[28/10/2009] News

Le previsioni per l'evoluzione del clima italiano secondo l'Isac-Cnr

FIRENZE. Abbiamo visto ieri come, secondo il "position paper" sul clima mediterraneo e italiano prodotto da Isac-Cnr, la nostra regione climatica sia da considerarsi «una "hot-spot", ovvero un'area particolarmente sensibile al cambiamento climatico». Questo elemento influisce (e influirà sempre più, se il surriscaldamento globale proseguirà) sull'area «soprattutto nel periodo primavera-estate che, secondo le proiezioni, dovrebbe diventare molto più caldo e secco in futuro». Nelle prossime decadi, il surriscaldamento globale «comporterà, con grande probabilità, un aumento degli episodi estremi in Europa e in Italia, sia nel senso di precipitazioni intense che di onde di calore estive, e una maggiore incidenza di eventi siccitosi. In particolare, fenomeni come l'onda di calore dell'estate 2003 in Europa possono diventare molto più probabili, con temperature estive medie anche di 4 °C maggiori rispetto a quelle del trentennio 1961-1990».

Le montagne della penisola, in particolare le Alpi come detto ieri, hanno già subito forti mutamenti locali negli ultimi decenni: per quanto riguarda l'evoluzione futura, è atteso un effetto locale che avrà influenza soprattutto «sul ciclo idrologico in area alpina e sulla quantità e qualità d'acqua disponibile, sia come acqua potabile che per usi industriali e di produzione di energia. Un impatto significativo riguarda la possibilità di cambiamenti nel regime e nell'abbondanza delle precipitazioni, nell'altezza, estensione e durata del manto nevoso, con le conseguenti modifiche dei regimi fluviali e della disponibilità di acqua, anche in regioni di pianura distanti dalle zone montane. Analogamente, ci si attende una ulteriore riduzione dei ghiacciai e del permafrost, con i conseguenti rischi associati all'instabilità dei versanti».

Per quanto riguarda i sistemi biologici, Isac stima che il rischio di una perdita significativa di biodiversità prenderebbe corpo con un aumento di temperatura superiore a 2°-3° C, anche se viene sottolineato che a questo riguardo è «difficile distinguere fra gli effetti del cambiamento climatico e quelli dovuti alle modifiche nelle pratiche agropastorali e nell'uso del territorio, che non possono essere ignorate per poter prevedere con precisione la risposta degli ecosistemi naturali».

Come già si può evincere dalle parti citate, le previsioni prodotte per il futuro sono caratterizzate da una certa vaghezza, ben maggiore di quella che si può riscontrare, ad esempio, nelle previsioni probabilistiche su scala globale contenute nel quarto rapporto Ipcc del 2007. Il motivo è legato al fatto che, come noto e come Isac sottolinea, «i modelli climatici globali hanno massima risoluzione spaziale dell'ordine del centinaio di chilometri e non sono in grado di descrivere correttamente il cambiamento climatico atteso in regioni specifiche. Le stime degli impatti attesi su regioni geografiche limitate sono quasi sempre ottenute con procedure di "downscaling", dei modelli climatici globali. In questo approccio, le informazioni fornite dagli scenari globali vengono utilizzate come condizioni al contorno e come forzanti per modelli (..) che descrivono le caratteristiche di interesse della regione in esame». Ciò comporta il fatto che la stima delle evoluzioni climatiche su scala regionale sia «ancora affetta da errori significativi (molto più che nel caso delle proiezioni globali) e, per la sua importanza, è al momento oggetto di intensa ricerca».

Questa difficoltà previsionale si esplica in modo ancora più significativo per quanto riguarda la risposta che potrà avere il mar Mediterraneo davanti ad un ulteriore riscaldamento: una risposta la cui analisi è giudicata da Isac ancora «più complessa», perchè essa deriva sia da evoluzioni geologiche (eustatismo, glacio-idro-isostasia, tettonica) sia climatiche. Riguardo a quest'ultime, Isac attesta che esse comprendono «variazioni di densità, attraverso modifiche della salinità e della temperatura dell'acqua, e variazioni nella quantità totale di acqua liquida, a causa della fusione dei ghiacci continentali».

Particolarmente significativo è il fatto che, nelle previsioni, «l'innalzamento del livello marino del Mediterraneo, previsto dagli scenari climatici, potrebbe essere inferiore rispetto a quello globale (fino al 50%), con massimi relativi nelle zone più settentrionali». Questo perché «le proiezioni dei modelli climatici indicano infatti che il bacino del Mediterraneo sarà soggetto ad un aumento della temperatura e ad una diminuzione della portata dei fiumi. Questi due effetti combinati potrebbero limitare i cambiamenti nella stratificazione delle acque, in quanto la diminuzione dell'apporto fluviale implica un aumento della salinità del mare che potrebbe essere compensato dall'aumento di temperatura».

Ma occorre considerare che l'impatto sui sistemi biologici del Mediterraneo sarà invece, se il gw proseguirà, particolarmente pesante: ciò a causa del fatto che «l'invasione di specie marine alloctone (ovvero non originarie di questo mare), già osservata nel Mediterraneo, e la possibilità della loro sopravvivenza sono fortemente correlate all'aumento di temperatura. Questo implica non solo una nuova composizione delle comunità biologiche presenti in una determinata zona di mare (nuove specie si sostituiscono a quelle indigene) ma anche la possibilità di impatti importanti sulle attività economiche legate alla pesca, se il fenomeno coinvolgerà specie di interesse commerciale».

L'evoluzione futura posta come più probabile per il clima del Belpaese e della regione mediterranea avrà impatti anche sulla salute («con il rischio di maggiore diffusione di malattie legate alle alte temperature e possibili impatti sul turismo, specialmente in aree montane») e sulla conservazione del patrimonio culturale/monumentale. Infine, Isac sottolinea che «il cambiamento climatico potrà avere impatti significativi sul regime dei venti, e, di conseguenza, sulla produzione di energia eolica. Per sfruttare appieno l'energia eolica e portare non solo benefici ambientali e climatici ma anche economici, è necessario avere informazioni sulla climatologia del vento nel passato e su quella attesa in futuro, in termini di distribuzione di frequenza del vento e, soprattutto, dei valori estremi dei venti e dei tempi di ritorno ad essi associati. Queste informazioni permettono di determinare il tipo di turbina più adatto al tipo di clima atteso, per assicurare agli impianti eolici un periodo di vita più lungo possibile. L'impatto dello spostamento delle traiettorie dei cicloni extratropicali sulla distribuzione di frequenza del vento e l'intensificazione degli eventi estremi sono quindi di estremo interesse al fine dell'ottimizzazione dello sfruttamento dell'energia eolica, sia sulla terraferma che offshore».

Queste le analisi previsionali che l'Isac ha prodotto nel suo "position paper" sui cambiamenti climatici. Dopo aver visto ieri l'analisi dello status quo, e oggi le ipotesi di più probabile evoluzione del clima nella regione di cui fa parte l'Italia, vedremo nei prossimi giorni che cosa l'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima propone in direzione dell'adattamento/mitigazione al gw, e quali ambiti di approfondimento scientifico siano attualmente da perseguire.

 

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