[12/11/2009] News
LIVORNO. Lo scarabeo del pino (Dendroctonus ponderosae) a prima vista è piccolo ed innocuo ma si è trasformato in un serial killer ambientale che sta letteralmente sbriciolando vaste aree delle foreste del Canada nord-occidentale, esponendo gli habitat locali a quello che potrebbe essere un altro pericoloso fronte della battaglia contro i cambiamenti climatici.
Lo scarabeo è l'ennesima specie invasiva "aliena": piante, animali ed altri organismi viventi che "arrivano, sopravvivono e prosperano" in territori prima inospitali e si espandono a danno delle specie autoctone. Secondo un gruppo di scienziati della Convention on biological diversity (Cbd) dell'Onu, l'aumento delle temperature globali sta alterando il regime delle precipitazioni in tutto il mondo e la minaccia posta dalle specie invasive è in aumento, per questo invitano ti tutti i partecipanti alla conferenza sul clima di Copenaghen a dicembre a concordare iniziative intese a rafforzare i loro ecosistemi e per proteggere la biodiversità.
«Il cambiamento climatico ha creato condizioni difficili per un certo numero di organismi viventi e la maggior parte delle specie esotiche invasive sono più resistenti, più opportuniste degli organismi presenti in alcuni luoghi»
La Cbd ritiene che l'effetto combinato dei cambiamenti climatici e delle specie invasive sia uno dei "driver" principali della perdita della biodiversità in tutto il pianeta: «Succede in tutti i tipi di ecosistemi: d'acqua dolce, terrestri, piante, animali, microrganismi, si stanno espandendo in tutti i settori - spiega Stas Burgiel, direttore delle politiche del Global invasive species program (Gisp), un consorzio internazionale di scienziati, Ong ed esponenti politici che assiste la Cbd e l'Unep nel processo decisionale - Le specie invasive possono cambiare interi ecosistemi, alterando l'idrologia, i regimi del fuoco, il ciclo dei nutrienti, ed altri processi degli ecosistemi. Le invasioni biologiche di specie non indigene impongono costi enormi per agricoltura, silvicoltura, pesca, nonché per la salute umana. Poiché le condizioni stanno cambiando grazie alle alte temperature, siccità o piogge abbondanti, tutta una serie di organismi sarà sostituita da specie esotiche invasive». Secondo la Cbd, nei soli Usa il costo annuale per il controllo delle specie "aliene" è di 1,4 miliardi di dollari all'anno, e in tutto il mondo sarebbero necessari almeno 138 miliardi dollari.
Ritornando al terribile coleottero del pino, le temperature invernali miti hanno portato a un aumento della sua sopravvivenza, il che ha comportato la più grande infestazione della storia nella provincia canadese della British Columbia, ma l'insetto si sta spostando sempre più a nord ed ha infestato circa 13 milioni di ettari di pinete. Le previsioni sono terribili: entro il 2015 la British Columbia dovrebbe aver perso l'80% delle sue foreste di pino. Il problema legato al cambiamento climatico è che gli alberi caduti grazie all'azione d congiunta delle larve dei coleotteri e dei funghi si decompongono, rilasciano tonnellate di CO2 e vanificano l'effetto "carbon sink" delle grandi foreste che assorbono e trattengono anidride carbonica.
Ma le specie aliene sono a volte inaspettate: negli Stati Uniti occidentali e in Nord Africa, la messa a dimora di tamerici ha provocato una colonizzazione aggressiva del territorio da parte di queste piante in grado di sopravvivere in terreni salini e secchi per molto tempo. La Cbd spiega che «Con il cambiamento climatico e la diminuzioni delle precipitazioni in queste aree, l'arbusto affonda le sue radici più profondamente nel terreno, riducendo le risorse idriche disponibili e mettendo fuori gioco per il nutrimento le piante indigene».
In Africa occidentale la diminuzione della portata dei fiumi è in media dal 40 al 60% e questo sta causando la proliferazione del giacinto acquatico che occupa laghi e fiumi minacciando la sopravvivenza dei pesci e delle altre specie di flora acquatica, con grandi danni economici per le comunità umane rivierasche.
Il pericolo è grande anche per le are temperate: l'aria più calda e periodi vegetativi più lunghi possono allargare il limite geografico di alcune malattie, così come gli insetti tropicali possono adattarsi alle nuove condizioni, mettendo a rischio le specie esistenti.
Burgiel sottolinea che «Malattie trasmesse da vettori, quali il virus del Nilo occidentale, hanno anche un collegamento con le specie invasive», come la zanzara tigre che svolge un ruolo determinante nella trasmissione di dengue e virus del Nilo occidentale nei Paesi del nord del mondo: «Dalla sua introduzione in Italia otto anni fa, la zanzara è diffusa in 22 delle province settentrionali del Paese. Quando un agente patogeno ottiene un auto-stop in un organismo, questo diventa una questione di sanità pubblica».
Le specie "aliene" sono in grado di prosperare grazie a una programmazione genetica che consente loro di adattarsi a molti ambienti (proprio come gli esseri umani), perché si dimostrano più abili a sopravvivere nelle mutate condizioni climatiche rispetto alle specie autoctone, questo sta ponendo forti preoccupazioni per la sorte delle specie alloctone in ambienti in cui il riscaldamento globale ha alterato i cambiamenti stagionali.
Per esempio, sempre secondo Burgiel, «L'innalzamento del livello del mare potrà certamente favorire le specie che possono far fronte al passaggio da un ambiente d'acqua dolce ad un ambiente d'acqua salata, mentre alcune piante possono crescere più rapidamente in ambienti ricchi di anidride carbonica».
Dal XVII secolo ad oggi le specie "aliene" hanno contribuito a quasi il 40% di tutte le estinzioni animali, che presentano la più grande minaccia per la biodiversità in ecosistemi isolati, come le isole, privi spesso di predatori e competitori naturali per le risorse e che non riescono a resistere agli invasori portati quasi sempre dall'uomo (che poi non riesce a controllarli). Per questo il Gisp chiede di mettere in atto l'articolo 8 della Convenzione sulla Diversità Biologica, che invita le parti ad «evitare l'introduzione e controllare ed eradicare le specie esotiche che minacciano gli ecosistemi, gli habitat o le specie».
«Di recente, c'è stato un invito a riflettere sul cambiamento climatico in un sacco di discussioni sulla conservazione della biodiversità - dice Burgiel - Noi sollecitiamo gli Stati di fare attenzione ai rischi, ad utilizzare l'approccio precauzionale, a non fare inutili introduzione di specie invasive ed ad evitare quelle che è possibile controllare. Le implicazioni del cambiamento climatico sulla biodiversità saranno discusse a Copenaghen attraverso il concetto di "policy guidance for governments", che mira a rafforzare gli ecosistemi contro i cambiamenti climatici, rendendoli più sani possibile. Abbiamo la possibilità di frenare quelle che potrebbero essere le dinamiche dei potenziali impatti, ma in termini di trasferimento nelle politiche che guidano i governi, credo che abbiamo ancora bisogno di un po' più di lavoro. E' facile dire "iniziamo con cautela" ma bisognerebbe avere un po' di dettagli in più su quello che sarebbe necessario fare in un determinato sito o sulle legislazioni nazionali per le quali stiamo lottando. Abbiamo alcune idee, ma devono essere migliorate».