[23/11/2009] News toscana

Di green economy e di green days...in Toscana

FIRENZE. In questi giorni in Toscana va di moda "parlare" di Green economy, addirittura di  "Green Days". Ma fra il dire e il fare... Si dice che sono necessarie per la Toscana "nuove idee di sviluppo" anche per contrastare la crisi. Senza dubbio, ma per arrivare a questo mancano molti tasselli e non si vede un gran fervore per costruirli. Tanti convegni, ma non passaggi e scadenze di governo trasformati in procedure rapide e  verificabili nell'efficacia, tante voci di spesa pubblica in bilancio ma senza alcun criterio di efficiente integrazione...

Manca un'idea di'impresa sostenibile nella produzione e nel lavoro. Manca una programmazione organica condivisa e concertata di interventi per la mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici e politiche di adattamento, almeno paragonabili ad altre regioni d'Europa[1], e per far fronte alla crisi.

Manca un processo di revisione e riorganizzazione discusso e condiviso della governance dedicata, non ad uno sviluppo qualsiasi (metodi e procedure della stagione precedente sono ormai strumenti sfiatati), ma sostenibile dal punto di vista ambientale e degli usi di materia/energia.

Manca una contabilizzazione delle risorse ambientali disponibili e del loro stato sulla base della quale poter valutare le effettive performances sociali e dell'economia.

Manca soprattutto una discussione ampia e coinvolgente le società locali sugli orientamenti e le scelte che la società e cittadini toscani intendono assumere per il loro futuro e per quello dei loro nipoti. Per esempio in materie come crescita demografica, scuola, lavoro, orari e tempi, welfare e previdenza, mobilità...

Manca infine una discussione che prepari una riconsiderazione dello stato delle istituzioni locali e regionali a oltre un decennio dalle varie riforme elettorali e quasi dieci anni dalle prime modifiche al titolo V della Costituzione e degli sconquassi generati da un'elezione diretta dei sindaci e dei governatori tali da prefigurare per i primi una sorta di "podestà" in regime di democrazia parlamentare, dove i parlamenti locali (i Consigli comunali) sono completamente esautorati e le contraddizioni, per non dir di peggio, si vedono, anche con le norme regionali sulla partecipazione che non sono in grado di mitigare l'ottica a breve delle carriere politiche.

Invece, ai fini di un nuovo sviluppo della Toscana e dei suoi territori, è fondamentale ripartire dallo stato delle istituzioni e della società prima che dall'economia, e se non si fa che parlare della necessità di innovazione (per esempio in campo tecnologico e produttivo) dobbiamo sapere che un ambiente (sociale, territoriale, d'impresa, scolastico, ecc.) che sia più adatto e confacente al cambiamento tecnologico e alla sua diffusione è una questione sociale e culturale prima che tecnica o di strutture, che, casomai vengono dopo. E un ambiente più consono all'innovazione non necessariamente implica una superiorità tecnologica. L'esempio passato dei distretti industriali toscani è chiarificatore da questo punto di vista.

Quello che fa la vera differenza e poi alla fine un vantaggio innovativo è costituito dall'insieme delle varie istituzioni locali (società locali, enti locali, soggetti sociali ed economici, soggetti culturali e scientifici, ecc.) capaci di produrre azioni premianti gli ambienti e/o i soggetti innovativi magari per far fronte contemporaneamente alla crisi e ai cambiamenti climatici.

Ecco è questo che non c'è.


[1] Senza il confronto su questo piano è poco credibile definire la Toscana regione a sviluppo sostenibile come fa Repubblica di venerdì 20 us sulla base di uno studio dell'Università di Pisa

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