[26/10/2009] News
ROMA. Un folto pubblico ha assistito presso l'Auditorium della sede dell'Ispra all'incontro promosso da Ispra e Catap sulla protezione delle dune costiere. Molti giovani studenti, professionisti, dipendenti pubblici e alcuni amministratori hanno seguito i lavori della giornata fitta di contenuti. "Sos dune", un titolo così non si sentiva da tempo per un Convegno! Un richiamo di attenzione voluto dagli organizzatori per mettere insieme le conoscenze, le competenze, le buone pratiche e le possibili azioni. E' stato lanciato un messaggio di allarme che ci riporta alle prime battaglie ambientaliste alla fine degli anni '70 perché è emersa la drammatica urgenza di salvaguardare questi paesaggi costieri che hanno creato l'immagine dell'Italia mediterranea orientata allo sviluppo del turismo.
Decine di migliaia di chilometri di coste basse che potevano costituire un patrimonio inesauribile di rendita economica sono state purtroppo stritolate da un eccesso di urbanizzazioni e da un depauperamento strutturale che è sempre più accentuato per cui le aree residue sono tutt'oggi in continuo declino. Questa considerazione è stata ampiamente illustrata con i contributi scientifici esposti nella mattinata.
Il moderatore Giuseppe Gisotti, decano della tutela del paesaggio e oggi promotore di Catap un coordinamento tra associazioni che pubblica la rivista Geologia ambientale, ha introdotto i lavori della giornata. Luciano Bonci dell'Ispra ha illustrato il lavoro di approfondimento scientifico compiuto con l'aiuto di molteplici esperti per la realizzazione di un documento tecnico che viene fornito a tutti presenti in un CD contenente le schede dei siti significativi tra i quali figura anche il sistema dunare di Lacona dell'Elba. Molti autori che hanno svolto specifici approfondimenti saranno poi i relatori della giornata.
L'autorevole botanico Sandro Pignatti dell'Università di Roma. ha messo a confronto i dati delle ricerche che ha svolto nel 1959 e nel 2009 su alcuni settori dunari del litorale veneto. Una grande testimonianza di conoscenze che ha consentito di interpretare il processo di impoverimento dei biotopi e delle componenti vegetazionali ivi presenti che fanno emergere i nodi della vulnerabilità e gli ambiti in cui vi sono maggiori possibilità di invertire il processo di dequalificazione.
Le dune sono ambienti costruiti dall'azione del vento, dalla deposizione della sabbia, ma anche dall'azione della vegetazione che riesce ad inserirsi nello scenario, ha spiegato Pignatti. Si tratta di un ambiente estremo con un elevato stress termico che è molto significativo proprio in coincidenza del passaggio tra l'arenile e le dune arretrate, già consolidate e coperte da formazioni legnose. In quella zona di dune embrionali le piante pioniere esercitano tutto il loro potere costruttivo poiché predispongono le condizioni ecologiche per il successivo impianto di specie consolidanti. Si tratta di piante perenni che un po' alla volta coprono la superficie sabbiosa trattenendo i granuli sabbiosi. Cosa accade oggi? I litorali sono sottoposti a puliture meccaniche, a livellamenti, quando non entrano in gioco modifiche ancora più pesanti, come l'apertura di strade, l'asportazione delle sabbie e delle posidonie spiaggiate, ecc. In quelle condizioni vegetano solo le piante annuali che hanno brevi cicli e quindi non svolgono le funzioni di prima copertura. In tali ambiti infine trovano buon gioco le specie aliene, come il Fico degli ottentotti o Carpobroto, introdotto negli anni '50 con intenti positivi ma oggi chiaramente invasivo e competitore delle specie indigene molto più fragili. Cosa accade altrove? In diverse situazioni mostrate dal docente, in Olanda, in Francia, ecc. si vedono volontari che raccolgono le piante invasive laddove vi sono progetti di conservazione che spesso coinvolgono necessariamente numerose collaborazioni spontanee. Pignatti segnala che la variazione constatata dal '59 al 2009 nella composizione floristica delle dune venete, indagata secondo i criteri di Ellenberg che ha proposto di analizzare le specie vegetali come indicatori ecologici, evidenzia che il fattore temperatura assume un riferimento da interpretare. La scala da 1 a 12 proposta da Ellenberg applicata ai rilievi di Pignatti ci ha informato che la il gradiente termico dei popolamenti vegetali del '59 era 7,22 mentre quello attuale è 7, 45. In chiusura viene quindi a galla una possibile conferma di un segnale di oggettivo fenomeno di riscaldamento di tali ambienti.
Luciano Onori dell'Ispra ha analizzato il processo di frammentazione degli habitat dunari che porta conseguenze molto gravi alla qualità ambientale. Segnala le casistiche di disturbi e minacce che hanno incidenze molto nette e diversificate. Con una tabella ha evidenziato i caratteri utili per definire lo stato di conservazione di un biotopo: estensione spaziale, severità delle minacce, irreversibilità dei processi. Evidenzia un comportamento generalizzato di scarsa attenzione da parte degli enti competenti, conclude segnalando che il lifting che talora viene svolto con l'attuazione di interventi molto costosi è spesso troppo oneroso e non risolutivo, se non è accompagnato da misure complementari. Il paradigma è quindi mantenere laddove è possibile e ripristinare quando si può.
Vi sono stati quindi diversi interventi specialistici per gli aspetti tecnici. In particolare, quelli relativi alla vivaistica delle specie vegetali delle dune (Paolo Vernieri dell'Università di Pisa), gli aspetti di ingegneria naturalistica e le applicazioni positive già effettuate da Sauli. Il protocollo del gruppo Dune lanciato con il progetto Life dal parco di Migliarino San Rossore darà il via ad una adesione volontaria per rafforzare la cooperazione tra coloro che vogliono battersi per la tutela di questi ambienti.
Per conto del Parco Nazionale Arcipelago Toscano ho espresso la stretta collaborazione tra l'Ente e un gruppo di volontari che si stanno organizzando per costruire attraverso un percorso partecipato un gruppo di soccorso per le dune di Lacona, oggi in gran parte private. Nonostante la normativa di tutela esistente e l'inclusione nel perimetro dell'area protetta, il processo di impoverimento continua poiché bisogna rafforzare la custodia e la cura attenta per arginare i comportamenti inadeguati che si originano per la mancanza di una gestione quotidiana, che possa garantire la sorveglianza e la manutenzione ordinaria, che si sviluppano quando vi è attenzione e rispetto del proprio territorio. Per favorire questa iniziativa verrà a breve lanciata una campagna di comunicazione che dovrebbe portare anche alla creazione di una formula di azionariato collettivo per riacquisire alcune aree ex demaniali in proprietà pubblica. Parallelamente alla fase volontaristica è stata avviato un confronto con alcuni operatori locali del turismo che vedono positivamente il processo di qualificazione paesaggistica del loro territorio frequentato spesso da campeggiatori e turistici nordici che apprezzano la spiaggia e la dimensione ancora selvaggia dei luoghi. Per i contatti formali e le procedure si stanno programmando gli incontri con la proprietà e con l'amministrazione comunale di Capoliveri al fine di tracciare una concreta fattibilità dell'acquisizione e della possibile gestione ordinaria, con finalità di valorizzazione ed educative del sistema relittuale tuttora esistente e perciò, di grande significato per il mantenimento di una realtà altrove andata irrimediabilmente persa. Un impegno civile e l'orgoglio di lasciare a quest'isola un lembo del suo paesaggio costiero autentico, una cartolina vera e viva, quindi almeno una volta non solo un'immagine cartacea della storia di questi luoghi.