[26/11/2009] News
RIETI. "Utilizzatori finali": non c'è espressione più indicata per qualificare la tendenza di molti italiani a esonerarsi da responsabilità, si tratti di persone che stanno al vertice politico o alla base. Eppure, gli utilizzatori finali hanno le loro belle colpe per quel che succede a monte, nel produrre il materiale necessario al loro utilizzo.
Si pensi alle responsabilità almeno parziali dei consumatori rispetto ai processi produttivi che essi possono orientare, almeno in parte, con le loro scelte.
Ma c'è un termine che dovremmo essere contenti di usare per definirci: "riutilizzatori finali". Ovvero persone che favoriscono le varie R dell'ecologia: riduzione e riconversione, ma anche riuso, riutilizzo, riciclaggio, allungando il ciclo di vita dei prodotti. Una tendenza che se generalizzata ha anche una grande utilità climatica.
Si sta svolgendo la Settimana Europea della riduzione dei rifiuti (22-30 novembre 2008), coordinata dall'ACR+, l'Associazione europea delle Città e Regioni per il riciclaggio e la gestione sostenibile delle risorse. La riduzione a monte dei rifiuti ha una portata che va al di là del problema immondizia: indica infatti un cambiamento nel modello di produzione e di consumo, con meno produzioni e usi inutili e più riuso e recupero.
Abbiamo già visto nelle puntate precedenti come la prevenzione del rifiuto ci consenta di abbattere il nostro contributo al riscaldamento climatico. Vale soprattutto per i quotidiani imballaggi alimentari e gli scarti organici di cucina. Ma si pensi anche ai contenitori per detersivi: per realizzarne uno del peso di 75 grammi si provoca l'emissione di oltre 1390 grammi di anidride carbonica.
Quindi evviva i non usa e getta la spina e gli imballaggi molto durevoli, di qualunque materiale: tela, plastica, legno, metallo. (Ed evviva, ad esempio, il rifiuto della posta pubblicitaria: in Italia circolano 9 miliardi di lettere postali e quasi nessuna è un messaggio personale, sono inutili pubblicità o bollette sostituibili con altri mezzi. Legambiente ha calcolato che ogni missiva da trasportare e trattare provoca l'emissione di 150 grammi di CO2. In generale per tutta la carta che non si usa, il risparmio di CO2 è tanto: l'ecolabel per le carte grafiche prevede un criterio massimo fra i 1.000 e 1.100 kg di CO2 per tonnellata di carta prodotta; i 240 miliardi di fogli di carta usati dagli italiani negli uffici sono "colpevoli" dell'emissione di 4 milioni di tonnellate di CO2).
Ma per quel che non si riesce a evitare, ecco il riciclaggio reso possibile dalla raccolta differenziata. Così si possono facilmente risparmiare in un anno 200 chili a testa di materiali, ma anche altrettanti di CO2 equivalenti di gas climalteranti. Già oggi in Italia si avviano a riciclo (nelle abitazioni e nell'industria) circa 50 milioni di tonnellate di materiali che, al netto degli scarti e dell'esportazione, diventano quasi 33 milioni di tonnellate di materiali di nuovo impiego. Un recente studio (Il riciclo ecoefficiente, condotto dall'Istituto Ambiente Italia per conto del Conai- Consorzio nazionale imballaggi) ha dimostrato che in questo modo si risparmiano 15/18 milioni di tonnellate di petrolio, pari all'8% del totale dei consumi nazionali.
Il Conai è nato 11 anni fa e ha favorito il riciclo di 40 milioni di tonnellate di materiali, evitando l'emissione di 48 milioni di tonnellate di CO2 (sugli undici anni).
Menzione speciale per il riuso o riciclaggio del legno (dalle cassette ai portapallet ai mobili) e quello della carta: evitano da un lato le emissioni di metano in discarica con la decomposizione della materia, e dall'altro quelle di CO2 relative al taglio degli alberi e alla lavorazione.
Menzione specialissima per il compostaggio dei rifiuti umidi (ma vedi la puntata precedente).