[16/11/2009] News

Sostenibilità e nucleare, quante contraddizioni

ROMA. "Cos'è la sostenibilità?": Il rapporto Brundtland (Our Common Future) è un documento rilasciato nel 1987 dalla Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo (WCED) dove per la prima volta, viene introdotto il concetto di sviluppo sostenibile. « lo Sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni ». Spesso si sente parlare di sostenibilità solamente in quanto ambientale, in realtà essa ha una accezione molto più ampia e si allarga alla sostenibilità intergenerazionale, intra-generazionale ed economica.

Il Nucleare è argomento pieno di contraddizioni, di cose non dette e fatte di nascosto. Sono molteplici i ragionamenti che ci spingono al NO, ma non è un NO ideologico e terrorista bensì moderato e coscienzioso: oggi tutti gli elementi ci portano a dire NO, ma se nel nostro percorso associativo troveremo chi sia in grado di farci cambiare idea, potremmo anche assumere un 'altra posizione in merito... Analizzando il rapporto tra l'energia nucleare e le accezioni della sostenibilità tutto non fa altro che darci conferma della nostra posizione del NO.

In 50-60 anni di utilizzo dell'energia elettrica nucleare non abbiamo ancora trovato nel mondo una soluzione per lo stoccaggio definitivo e sicuro delle scorie radioattive (e siamo ben lontani dal trovarla), e ci preoccupiamo per l'eredità futura che lasceremo anche per milioni di anni ai nostri posteri, ma dimentichiamo che il problema è già attuale e lo abbiamo sotto i nostri occhi: abbiamo un problema non solo di insostenibilità ambientale, ma anche intergenerazionale e intra-generazionale. Germania: non c'è stato bisogno di aspettare di nessuna generazione futura: nella bassa Sassonia, zona delle miniere di Asse vi è una forte contaminazione da cesio137; alla fine degli anni '60 si è cominciato ad accantonare qui i barili di scorie radioattive nelle miniere di sale pensando questo deposito come un luogo sicuro per uno stoccaggio definitivo; solo poche decine di anni dopo, dal 1990 l'acqua ha cominciato a infiltrarsi e vi sono stoccati 126.000 barili.

In una intervista il direttore della miniera di Assen ha ammesso che le scorie sono state depositate su strati rocciosi molto vicini alle falde acquifere e che si sono verificate le prime infiltrazioni di acqua salata che hanno provocato delle fenditure nei fusti; egli afferma che per estrarre le scorie si è calcolato ci vorrebbero

circa 2 miliardi e mezzo di euro e venti anni; finora sono riusciti a tenere sotto controllo le infiltrazioni, ma non a regolarle e, se aumentassero, la miniera di Assen si allagherebbe completamente. Per ora non hanno soluzioni nella mano, ma non negano la possibilità, nel caso, di estrarle. Francia: febbraio 2009: "Uranio: scandalo della Francia contaminata", documentario apparso su France 3: si tratta di una ricerca condotta da "Commission de Recherche et d'Information Indépendantes sur la Radioactivité" CRIIRAD. Questa equipe di scienziati ha condotto un'analisi sul territorio francese e ha scoperto numerose regioni altamente radioattive: si parte da livelli "relativamente" bassi ad aree come Saint Pierre nel Cantal dove una famiglia ha dovuto lasciare questo villaggio dove abitava in quanto sono state rilevate nelle loro abitazioni concentrazioni di radon di 5000 Bq/m3, decisamente oltre la soglia dei 200 per le abitazioni recenti.

Saint Pierre è un villaggio che da 30 anni giace sui resti di una vecchia fabbrica che trattava l'uranio: è stata realizzata un'opera di riqualificazione paesaggistica che non dava nulla a vedere e scavando sotto il terreno a 10 cm di profondità è stato scoperto uno strato di Yellowcake diffuso su tutta l'area: uranio superconcentrato utilizzato per le centrali nucleari e per le bombe atomiche. (Un appunto: ciò che terrorizza è che le soglie stabilite a livello internazionale, non sono soglie di sicurezza nelle quali non si verifica alcun decesso e cioè il limite del non rischio, ma sono quelle del rischio accettabile: nel senso che non significa che non ci sono morti, ma che in tot. abitanti le morti che si verificano sono accettabili in termini economici e degli interessi dei danni sanitari.) Niger: In Arlì, una città di 80.000 persone nel deserto, Areva (la società francese della tecnologia Epr delle centrali che verranno realizzate in Italia) sfrutta una miniera di uranio; lo sterile risultante dall'estrazione di uranio viene abbandonato a cielo aperto insieme agli attrezzi contaminati e la popolazione non è affatto informata del pericolo derivante dall'esposizione a questi materiali; ci si domanda quale sarà il futuro dei bambini che stanno crescendo lì. Tutti gli oggetti di ferro lì abbandonati sono stati recuperati dalla popolazione locale e vengono rifusi come tubi, utensili e venduti nel mercato di Arlì; inoltre anche l'acqua

potabile è contaminata. Questo ci fa riflettere su come il nucleare non rispetti neanche la sostenibilità intragenerazionale. E ora arriviamo alla sostenibilità economica, il punto "forte" dell'energia nucleare: il nucleare fino a prova contraria ha dei costi nascosti legati all'aumento del prezzo dell'uranio, alla costruzione delle centrali e la gestione del ciclo di fine vita degli impianti, nonché la gestione delle scorie per periodi di tempo lunghissimi, che sommati non danno la convenienza economica sbandierata (questo è stato anche confermato dalle critiche che sono state sollevate dal ministro Tremonti sui rischi economici del nucleare). In cifre: per realizzare i quattro reattori previsti dal governo di 1650 megawatt (ognuno del tipo Epr di Areva) si stima saranno necessari per ognuno 3-3,5 miliardi di euro secondo stima ENEL (anche se le stime della costruzione in corso della centrale in Finlandia sempre da parte di Areva si aggira a 6 mld, con 2 anni di ritardo per complicazioni tecniche nel cantiere in fase di realizzazione) Calcolando che questi rappresentano solo la metà del progetto nucleare in Italia, ha senso pensare ad un investimento di questa portata per arrivare a coprire un 25% del fabbisogno nazionale nel 2020 come risoluzione alla dipendenza energetica quando la dipendenza energetica italiana si aggira intorno all'80%, ma la dipendenza estera di energia elettrica è del 14,39% nel 2007 (media di 15%)?? Quindi il rientro al nucleare non vuol dire abbandonare i combustibili fossili.

Nei dati dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas si riporta che l'Italia con il termoelettrico copre la gran parte della richiesta di energia elettrica (non che questo sia da elogiare, ma per far comprendere che nel 2007 con una domanda totale di energia elettrica di 339.928 Gwh, ne sono stati importati 48.930 e il resto sono stati prodotti internamente). Quindi il ritorno al nucleare non risolverà il problema della dipendenza energetica del paese. Di conseguenza perché non parlare seriamente di efficienza energetica? Si cita un documento dell'Enea, "Rapporto energia e ambiente 2008" , in cui si dichiara come le proiezioni sui consumi energetici e le relative emissioni di CO2 confermino la centralità di un'accelerazione tecnologica, senza la quale è di fatto impossibile raggiungere concreti risultati in materia di contenimento delle emissioni di CO2.

Gli scenari energetici elaborati dall'ENEA per l'Italia mostrano che soprattutto nel breve-medio periodo (2020) sono possibili riduzioni consistenti dei consumi di energia, e più ancora, delle emissioni di CO2, mediante l'applicazione di tecnologie innovative. (La definizione delle misure considerate negli scenari ENEA di accelerazione tecnologica è avvenuta nell'ambito di un gruppo di lavoro composto da ricercatori dell'ENEA, di ESRE in collaborazione con la task-force sull'efficienza energetica istituita dal Ministero dello sviluppo economico che si è occupata della preparazione del Piano d'Azione dell'Efficienza Energetica Italiano; tale piano presentato nel 2007 è stato esteso al 2020).

La stima finale di ENEA del contributo alla riduzione di CO2 dagli scenari energetici proposti al 2020 è: edifici >20%; industria >10%; trasporti <20%. Quindi circa un 50% di riduzione. Ha senso quindi questo enorme investimento di denaro pubblico per il rientro del nucleare in Italia con le problematiche che si sono esposte e le alternative possibili, sicuramente più lungimiranti e sostenibili? Ha senso investire così tanto denaro pubblico per ridurre questa dipendenza nell'energia elettrica ma che creerà ulteriore dipendenza di materia prima (uranio) e di tecnologia? Latina sostenibile dichiara il suo NO cosciente, ponderato e razionale al rientro al nucleare nel contesto italiano; Diciamo NO al modo come il governo sta affrontando la rinascita del nucleare in Italia senza nessun coinvolgimento della popolazione. Già 13 sono le Regioni che hanno impugnato di fronte alla Corte Costituzionale la Legge Sviluppo con cui in settembre Scajola aveva previsto che, in caso di contenzioso senza soluzione, lo Stato potrebbe imporre la sua "scelta atomica" alle Regioni in cui le centrali sorgeranno. Il ricorso si baserebbe sul fatto che l'energia è materia concorrente tra Stato e Regioni, e quindi nessuna delle due parti può imporre nulla all'altra.

In conclusione si preme sottolineare che "Latina sostenibile" vuole esprimere il suo NO al nucleare in quanto, come dimostrato, è insostenibile su tutti gli aspetti; ma si pone come apartitica in questa sua posizione, in quanto il concetto stesso della sostenibilità è trascendentale e si basa su principi (quali la tutela della salute e della qualità ambientale attuale e futura) che dovrebbero rappresentare la base d'azione dei governi a prescindere dall'orientamento partitico.

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