[01/12/2009] News
GROSSETO. Gli aspetti economici della gestione dei rifiuti che emergono dalla terza edizione del Green Book di Federambiente, mostrano un paese con una profonda disomogeneità nell'applicazione amministrativa con il rischio che la velocità con cui si muovono le aziende che hanno strutturato una organizzazione industriale sia molto spesso superiore della parte amministrativa.
Il volume contiene infatti , oltre ai dati generali aggiornati, una serie di approfondimenti sui temi più "caldi" del momento, dal punto sulla normativa e l'attuazione delle Autorità d'ambito all'andamento dei bilanci di alcune società pubbliche del settore quotate in Borsa, fino all'analisi dell'andamento delle gare per l'affidamento dei servizi d'igiene ambientale svoltesi negli ultimi anni.
Un quadro che mostra un trend positivo del settore che in Italia è arrivato a toccare, nel 2007, i 7,17 miliardi di euro all'anno (con un trend di crescita costante dai 4,183 miliardi del 1998 ai 5,323 del 2002 fino ai 6,482 del 2005 e ai 6,715 del 2006), pari allo 0,47% del Pil e che vede protagoniste le aziende pubbliche associate a Federambiente, che coprono il servizio di gestione di rifiuti nel 46,1% dei comuni (pari al 59,1% della popolazione) e trattano ogni anno quasi 20,5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, pari al 62,9% del totale.
Una situazione che potrebbe cambiare alla luce della nuova normativa (cosiddetto decreto Ronchi) che impone il ricorso alla gara ad evidenza pubblica per l'affidamento del servizio e che prevede
che le gestioni in house potranno andare a scadenza naturale (prevista cioè dal contratto) se i comuni che possiedono direttamente le società andranno a cedere almeno il 40% del capitale, altrimenti le gestioni dovranno cessare entro il 2011. Ciò vale anche per le aziende quotate in
borsa che godono di un affidamento diretto, per cui è previsto che la quota di capitale pubblico dovrà scendere sotto al 40% entro il 2013 e sotto il 30% entro il 2015.
«Sarà sull'assetto reale della gestione dei servizi pubblici - ha detto Daniele Fortini, presidente di Federambiente- che si misurerà l'effettiva efficacia della riforma appena approvata, e soprattutto se si realizzerà finalmente quell'industrializzazione del settore di cui l'Italia ha estremo bisogno per smettere di seppellire in discarica oltre il 50% dei rifiuti, un dato che ci pone agli ultimi posti in Europa».
Ma quello di cui non tiene conto la riforma è il dato che riguarda la governance del settore, che procede in maniera disomogenea sul territorio, con modalità difformi da regione a regione e con tempistica diversa: il fatto di non stabilire i perimetri entro i quali si debba procedere alle gare rischia quindi di determinare a livello territoriale una riforma incompleta e non risolutiva.
Secondo Fedarambiente, infatti, non è chiaro il soggetto che farà le gare (che potrebbe essere a seconda dei casi l'Ato, il comune, il consorzio..) e che cosa dovrà andare a gara, ovvero se tutto il servizio di gestione o le diverse fasi (raccolta, spezzamento, smaltimento) e se gli impianti dovranno stare dentro oppure fuori dall'ambito di gara, questione non certo di poco conto.