[22/10/2009] News

Navi dei veleni, editoriali e ambientalisti immaginari

LIVORNO. In questi ultimi giorni, anche sui giornali toscani, qualche illustre firma si è chiesta dove fossero gli ambientalisti quando venivano affondate in mare "le navi dei veleni". Qualcuno ha ipotizzato in preoccupati editoriali che fossero troppo impegnati a trastullarsi con Golette verdi e battaglie per salvare le volpoche e contro le autostrade e i ponti (che magari gli stessi editorialisti avevano attaccato qualche settimana prima in elzeviri pieni di sacra indignazione) e lo sviluppo per accorgersi di quel che stava succedendo nel nostro mare...

Un riflesso condizionato di molta stampa italiana che è la spia di un disinteresse ed una sottovalutazione di quel che fanno e dicono le associazioni ambientaliste, se non come presentazione di un'immagine di comodo e spesso caricaturale (gli amanti degli uccellini e dei fiorellini, oppure, al contrario, i signor No che non vogliono il progresso e lo sviluppo)  che si fa così diventare immaginario comune, il segno forse anche di una debolezza politica dell'ambientalismo italiano o forse della politica ambientalista.

Ma la topica informativa presa da molti giornali e giornalisti stavolta è colossale: sono state le associazioni ambientaliste, in particolare Legambiente e Wwf, a denunciare per prime l'esistenze delle navi dei veleni, ascoltate spesso solo da qualche eroico rappresentante delle forze dell'ordine e da qualche  magistrato (spesso senza mezzi) e ignorate, o fatte passare  come una favoletta fantascientifica noir,  da molti organi di informazione. Un po' di sensazionalismo e poi si passa ad altro, fino a dimenticare.

Eppure fin dal 1985, addirittura in Parlamento, quando Edo Ronchi militava ancora in un partito scomparso (Democrazia Proletaria) e non avrebbe mai pensato che sarebbe diventato uno dei migliori ministri dell'ambiente che abbia avuto l'Italia,  fu proprio la sinistra ambientalista a sollevare il caso dei fanghi rossi di Scarlino e del Tirreno usato come pattumiera per i rifiuti tossici e nocivi, eppure, spesso nell'indifferenza dei media, Legambiente e Wwf hanno sfornato dal 1995 ad oggi una serie di dossier abbastanza impressionanti per la precisione delle denunce: Rifiuti radioattivi: il caso Italia (1995); L'intrigo radioattivo (1996); Le navi dei veleni - Cronistoria di un intrigo internazionale (2004); Le navi a perdere (dal Rapporto Ecomafia 2006); Inchiesta de La Nuova Ecologia - "Le navi a perdere" (2008); Elenco Navi Affondate nel Mediterraneo 1979 - 2001 (2009). Legambiente nel 2008 ha addirittura istituito il  Comitato per la Verità «per fare chiarezza sulle navi dei veleni e sui traffici nazionali e internazionali di rifiuti e materiali radioattivi», nel 2005 ha pubblicato il libro "Terre Blu" - Protagonisti, episodi e racconti di mare, che si occupa anche delle navi dei veleni e nel 2008 "Navi a perdere", di Carlo Lucarelli, che anticipa e svela l'intrigo che oggi é finito, tra lo stupore di tutti, negli editoriali dei giornali.

La verità è che è duro ammettere di aver preso una cantonata e gli ambientalisti "giocherelloni" e rompicoglioni  che si occupano di cose inconsistenti fanno sempre comodo, ma il ritrovamento il 12 settembre del relitto di un mercantile carico di fusti sospetti al largo di Cetraro (Cs), conferma le denunce di Legambiente sulle "navi a perdere", affondate in mare volontariamente per smaltire in modo rapido e illegale rifiuti tossici e radioattivi. «È bastato che un magistrato volesse fare chiarezza per trovare le prove di quanto più volte denunciato da Legambiente dalla metà degli anni '90 in numerosi dossier - dicono al Cigno Verde -  Una delle principali battaglie ambientaliste di sempre ha finalmente trovato riscontri inoppugnabili. Il ritrovamento pone le premesse per una immediata azione delle Istituzioni per riportare a galla la verità fino ad oggi rimasta in fondo al mare. Utilizzando le tecnologie già disponibili occorre recuperare al più presto tutti i relitti con i relativi carichi di veleni e procedere all'immediata bonifica. È in gioco la salute dei cittadini e del delicato ecosistema del Mediterraneo».

Il 20 ottobre i sindaci dell'Alto cosentino erano a Roma davanti Palazzo Chigi  (praticamente ignorati dalla Tv se non come sfondo per una comparsata di Ballantini-Maroni a Striscia la Notizia) per chiedere che «Lo Stato non ignori la richiesta d'aiuto dei Sindaci e dei cittadini preoccupati per la grave situazione che minaccia il loro futuro. Lo Stato batta un colpo e dimostri di essere pienamente coinvolto nella risoluzione di una vicenda grave e preoccupante che mette a rischio la salute dei cittadini, il futuro dell'ambiente e dell'economia di una parte preziosa del Belpaese».

Insieme a loro c'era anche il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza  che dice: «La preoccupazione dei sindaci rispecchia l'allarme e le paure dei cittadini che ci scrivono per chiedere aiuto affinché la verità sul relitto affondato venga finalmente a galla e i cittadini possano essere informati e rassicurati sul loro futuro». E che stavolta gli ambientalisti siano davvero in sintonia con quella "gente" che i giornali li accusano spesso di ignorare lo testimoniano anche lettere come questa inviata un ragazzo di S.Agata D'Esaro: «Gent.ma Associazione Ambientalista Legambiente, il nostro territorio comunica con quello di Cetraro, luogo dove è stata affondata una nave con rifiuti, dicono radioattivi. La notizia è stata data da molti giorni ed ancora non si riesce a capire cosa ci sia davvero in questi fusti. (...) la paura è tanta specie per il futuro dei più piccoli. (...) Ci stanno avvelenando con un veleno lento e silenzioso molto più doloroso di una morte rapida e improvvisa...».

Il 24 ottobre Legambiente- che non si può certo accusare di ignorare la complessità della gestione rifiuti, come invece fanno e hanno fatto i media e gran parte della politica pure in questa eclatante circostanza che è figlia proprio di una nefasta gestione del ciclo integrato dei rifiuti speciali -  ha convocato una manifestazione nazional ad Amantea sotto lo slogan "A galla la verità" per chiedere che «Il governo faccia la sua parte e dia risposte immediate nell'interesse dei cittadini della Calabria. La Calabria e l'Italia non possono più aspettare». Sarà l'occasione per vedere quanto la cosa interessa davvero il mondo dell'informazione italiana, per capire quanto e come Tg e giornali riporteranno le proposte e denunce degli ambientalisti che negli anni sono diventate proposte e denunce di sindaci e cittadini.

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