[26/11/2009] News toscana
FIRENZE. «Una finestra aperta per mantenere vivo il dibattito culturale sulla sostenibilità» questo è l'obiettivo dei "Green days", come sottolineato dal presidente della Regione Claudio Martini che oggi ha presieduto la prima sessione della seconda giornata dedicata alle opportunità della sostenibilità. La mattinata è stata incentrata sulla presentazione del Rapporto sulla sostenibilità della Toscana e sulla lezione magistrale di Jean Paul Fitoussi (presidente dell'Osservatorio francese delle congiunture economiche e membro della Commissione per la misura della performance economica e del progresso sociale), che nella sala della Scherma (Fortezza da Basso) piena in ogni ordine di posti, ha analizzato le motivazioni della crisi economico-finanziaria, le ha messo in parallelo con la crisi ambientale e ha proposto le sue soluzioni.
«La crisi - ha introdotto l'economista francese - è di natura economica, sociale, politica ed ecologica e la crisi economica ha le stesse radici di quella ambientale e se non si affrontano insieme e l'ambiente continua a rimanere settore separato, rivivremo a Copenhagen quanto già vissuto a Kyoto e in tutti gli appuntamenti intermedi: nessun impegno e discorsi, discorsi, discorsi».
La visione di Fitoussi non è ottimistica anche se la speranza per un esito almeno confortante dell'appuntamento che si terrà in Danimarca non è ancora svanita dopo i ripensamenti di Obama e le aperture cinesi. Certo che i grafici portati ha sostegno della sua analisi, sono stati addirittura più eloquenti delle parole dell'economista.
«L'Europa nel 2009 ha perso 3 punti di Pil rispetto al 2008, non era mai successo dal 1930 e mai con questa velocità: il crollo è avvenuto in pochi mesi. L'area euro sarà in crescita negativa anche nel 2010, un po' meglio gli Stati Uniti dove c'è stato un forte intervento pubblico. L'Italia decresce meno della Germania, che è considerata il Paese modello in Europa, ma la Francia fa ancora meglio semplicemente perché ha degli ammortizzatori sociali più elevati ed ha aumentato il debito pubblico. Del resto negli scorsi anni abbiamo sempre parlato dello scandalo del debito pubblico invece la crisi è venuta dal debito privato».
Rischiando di spaventare la platea Fitoussi si è poi soffermato su uno degli indicatori che meglio fotografano la situazione attuale: «siamo ancora nel mezzo della crisi anzi non sappiamo se abbiamo toccato l'apice in particolare per la disoccupazione. Già 5 milioni negli Usa e 3 milioni di lavoratori in Europa che hanno perso il posto. E quanto succederà su questo fronte nel 2010 ancora non lo sappiamo. Ma l'origine della crisi va ricercata lontano e sta nella disuguaglianza sociale universale che si è sempre più acuita negli ultimi 25 anni. E questo perché la politica non l'ha combattuta, guidata dal fondamentalismo del mercato in cui le disuguaglianze sono indicatrici di dinamismo economico. In questo quadro l'1% della popolazione è diventato sempre più ricco e il restante 99% più povero o in difficoltà a spendere. I consumi sono diminuiti e chi ha avuto soldi disponibili non li ha investiti in beni e servizi, ma vista la politica monetaria espansionistica, è stato attratto dal sistema finanziario che ha promesso rendite non realizzabili perché oltre la logica matematica. Il crollo è stato inevitabile. D'altra parte i debiti gli hanno contratti anche i poveri che hanno avuto accesso a prestiti ad interessi più bassi. I debiti sono via vai cresciuti e per ripianarli è stato intaccato il capitale».
E qui un collegamento stretto con la questione ambientale «Anche nell'ambiente consumiamo le risorse di base, il capitale, e non pensiamo alle generazioni future perché diamo troppo importanza al presente. La sostenibilità problema globale e non locale, è rappresentata proprio nel mantenimento del capitale nel passaggio generazionale. Poi se riusciamo ad aumentare il capitale meglio ancora (e questa è un'altra analogia tra questione economica e ambientale ndr). La ricchezza vera - ha concluso Fitoussi - è economica, umana e naturale e si manifesta in sintesi con il progresso sociale che la crisi intellettuale della classe dirigente per ora non ha saputo affrontare».