[18/11/2009] News toscana
FIRENZE. L'impianto fotovoltaico «grande come 5 campi di calcio» e della taglia di 2,9 Mw montato sopra il tetto del nuovo polo logistico Coop di Prato, di cui abbiamo parlato ieri, è definito dai dirigenti della cooperativa come il «primo per dimensione in Italia tra gli impianti montati su un singolo edificio, e tra i primi venti in Europa». Al di là delle classifiche, è utile ricordare, per capire a quali numeri siamo di fronte, che l'intera capacità di produzione fotovoltaica installata in Toscana a fine 2008 ammontava a 40 Mw (mentre era di 5,6 Mw a fine 2007) e che quindi con un impianto situato su un singolo capannone (sia pur ciclopico: tra aree coperte e scoperte sono 100.000 mq, cioè 10 ettari) è stata installata, in termini di taglia, una potenza corrispondente a circa il 13% dell'intero fotovoltaico toscano.
Alzando la prospettiva di questo ragionamento, appare interessante porre a confronto i circa 3 Mw installati a Prato con quelli che, secondo le prospettive indicate dal governo nazionale, dovrebbero derivare dal rilancio del nucleare italiano: se è vero che le quattro centrali che, in una prima fase, dovrebbero essere costruite in Italia dovrebbero essere caratterizzate da una potenza complessiva di 6,4 Gw (cioè 6400 Mw), si può derivarne che in media una centrale del modello Epr che dovesse essere costruita sulla penisola avrebbe una potenza installata di 1,6 Gw. Più o meno i numeri sono questi.
Pur ricordando che la potenza installata ha valore prevalentemente indicativo, perchè quello che conta è la produttività in kwh/anno (e sottolineando come questo discriminante valga in particolare per fonti di energia a disponibilità non costante, come il solare o l'eolico), non appare comunque azzardato porre i due numeri a confronto: se con un capannone industriale si possono installare 3 Mw di fotovoltaico allo stato attuale della tecnologia, allora agendo allo stesso modo su altri 530 capannoni di dimensioni analoghe si otterrebbe (530x3= 1590 Mw) la stessa potenza che sarebbe installabile con una centrale nucleare del modello più evoluto.
Quindi, proseguendo con questo calcolo alla buona, e ragionando in termini di sola potenza installata, si può dedurre che montando pannelli fv sulle coperture di 2120 capannoni di dimensioni analoghe (530 x 4) si otterrebbe una potenza installata equivalente a quella delle 4 centrali nucleari che, nella prima fase del rilancio del nucleare italiano, il governo ha espresso l'intenzione di porre in opera.
Il punto è che le aree industriali del Belpaese brulicano di capannoni di dimensioni analoghe a quello di Prato. Capannoni che significano, all'atto pratico, "suolo già consumato". Montando pannelli fv sulle superfici di 2100 capannoni da 10 ha si potrebbe, quindi, ottenere la stessa potenza installabile in 4 centrali nucleari, ma col vantaggio che, a parte che le centrali non servirebbero, si otterrebbe questa enorme potenza senza consumare un centimetro quadrato di suolo aggiuntivo. E anche i tempi di installazione (ricordiamo che il magazzino Coop di Prato, la cui edificazione è praticamente conclusa, è stato costruito in un anno e mezzo di tempo) sarebbero infinitamente minori, rispetto al progetto-nucleare.
Ed è pressoché scontato, anche se non è facile individuare numeri precisi a riguardo, che in tutta Italia siano già presenti capannoni industriali di queste dimensioni in numero ben maggiore dei 2100 che abbiamo calcolato come sufficienti a sostituire, in termini di taglia, le quattro centrali nucleari previste.
Per capire se questo ragionamento abbia un reale senso, abbiamo contattato Massimo Scalia, docente di Fisica ambientale e di Modelli di evoluzione nelle scienze applicate presso l'università "La Sapienza" di Roma. Secondo Scalia, «se vogliamo fare il conto "en passant", effettivamente il calcolo ha un senso».
Quindi possiamo affermare che evolvendo al fotovoltaico i tetti di 2100 capannoni da 10 Ha si installerebbe una potenza analoga alle quattro centrali nucleari previste dal governo?
«Si, ma devo dire che io non centrerei l'approccio analitico su questo: secondo questo ragionamento, si segue il punto di vista ingegneristico ispirato alla grande produzione centralizzata. Ma nel cambio di modello energetico che noi auspichiamo si apre la strada, invece, a una visione completamente nuova.
Il "goal" delle rinnovabili, cioè, non è competere con i grandi impianti centralizzati, ma evolvere la trasformazione di energia verso l'uso di sorgenti diffuse e non centralizzate: eviterei quindi il confronto col nucleare, che è irraggiungibile in termini di concentrazione di potenza. Anche se il solare termodinamico, a mio parere, offre prospettive importanti in termini di numeri, in generale comunque la competizione tra "concentrato" e "diffuso" è la strada energetica sbagliata, anche perché fenomeni come il global warming sono causati in primo luogo proprio dal modello energetico centralizzato».
La sua obiezione è chiara e condivisibile. Ma occorre ragionare sul fatto che si parla di capannoni già edificati, e quindi di suolo già consumato: sistemando a fotovoltaico i tetti come avvenuto a Prato, e in varie altre realtà, come ad esempio a Piombino (Li), Città di Castello (Pg) e Merano (Bz) anche se con numeri minori (rispettivamente sono installati, nei tre casi citati, potenze di 0.41, 0.27 e 0.59 Mw - dati Gse), si raggiungerebbero, almeno in termini di taglia, numeri paragonabili a quelli del nucleare senza consumare un centimetro quadrato di suolo libero aggiuntivo. Posto che il discorso, come da lei affermato, sia delicato perché si parla di modelli energetici da seguire e non solo di numeri da sommare, la domanda è se comunque, a parte la potenza installata, il calcolo fatto può avere senso anche in termini di produttività effettiva, cioè in kwh/anno.
«Questo è un problema minore: il fotovoltaico è in rapida evoluzione, e probabilmente tra qualche anno sarà necessario solo 1/4 della superficie attualmente richiesta per i pannelli. Inoltre, si potranno ricoprire superfici oggi inaccessibili, grazie allo sviluppo della tecnologia thin film. Il solare, insomma, è in ogni caso un'energia in cui il discorso del rendimento conta relativamente, perché comunque la sorgente è completamente gratuita, e questo prevale sulla questione del rendimento».