che vivono nei pori dei granuli minerali di rocce ignee al di sotto della superficie terrestre, ricavando l'energia da materiali inorganici e prosperando fino a una profondità di 2-3 chilometri o più.
Nelle affascinanti bocche vulcaniche idrotermali del fondo degli oceani vivono alcune specie di batteri e di archeobatteri in acque con temperature vicine o superiori al punto di ebollizione; il pyrolobus fumarii può riprodursi a 113°, è nelle condizioni migliori a 105° e smette di crescere se la temperatura scende a 90°.
Il grande biologo Edward Wilson, riconosciuto internazionalmente come il "padre" della biodiversità, ricorda nei suoi interessantissimi volumi ad essa dedicati, che l'insieme dei fattori che provocano i processi di estinzione delle forme di vita sul nostro pianeta sono indicati dai biologi della conservazione sotto l'acronimo Hippo (che ricorda il nome inglese dell'ippopotamo): H sta per Habitat destruction, cioè la distruzione diretta degli ambienti, I per Invasive species, cioè le specie aliene o invasive (quelle che noi stessi immettiamo in ambienti che non sono i loro originari), la prima P per Pollution, cioè le varie forme di inquinamento, quindi i nostri scarti solidi, liquidi e gassosi, la seconda P sta per Population, cioè la crescita della popolazione mentre la O sta per Overharvesting, cioè il sovrasfruttamento.
Edward Wilson (nel suo bel libro "Il futuro della vita" pubblicato da Codice Edizioni nel 2004) ritiene che il motore primario delle forze d'incursione in tutto il mondo è costituita dalla seconda P di Hippo e cioè le troppe persone che consumano una quantità eccessiva di terra, di mare e delle risorse terrestri e marine. Wilson ricorda anche, che studi recenti sui gruppi più conosciuti a livello scientifico, i gruppi "focali", tra i quali i vertebrati e le piante da fiore, hanno rivelato che le forze diverse dalla crescita della popolazione umana compaiono nella parola Hippo esattamente nell'ordine di importanza decrescente, con la distruzione dell'ambiente al primo posto e la caccia eccessiva all'ultimo.
Nel periodo del Paleolitico la sequenza era grossomodo quella opposta e cioè Oppih, dalla caccia eccessiva a una distruzione dell'ambiente in proporzione all'epoca, ancora piccola. Oggi la distruzione degli ecosistemi, la loro continua e progressiva trasformazione, la loro frammentazione costituisce il fattore principale di perdita della biodiversità a livello planetario.
Sappiamo di essere in un periodo geologico che è veramente un schiocco di dita rispetto all'intera storia dell'esistenza del pianeta Terra e che viene definito dagli scienziati che studiano il sistema Terra, Antropocene, proprio per caratterizzare il ruolo preminente di straordinaria distruzione e modificazione dei sistemi naturali che esercita la nostra specie, con significativa ed incrementata consistenza dalla Rivoluzione Industriale ad oggi.
Tra le numerose azioni di reazione a questo stato di cose, come ho già ricordato in altri articoli di questa rubrica, la comunità internazionale ha dato vita all'autorevole iniziativa definita Teeb (The economics of ecosystems and biodiversity; il sito è www.teebweb.org), il programma internazionale che mira ad avere il ruolo che ha avuto la cosidetta Stern Review sull'economia del cambiamento climatico dedicato invece alla dimensione economica relativa alla biodiversità. Nel 2008 è stato resto noto un rapporto intermedio di questo affascinante lavoro.
Il rapporto finale del programma sarà reso pubblico in occasione della 10° Conferenza delle Parti della Convenzione sulla biodiversità che si terra a Nagoya in Giappone nell'ottobre 2010 (l'anno che l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dedicato alla biodiversità).
Il rapporto mira a presentare il più autorevole e comprensivo assessment del valore economico della biodiversità e degli ecosistemi ed, ovviamente, dei servizi che gli ecosistemi offrono al benessere umano. Si struttura come una review dello stato delle conoscenze esistenti nell'interazione tra scienze della natura ed economia e svilupperà uno specifico framework di riferimento e delle raccomandazioni metodologiche. Il Teeb mira a rendere più visibile i molti modi in cui noi dipendiamo dalla biodiversità e a rendere chiari i costi ed i problemi che incontreremo se non terremo pienamente conto della biodiversità nelle decisioni da prendere ai vari livelli politici ed economici.
Il rapporto finale sarà anticipato da quattro rapporti destinati agli "utilizzatori". Il primo, dedicato ai policy makers internazionali e nazionali, sarà pubblicato in una prima versione nel novembre di quest'anno. Il secondo, dedicato ai policy makers e agli amministratori locali, sarà reso noto nella primavera 2010, il terzo, dedicato al mondo delle imprese, sarà pubblicato nell'estate del 2010, il quarto dedicato ai cittadini, costituirà un apposito sito web lanciato sempre nell'estate 2010.
Recentemente il Teeb ha reso noto anche un "Climate issues update" con lo scopo di influenzare il processo negoziale verso la 15° Conferenza delle Parti della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici prevista per Copenaghen nel prossimo dicembre. L'Update fa il punto su tre questioni molto importanti relative alle politiche sui cambiamenti climatici: il pericolo dell'imminente perdita degli ecosistemi delle barriere coralline con conseguenze molto serie a livello ecologico, sociale ed economico, il valore delle foreste per la funzione di cattura e stoccaggio del carbonio e la necessità di fermare la deforestazione planetaria approvando un agreement sul legame foreste-carbonio e la necessità di avviare politiche mirate a stabilire "infrastrutture ecologiche" (cioè ripristino e conservazione degli ecosistemi forestali, di tutela delle foreste di mangrovie, dei bacini idrografici, delle zone umide ecc.) in particolare per le loro importanti funzioni nelle politiche di adattamento al cambiamento climatico.