[20/10/2009] News
LIVORNO. La Turchia ha autorizzato i lavori di prospezione geologica per il gasdotto South Stream nella sua Zona economica esclusiva (Zee) nel Mar Nero. L'ufficio stampa del Kremlino ha dato notizia di un colloquio telefonico tra il presidente russo Dmitri Medvedev e quello turco Abdullah Gül, precisando che l'iniziativa era stata presa dalla parte turca.
«Il presidente turco ha annunciato che conformemente ali accordi registrati precedentemente a livello elevato e superiore, il governo turco ha adottato tutte le decisioni necessarie per autorizzare le prospezioni geologiche nella Zee della Turchia nel Mar Nero nell'interesse della messa in opera del gasdotto South Stream - si legge nel comunicato del Kremlino - Medvedev ha ringraziato Gül, esprimendo la certezza che questa decisione contribuirà a rafforzare il carattere strategico delle relazioni bilaterali».
Ieri sera a Milano, dopo un incontro con il vice-premier russo Igor Setchin e il nostro ministre dello sviluppo economico Claudio Scajola, il ministro turco dell'energia, Taner Yildiz, aveva annunciato che oggi «La Turchia rimetterà alla Russia la documentazione che autorizza la posa nelle sue acqua territoriali del gasdotto South Stream». Setchin ha evidenziato il buon lavoro congiunto russo-turco che ha attuato gli accordi presi il 6 agosto durante la visita di Vladimir Putin ad Ankara, quando Silvio Berlusconi irruppe a sorpresa nell'incontro bilaterale per prendersi su South Stream meriti che gli stesi "amici" turchi non gli riconobbero.
L'accordo tra Mosca ed Ankara si basa sulla possibilità di passare con le tubazioni del South Stream nelle acque territoriali turche per alimentare di gas l'Europa meridionale e centrale, in concorrenza con il progetto europeo Nabucco, che punta ad aggirare la Russia via Azerbaigian-Georgia-Turchia e al quale il governo di Ankara affida una grande importanza, sia come grimaldello economico per l'adesione all'Ue sia come porta economica verso l'Asia centrale (in gran parte turcofona) e probabilmente l'Iran. Con il Nabucco, l'Ue spera di ridurre la sua dipendenza dall'importazione di gas russo attingendo direttamente dai giacimenti di Azerbaigian, Kazakistan e Turkmemistan. Un'opera lunga 3.300 km, e che entro il 2012 dovrebbe portare in Europa 31 miliardi di m3 de gas all'anno.
La sfida tra I costruttori dei due gasdotti è enorme, almeno quanto le sue implicazioni geopolitiche e di politica energetica euro-asiatica.
Ma mentre russi e turchi corrono a firmare per proseguire i lavori sotto il Mar Nero, da Parigi arriva una strana notizia (o meglio due). La multinazionale energetica Gas de France-Suez (Gdf-Suez) si è detta pronta ad esaminare la possibilità di investire nel progetto Nabucco e di abbandonare definitivamente la sua adesione al gasdotto South Stream.
Secondo l'amministratore delegato di Gdf-Suez, Gérard Mestrallet il gruppo «Ha già manifestato il suo interesse per Nabucco da due anni, ma la Turchia, che accoglierà la maggior parte della pipeline, ha allora opposto un tacito veto alla sua partecipazione in risposta al riconoscimento da parte del Parlamento francese del genocidio armeno nell'Impero ottomano. Ora, durante la sua visita in Francia, la scorsa settimana, il presidente turco Abdullah Gül ha invitato le compagnie francesi a prendere parte al progetto».
A parte che il genocidio che più brucia nei rapporti tra armeni e turchi è quello perpetrato dai kemalisti repubblicani dopo la rivoluzione nazionalista dei "giovani turchi" (ma probabilmente anche questo artificio storico-lessicale di Gdf-Suez fa parte della "diplomazia delle imprese"), i francesi sembrano volersi precipitare nello spiraglio aperto dalla ripresa dei colloqui tra Ankara ed Erevan che permetterebbero di mettere da parte la disputa sul genocidio degli armeni in nome del realismo economico, anche se questo sta creando in Turchia una forte opposizione della destra nazionalista e della sinistra laica che accusano il governo islamista di voler svendere i filo-turchi azeri e di voler consegnare così definitivamente all'Armenia il Nagorno-Karabah occupato.
Comunque, l'invito del presidente turco e il riavvio dei negoziati con l'Armenia hanno incoraggiato Gdf-Suez a terremotare definitivamente South Stream, mettendo in grosse difficoltà I suoi soci nell'affare: Gazprom e l'italiana Eni. Probabilmente è per questo che I turchi si sono precipitati a firmare le carte russe che avevano nei cassetti da agosto.
Per rabbonire I russi, Gdf-Suez sembra intenzionata ad acquisire una partecipazione in Nord Stream, l'altro mega-gasdotto ad egemonia di Gazprom che collegherà la Russia all'Euroipa attraverso il Mar Baltico.
Per un francese che va probabilmente ci sarà un francese che arriva: il 16 ottobre Gazprom (che probabilmente già sospettava il voltafaccia di Gdf-Suez) aveva annunciato che avrebbe potuto firmare un accordo con Electricité de France (Edf) per integrare la multinazionale energetica francese nel progetto di realizzazione del South Stream.
Venerdi scorso il capo di Gazprom Alexei Miller era a Parigi, dove ha incontrato il direttore generale di Edf Pierre Gadonneix per discutere delle prospettive della cooperazione bilaterale nel settore energetico (chissà se hanno parlato anche delle scorie nucleari francesi abbandonate a cielo aperto in Siberia?), e in particolare della partecipazione francese alla realizzazione del troncone sottomarino di South Stream.
Sercondo quanto si legge in un comunicato di Gazprom «Miller e Gadonneix hanno espresso la loro opinione comune secondo la quale la messa in opera del progetto South Stream contribuirà a diversificare gli itinerari di trasporto del gas ai consumatori europei, il che rafforzerà nella stessa occasione la sicurezza energetica del continente».
La roulette del gas promette comunque buoni affari e francesi e turchi hanno deciso di giocare su entrambi i tavoli che si stanno allestendo in Turchia: South Stream vale più di 10 miliardi di dollari per costruire 900 km di tubazioni che dopo le profondità del Mar Nero attraverseranno, con itinerari ancora da definire, solo Paesi dell'Unione europea, rafforzando il cordone ombelicale energetico con la Russia.