[21/10/2009] News
LIVORNO. Secondo il Times of India il Partito del congresso, al potere a New Delhi con l'United progressive alliance (Upa), si è lavato pilatescamente le mani della controversia politica innescata dal ministro dell'ambiente e delle foreste Jairam Ramesh, che ha chiesto un drastico cambiamento nella posizione del Paese riguardo al cambiamento climatico.
Durante i recenti colloqui con il ministro dell'ambiente giapponese, Sakihito Ozawa, Ramesh ha sottolineato l'importanza del protocollo di Kyoto e la necessità che i Paesi sviluppati rispettino gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra e Ozawa ha riconosciuto che «Questo è essenziale per il risultato positivo del vertice delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici a dicembre», ma il ministro indiano non intende immolarsi in difesa del Protocollo di Kyoto così come è. Una posizione molto simile a quella dei Paesi sviluppati.
Il Partito del Congresso prende le distanze da Ramesh dopo che il governo è stato duramente attaccato dalla destra induista del Bjp e dalla coalizione di sinistra che accusano il ministro dell'ambiente di cedere alle pressioni dei Paesi occidentali.
Un imbarazzatissimo portavoce del Congess Party, Abhishek Singhvi, ha convocato la stampa per passare la patata bollente all'esecutivo: «Cerchiamo di essere molto chiari: un chiarimento in tal senso dovrà essere ricercato sia dal ministro che dal gabinetto del primo ministro. Questa è una questione su cui il partito non vorrebbe dire niente».
La vicenda é venuta a galla dopo che il Times of India ha reso nota una lettera di Ramesh al primo ministro Manmohan Singh, nella quale si chiede una pieno coinvolgimento dell'India negli obblighi del Protocollo di Kyoto e di accettare obiettivi di riduzione delle emissioni anche senza una loro compensazione integrale.
Gli uffici del primo ministro minimizzano: «Questo è solo uno degli appunti per la discussione. La questione verrà deliberata nelle sedi appropriate. La decisione si baserà sul consenso e sarà presa con la sanzione del Parlamento del Paese». Qualcosa di molto diverso dalla dichiarazione rilasciata dal ministero dell'ambiente indiano dopo l'incontro con la delegazione giapponese, nella quale Ramesh diceva che azioni volontarie ed appropriate i prese dai Paesi in via di sviluppo a livello nazionale non possono essere equiparate agli impegni dei Paesi sviluppati e che anche l'India dovrebbe o puntare a «Metodi costruttivi per migliorare tali azioni ed aumentare la fiducia internazionale che potrebbe essere ricercati all'interno dei principi della Convenzione e del Protocollo di Kyoto».
La nota indo-giapponese ha scatenato un putiferio all'interno della coalizione di governo dell'United progressive alliance ed uno dei componenti della delegazione indiana ai negoziati di Copenhagen ha minacciato le dimissioni in segno di protesta perché la posizione di Ramesh sconfessava qualla ufficiale dell'India ai recenti Climate change talks di Bangkok (e al G20 di Londra) dove lo scontro con il fronte dei Paesi sviluppati, e gli Usa in particolare, è stato molto forte.
La destra del Bjp è all'attacco e accusa Ramesh di essere più o meno al servizio degli Usa che vogliono sostituire il Protocollo di Kyoto con una nuova intesa che preveda tagli di gas serra vincolanti almeno per i Paesi emergenti, come Cina ed India.
Fonti del partito del congresso hanno espresso sorpresa per la proposta di Ramesh, «Data l'adesione ferma del Paese al protocollo di Kyoto» e temono che questa polemica possa indebolire il governo, criticando Ramesh per una lettera al primo ministro che poi è finita sui media».
Ma induisti e comunisti non mollano l'osso: il segretario del Bjp Arun Jaitley ha deplorato lo «Sforzo di modificare la posizione negoziale dell'India sul cambiamento climatico» ed ha definiti il comunicato indo-giapponese e la lettera un atto di sabotaggio. «E' il ministro dell'ambiente che esprime un suo punto di vista personale o è un cavallo di Troia per conto di una lobby più grande? - si chiede Jaitley - Se queste sono le sue opinioni personali, egli può continuare ad essere il negoziatore principale dell'India per il cambiamento climatico? Ma se lui è il portavoce oppure un "trial balloon" per una lobby più grande, la questione acquista ancora maggiore gravità. Si tratta, in tal caso, del regalo dell'United progressive alliance agli Stati Uniti ed agli altri Paesi sviluppati, a danno dei poveri indiani». Il populismo e il nazionalismo si spreca e fa dimenticare quanto sia stata premurosa ed amichevole la destra indiana con gli Usa quando era al governo...
Secondo il Bjp il cambiamento di posizione del ministro «Costringerà l'India a prendere obiettivi obbligatori di emissioni, ritardando la crescita che può avere il Paese, e dissocerà il Paese dal blocco dei G-77 dei Paesi in via di sviluppo, con ripercussioni per l'India nei negoziati dell'Organizzazione mondiale del commercio».
Brinda Karat, una parlamentare del Partito comunista dell'India (marxista), ha scritto a Ramesh per chiedere chiarimenti, sottolineando che il contenuto della lettera il ministro dell'ambiente esprime posizioni in contraddizione con quanto aveva espresso prima in una lettera ai membri del Parlamento. L'esponente del politburò del PcI(M) scrive: «La tua lettera del 29 settembre conteneva almeno un impegno formale nel quadro dell'Unfccc e del protocollo di Kyoto, al quale ora sembri aver rinunciato, in una maniera che più o meno riflette la posizione degli Stati Uniti. Tu proponi un'azione unilaterale da parte dell'India, senza alcun collegamento con le richieste di tagli delle emissioni da parte del mondo sviluppato».
Secondo il PcI (M) «La linea Ramesh avrà gravi conseguenze per la posizione negoziale dell'India nella prossima conferenza di Copenaghen» e chiede al governo di farne piazza pulita e di presentarsi al Parlamento per una discussione globale sulla questione».
Se Ramesh ha provato a far spiccare il volo ai negoziati di Copenhagen, il suo poco coraggioso partito, la destra e la sinistra di opposizione, gli hanno già tarpato le ali... e ora rischia anche di perdere le penne di ministro.