[28/10/2009] News
LIVORNO. Our Planet Reviewed é una grande campagna mondiale che prevede una serie di operazioni per "inventariare" e completare nei prossimi anni la conoscenza della biodiversità in 11 hot spot del pianeta. Tra le grandi regioni del mondo interessate da questo programma - si legge in un documento di Pro Natura International e del Muséum national d'Histoire naturelle francese - la regione Africa è la prima presa in considerazione nel periodo 2008-2009 per realizzare delle spedizioni "chirurgiche" mirate su dei siti critici, ad alto valore aggiunto in materia di biodiversità».
Per le ricerche in Africa sono previsti 4 milioni di euro che arrivano dalla Fondazione Prince Albert II di Monaco, da Total Foundation, Stavros Niarchos Foundation. Ad Our Planet Reviewed partecipano numerosi istituti di ricerca e partner istituzionali.
Si tratta della "Fase 3" del progetto iniziata ad aprile con una spedizione marina della nave oceanografica "Vizconde de Eza", con l'obiettivo di studiare la fauna acquatica del Canale del Mozambico; nel giugno-luglio 2009 un'altra esplorazione a bordo del peschereccio per la pesca dei gamberi "Miriky" ha esplorato le profondità tra i 100 e i 1.000 metri nel North Mozambique Channel; Tra aprile e giugno del 2010 la spedizione "Atimo Vatae marine" si occuperà della biodiversità delle acque fredde della regione di Fort Dauphin, all'estremo sud del Madagascar.
«I naturalisti si trovano, in questo inizio del XXI secolo, in una situazione paradossale - spiega Pro Natura International - Da una parte, nel corso degli ultimi 20 anni, hanno preso conoscenza dell'immensità della grandezza della biodiversità e sono passati da "Conosciamo 1,6 milioni di specie, e ne restano poche altre da scoprire" a " Conosciamo 1,8 milioni di specie, ma il numero reale si situa probabilmente tra gli 8 ed i 30 milioni". Le specie conosciute e denominate rappresentano quindi tra il 5 ed il 20% del numero reale delle specie. Dall'altro lato, il cambiamento climatico e l'erosione della biodiversità sono al centro delle preoccupazioni sociali per l'ambiente. Non sappiamo se è "un quarto o la metà" delle specie che potrebbe essere scomparsa "da qui alla metà o alla fine del secolo", ma l'ampiezza della crisi della biodiversità è una nozione che non è più contestata. Il paradosso è che, malgrado l'ampiezza degli impegni, il ritmo dell'esplorazione e della descrizione della biodiversità è irrisorio. Al ritmo attuale del progresso delle conoscenze, occorrerebbero da 250 a 1.000 anni per arrivare all'inventario della biodiversità reclamato dai decisori, gli scienziati ed i governanti. Questo è quel che la Convenzione sulla diversità biologica chiama "handicap tassonomico". Occorre quindi cambiare scala e cambiare metodo di lavoro».
E' quel che stanno tentando di fare oggi con Our Planet Reviewed il Muséum francese e Pro-Natura, un lavoro comune che però è già iniziato una decina di anni fa e proseguito nelle Vanuatu con la spedizione Santo 2006 che ha dimostrato quanto siano necessari (e sorprendenti) inventari ambiziosi della biodiversità: con l'utilizzo di mezzi umani e logistici appropriati sono stati raccolti campioni di circa 10.000 specie, alcune centinaia delle quali nuove per la scienza. Ora con il nuovo progetto globale si cerca di mettere a disposizione il know how acquisito per «Lo sviluppo delle conoscenze sui compartimento dimenticati della biodiversità». Il legame tra conoscenza della biodiversità, sviluppo sostenibile e salvaguardia si rivela sempre più stretto e l'iniziativa Our Planet Reviewed si pone a monte delle azioni di protezione della natura e di per lo sviluppo: «Essa mira ad apportare il complemento di conoscenze necessarie a queste azioni - si legge nel documento che presenta la campagna globale - senza per questo sostituirsi agli organismi di aiuto allo sviluppo né alle organizzazioni di conservazione della biodiversità».
Le ricerche scientifiche più recenti dimostrano le proprietà intrinseche della biodiversità e che è costituita essenzialmente di piccole specie e rare in natura. I "Rapid Assessments", in gran parte basati sulle grandi specie della fauna "carismatica" sono stati efficaci per riuscire a cartografare gli hotspots planetari, ma secondo i ricercatori non costituiscono l'approccio giusto per poter inventariare tutta la biodiversità nascosta, dai funghi agli invertebrati: «Noi crediamo alla sinergia tra partner che abbiano ognuno i loro campi di competenza: il nostro é quello degli inventari approfonditi su spazi geografici ristretti. La nostra ambizione è quella di far rientrare i compartimenti dimenticati della biodiversità nel campo di azione degli organismi di protezione e conservazione».
Il problema è che questo tipo di ricerca su specie poco appariscenti non ha un grosso appeal sull'opinione pubblica, un ostacolo che è stato in parte superato dai risultati di "Santo 2006" quando la scoperta di nuove specie di insetti, crostacei e lumache suscitò un forte interesse dei media grazie ad immagini di grande impatto delle nuove specie che furono una vera e propria rivelazione della bellezza nascosta della "fauna minore".
Pro Natura International e il Muséum national d'Histoire naturelle spiegano che «Le nostre grandi spedizioni naturalistiche vogliono inserire gli inventari della biodiversità nel loro contesto umano e radicarlo nella sua storia: paleoclimatologi ed archeologi forniscono il loro sguardo sugli ultimi millenni; etnologi, giuristi ed economisti si interessano alla percezione di questa biodiversità, infine, giornalisti, illustratori, insegnanti e cineasti fanno condividere la vita delle spedizioni al più gran numero di persone, nei Paesi ospiti come in Francia».
Le grandi associazioni ambientaliste internazionali si sono mosse prima dell'avvio di questo "inventario globale" stilando una lista di siti "sensibili" (Endemic Bird Areas di BrdLife International, Conservation International Hotspots, Ecoregioni del Wwf) che indicano le priorità di intervento e ricerca.
Tutti questi hotspot della biodiversità sono spazi geografici caratterizzati dalla presenza di un gran numero di specie di piante e vertebrati, molte delle quali endemiche, che sono minacciate dalla scomparsa dei loro habitat. Attualmente sono stati definiti 34 hotspot sui quali esiste un consenso molto ampio.
«Conviene - dice Pro Natura International - a partire da questo quadro generale, stendere la carta dettagliata della biodiversità all'interno di questi hotspot e completare gli inventari per i gruppi di organismi poco o non conosciuti, in particolare gli invertebrati che svolgono un ruolo essenziale nel mantenimento di questi ecosistemi. Il livello delle minacce che pesa su questi hotspot é ineguale. Per esempio, rimane ancora il 30% della copertura iniziale delle foreste australi del Cile, l'hotspot meno minacciato; al contrario, per 11 hotspot su 34, resta meno del 10% della superficie originale degli ecosistemi naturali. Sono questi 11 che costituiscono la priorità delle priorità: concentrano un numero record di specie di piante e di animali che non si incontrano altrove nel mondo e per l i quali l'estinzione può essere imminente. Negli oceani alcune regioni sono certamente più minacciate di altre, ma è soprattutto in termini di tipi di habitat che si misura la vulnerabilità delle specie marine. Così, le barriere coralline sono spesso paragonate alle foreste tropicali per la complessità delle loro interazioni biologiche, ma anche per i loro impegni in materia di salvaguardia. Ugualmente, le mangrovie sono quasi ovunque in regresso. Quanto alla pesca, la pesca a strascico fa pesare sui fondali marini delle minacce che colpiscono tutti gli ecosistemi bentonici, non solo gli stock
commerciali di pesce».