[23/10/2009] News
BRUXELLES. Uno studio apparso su Public Library of Science (PLoS) One e finanziato anche dall'Unione europea, ha analizzato per la prima volta la capacità delle diatomee di trasportare e metabolizzare l'anidride silicica. Secondo il bollettino scientifico europeo «Le scoperte aiuteranno a comprendere qual è il ruolo rivestito da questa specie di alghe nei cicli biogeochimici degli oceani».
Lo studio è stato in parte finanziato dal progetto "Marine phytoplankton as novel model organisms for genomic and post-genomic studies of environmental sensing and niche adaptation" (Margen), dalla Rete di eccellenza Marine Genomics ("Implementation of high-throughput genomic approaches to investigate the functioning of marine ecosystems and the biology of marine organisms") e dal progetto Diatomics ("Understanding diatom biology by functional genomics approaches").
I ricercatori del Diatomic, al quale partecipa anche Chris Bowler del laboratorio molecolare della Stazione Zoologica di Napoli, spiegano che «Le diatomee sono eucarioti fotosintetici che forniscono approssimativamente circa un quarto dello stoccaggio globale del carbonio e circa un quinto dell'ossigeno che respiriamo (più o meno quanto le foreste tropicali, ndr). Incredibilmente, si sa molto poco sulla loro biologia di base e su come essa sia influenzata dai cambiamenti ambientali».
Il Diatomics project affronta questi problemi delle diatomee marine utilizzando informazioni basate su due sequenze complete del genoma di diatomee». Altri importanti settori di ricerca riguardano il sequestro del carbonio, l'acquisizione di nutrienti, il rischio di fioriture algali e il biofouling». Il progetto dovrebbe portare allo sviluppo «di marcatori non-neutral , che possano essere utilizzati per valutazioni e eco fisiologiche delle diatomee in ambienti naturali, in risposta alle mutate condizioni ambientali». Inoltre, un "subset" di geni potrebbe essere utilizzato per realizzare un riso Ogm.
Ma le vie delle diatomee sembrano infinite ed imprevedibili. Lo studio pubblicato su PLoS-One e realizzato dall'equipe coordinata da Pascal Jean Lopez del Centro nazionale francese della ricerca scientifica (Cnrs) ha analizzato il meccanismo che controlla la formazione delle strutture extracellulari simili al vetro che caratterizzano le diatomee. Un mistero, visto che fino ad oggi nessuno ha compreso come questi organismi assimilano, immagazzinano e trasportano il silicio.
I ricercatori del Cnrs si sono concentrati su la diatomea Phaeodactylum tricornutum, ed hanno dimostrato che «Durante lo sviluppo delle diatomee deve essere stato particolarmente favorito un determinato raggruppamento di geni, fattore che potrebbe aver consentito una più spiccata ottimizzazione delle reazioni ai vari stimoli ambientali. Sono stati identificati alcuni geni probabilmente coinvolti nell'immagazzinamento e nel metabolismo del silicio, come anche alcuni geni coinvolti nel trasporto del silicio. I ricercatori hanno inoltre rilevato che l'aumento della capacità di adeguarsi a livelli variabili di silicio negli ambienti marini può essere legato alle regolazioni globali da gene a genoma, alla regolazione post-trascrizionale e alla distribuzione spaziale delle proteine».
Il silicio, essenziale per lo sviluppo di molte specie di diatomee, non ha invece un ruolo fondamentale per la la Phaeodactylum tricornutum (nella foto), un'alga diffusa in molte parti del mondo e spesso in aree costiere con grandi oscillazioni della salinità. La Phaeodactylum tricornutum è stata scelta perché è la prima diatomea pennata per cui sono disponibili dati completi sul genoma. I ricercatori volevano scoprire se avrebbe ancora cercato di assimilare silicio.
«Le cellule di queste alghe - spiega lo studio - sono contenute in un'eccezionale parete cellulare di silicato. L'anidride silicica biogenica che costituisce la parete cellulare è sintetizzata per via intracellulare mediante la polimerizzazione dei monomeri dell'acido di silicio. Il materiale viene successivamente spinto all'esterno della cellula e si aggiunge alla parete. La decomposizione delle diatomee è alla base della conversione di questi silicati in sedimenti. Lo svolgimento di ulteriori studi consentirà di acquisire più conoscenze nel campo della chimica del vetro e di meglio comprendere le variazioni ambientali associate al silicio e ai cicli del carbonio».
Le applicazioni tecnologiche future di questa scoperta potrebbero essere sorprendenti, sia in campo energetico che in quello dei nuovi materiali "biologici".