
[26/11/2009] News
VITERBO. Un "network di ricerca multidisciplinare sui cambiamenti climatici": è questa la definizione più calzante per l'attività del Cmcc, il Centro euro-mediterraneo per i cambiamenti climatici presieduto da Antonio Navarra. Il climatologo ha oggi tenuto una relazione su ciò che sta avvenendo in area mediterranea, spiegando come l'espansione delle fasce di alta pressione subtropicale ponga la nostra regione «in prima linea» davanti agli effetti del surriscaldamento globale in termini di aumento della temperatura e diminuizione delle precipitazioni.
Abbiamo colto l'occasione per avanzargli alcune domande su quali siano le aree del Belpaese più esposte, sul percorso che la climatologia attuale sta svolgendo in direzione della pubblicazione del 5° rapporto Ipcc, e sulle generali prospettive della comunicazione scientifica e ambientale, anche alla luce delle recenti vicende inerenti ai file sottratti alla Climate research unit.
Dottor Navarra, sia lei nel suo intervento di oggi, sia l'Isac-Cnr nel suo recente "position paper" sui cambiamenti climatici in area mediterranea, avete sottolineato una questione che spesso passa sottotraccia, nel dibattito italiano sul global warming. E cioè il fatto che la regione Mediterranea e l'Italia siano da considerarsi tra le zone del globo più esposte (Isac ha parlato del Mediterraneo come di un "Hot spot") agli effetti del surriscaldamento globale. Ma quali sono le aree più a rischio, nel territorio nazionale?
«Anche se non siamo ancora in grado di produrre previsioni "provincia per provincia", sappiamo che le preoccupazioni principali riguardano il Mezzogiorno del paese: questo perché gli effetti del Gw, alle nostre latitudini, si esplicano soprattutto lungo un gradiente nord-sud, diminuendo quindi man mano che andiamo verso il nord della penisola.
Ciò non toglie che la seconda area più esposta siano le Alpi, e in generale le montagne italiane: l'effetto prevalente è un innalzamento dello zero termico (l'altitudine, variabile a seconda delle configurazioni meteorologiche quotidiane, alla quale la temperatura è di 0°, nda), e questo ha poi conseguenze sulla biodiversità, ma anche sulle attività economiche. In particolare, per l'agricoltura, è da considerare che un moderato riscaldamento ha, di per sé, un effetto positivo, ma oltre una certa soglia il discorso si ribalta».
E' attualmente in lavorazione la stesura del 5° rapporto Ipcc. Le prime anticipazioni indicano che le evoluzioni contenute in esso rispetto ai precedenti riguarderanno in particolare una maggiore definizione a livello regionale dei modelli probabilistici adottati. Ma quando sarà pubblicato il 5° rapporto? Ed esso, al di là della maggiore definizione territoriale, conterrà anche valutazioni sul ruolo delle emissioni antropiche nel gw più precise rispetto alla situazione attuale?
«In generale va detto che sull'Ipcc si tende a fare molta confusione: l'Ipcc non "fa" scenari, ma si limita a "compilare" e riunire ciò che è stato pubblicato. Quello che è davvero il rapporto Ipcc è in pratica un coordinamento (che - attenzione - non esclude nessuno che voglia pubblicare documenti, purché di livello scientifico) degli esperimenti compiuti dai vari centri di ricerca, finalizzato a rendere comparabili tra loro gli scenari pubblicati.
Comunque, il 5° rapporto è in preparazione: si attendono i primi risultati in due anni, ma la pubblicazione completa avverrà nei tempi annunciati, cioè probabilmente verso il 2014. La natura delle nozioni pubblicate (sia per il ruolo antropico, ma anche per una migliore comprensione del ruolo degli aerosol) dipende anche dai risultati che saranno pubblicati in questi anni dagli ambienti scientifici.
Riguardo alla maggiore accuratezza dei modelli, stiamo lavorando per aumentare il dettaglio spaziale, adottando modelli più evoluti in fase sperimentale: bisogna poi vedere se la maggiore accuratezza delle metodologie proposte si tramuterà anche in una loro maggiore accuratezza pratica».
Abbiamo già citato il "position paper" di Isac-Cnr sui cambiamenti climatici in area mediterranea. Il Cmcc da lei diretto sta lavorando a qualcosa di analogo? E in generale, arriveremo ad avere qualcosa definibile come "rapporto Ipcc per l'Europa e l'Italia?
«Come Cmcc stiamo lavorando ad un "regional assesment" che si inserisce nell'ambito del programma Circe (progetto di ricerca sugli impatti del Gw condotto nell'ambito del Sesto framework programme della Ue) per il Mediterraneo. Per la sola Italia ancora non abbiamo strumenti specifici: ma comunque il rapporto citato userà a livello sperimentale modelli con una definizione spaziale di soli 14 kmq. Il rapporto è previsto essere pubblicato nel 2011».
Parliamo ora di comunicazione scientifico-ambientale e problemi climatici: al di là della cronica tendenza di molti tra i cosiddetti "scettici" a distorcere le notizie in direzione del sostegno alle proprie posizioni, e al di là del fatto che il "climategate", come è stato definito, si sta rivelando in pratica l'ennesima bolla di sapone o poco più, la domanda è quale sia l'effettivo ruolo che la scienza deve avere. La scienza, cioè, deve limitarsi a fornire grafici e numeri, o essa deve anche porsi il problema di come rendere comprensibili al pubblico e ai decisori politici questi dati?
«Per uno scienziato, porsi la domanda di "come far comprendere i dati pubblicati" è pienamente legittimo. Se invece lo scienziato si domanda "come far sì che i numeri pubblicati abbiano l'impatto che vogliamo" il discorso è completamente diverso. Comunque, riguardo ai file rubati alla Cru, devo dire che pensare che, con così tanti giornali scientifici pubblicati ogni giorno, qualcosa possa artatamente essere fatto rimanere fuori dal dibattito, e quindi non essere pubblicato, è semplicemente assurdo».
Ma qual è il suo parere riguardo ai casi in cui uno scienziato cerca di rendere "più sexy" (come si dice) un grafico climatico da pubblicare? E' legittimo farlo, da parte dello scienziato/della scienza?
«Rendere un grafico "più sexy" è cosa normale: fare vedere un grafico con 10 linee spezzate, cioè, ma riassumerlo in una linea sola purché emblematica, è cosa ben diversa dal cambiare i numeri che sostengono quel grafico. Io peraltro, riguardo ai file rubati alla Cru, devo dire che mi rifiuto di credere che degli scienziati abbiano cambiato i numeri. Ma se anche fosse così ci sono dei meccanismi di controllo che si riassumono nel cosiddetto "peer review". E, soprattutto, va considerato che l'unica cosa che lo scienziato possiede è, in pratica, la sua reputazione: se la reputazione viene macchiata, lo scienziato è fuori dai giochi. Ecco perché credo poco a quanto alcuni dicono della vicenda della Cru: per gli scienziati coinvolti, cambiare artatamente i dati sarebbe un suicidio».