[19/10/2009] News toscana

Tra accumulazione mancata e lavoro in crisi, che fine farà la Toscana?

FIRENZE. Di fronte alla crisi di sistema e al caos che la caratterizza nessuno sa cosa fare. In questo contesto ragionare di crisi in Toscana sembrerebbe quasi inutile se dietro ai numeri non ci fossero persone in carne ed ossa. Persone che pagano salato per una crisi che non hanno determinato ma subito passivamente per decenni un sistema folle di consumo, di competizione-produzione, di appropriazione delle risorse e della natura. Perciò lo sforzo di ragionar di cose nostre bisogna pur farlo, ma il livello della discussione politica e dei comportamenti dei soggetti sociali non ci aiuta.

Le variabili della crisi economica mondiale sfuggono, ma la Toscana ha anche sue proprie difficoltà endogene, da tempo (e non a causa della crescita bassa del Pil perché ciò non spiega come mai la Toscana è e resta una delle regioni dove si vive meglio al mondo), che andrebbero studiate e approfondite, a cominciare dai cambiamenti del lavoro, per distinguerle dagli elementi esogeni della crisi. Perché si è determinato un vero e proprio blocco dell'accumulazione e dell'investimento e chi ha rischiato innovazione e investimenti oggi si trova più esposto di fronte alla crisi?

E di fronte a questa situazione quali sono le vere dimensioni di possibili alternative di sviluppo fuori dalla ripetizione della crescita che ha devastato le aree urbanizzate e si sta mangiando la costa e le aree interne di pregio ambientale?

I distretti industriali che in passato hanno assicurato uno sviluppo locale sufficientemente autonomo rispetto alle variabili esogene dell'economia e un contributo non banale alla tenuta della coesione sociale, cosa stanno diventando?

Mi rendo conto che i nostri governanti locali (dell'opposizione di destra bisogna purtroppo registrare solo l'estremismo che alle prove di governo locale di fronte alla crisi e al caos delle "correnti" mondiali -migrazioni, cambiamenti climatici, violenta appropriazione di risorse- risponde con la demagogia, la concentrazione della ricchezza in poche mani e una idea autoritaria dell'uso della tecnologia, come della politica; il problema è capire perché un così alto numero di toscani dia loro ascolto) hanno molte cose da fare in questo disgraziato frangente e non hanno tempo per rispondere a domande come queste, anche se sarebbe utile per il loro stesso bene.

Infatti le capacità di risposta del sistema Toscana si stanno abbassando pericolosamente ed hanno scarsa relazione con le caratteristiche e con le competenze che ancora ci sono sul territorio e soprattutto con i sistemi di conoscenza diffusa il cui valore è pericolosamente messo in crisi dalle "correnti" del caos a cui si aggiungono, per l'Italia, altrettanto pericolosi conflitti: tra generazioni e tra istituzioni .

Tutto ci dice che non si sfugge alla necessità di ripensare al futuro e ai paradigmi sociali, tecnologici, dei consumi e di conseguenza alle priorità sul piano economico e produttivo. E a partire dalla nostra realtà regionale quale modello sociale è necessario per produrre tale cambiamento e quali interessi e forze sociali potranno sostenerlo.

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