[04/12/2009] News

Singh go to Copenhagen. La Cina appoggia la proposta dell'India, Germania e Brasile fiduciosi

LIVORNO. L'India lo aveva promesso e lo ha fatto: ieri il ministro dell'ambiente e delle foreste, Jairam Ramesh, ha detto alla Lok Sabha, la Camera bassa del Parlamento di New Delhi, che «L'India non accetterà mai un accordo giuridicamente obbligatorio sulla riduzione delle emissioni», ma dopo aver placato il bellicoso nazionalismo interno che qualche giorno fa era arrivato a chiedere la sua testa dopo l'incontro (e dichiarazioni un po' troppo "spinte" sugli impegni indiani ) con una delegazione cinese, ha aggiunto quello che molti si aspettavano finalmente di sentir dire: «Noi diciamo al mondo che l'India è pronta a ridurre le emissioni dal 20 al 25% in 15 anni in rapporto al livello del 2005».

La riduzione sembrerebbe superiore percentualmente a quella dell'Ue del 20% (con possibilità di arrivare al 30%), ma, come le proposte cinesi (riduzioni dal 40 al 45% entro il 2020), riguarda il calo di intensità di emissioni per punto di Pil, quindi alla fine, data la crescita continua dell'India, si rivelerà più bassa di quella europea in termini assoluti. Inoltre gli indiani rispetto ai cinesi si sono dati 5 anni in più di tempo per rispettare un impegno minore.

Il primo ministro indiano Manmohan Singh ha annunciato che sarà a Copenhagen anche lui insieme agli altri grandi del mondo e il governo di centrosinistra indiano egemonizzato dal Partito del Congresso si è impegnato anche ad adottare una serie di misure per combattere l'inquinamento, comprese norme obbligatorie sull'efficienza dei carburanti e per i veicoli.

Ramesh ha fatto un difficile gioco di equilibrismo: un grosso passo in avanti con l'annuncio del taglio delle emissioni, ma restando fermo sulla posizione politica indiana: «Alcuni Paesi tentano di incitare i Paesi in via di sviluppo ad annunciare quando le loro emissioni raggiungeranno il picco. Noi non firmeremo l'accordo sul picco. Questo non é accettabile. Però l'India vuole fare di più grazie a delle misure volontarie».

L'opposizione delle destra nazionalista indù del Bharatiya Janata Party , sembra abbastanza spiazzata e si è limitata a chiedere al governo di non fare dei compromessi a Copenhagen sulla riduzione dei gas serra. Cedendo alla pressione dei Paesi sviluppati. Una pressione alla qual il Bjp ha sempre ceduto molto volentieri quando doveva trattare con americani e russi forniture di armi o tecnologia nucleare.

Nonostante si sia riaperta un contenzioso territoriale nella parte del Kashmir rivendicato da Pechino a causa di una strada che stanno tentando di realizzare gli indiani, dalla Cina è arrivato subito un entusiastico appoggio: «La Cina sostiene l'India nella sua politica nazionale di riduzione delle emissioni di carbonio - ha dichiarato subito il portavoce del ministero degli esteri Qin Gang - Comprendiamo l'attuale situazione in India. La Cina sostiene le misure di adattamento e di riduzione che prende l'India alla luce delle sue condizioni nazionali e della sua capacità. La Cina è pronta a rafforzare la sua comunicazione, il suo coordinamento e la sua cooperazione in materia con l'India».

A quanto pare la strategia messa a punto a pechino dai 4 Paesi emergenti (Brasile, Cina, India e Sudafrica) sta seguendo la tabella di marcia dell'avvicinamento a Copenhagen. Un altro tassello lo ha messo a posto il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula incontrando in Germania la cancelliera Angela Merkel con la quale ha rivolto un appello ai Paesi del mondo a realizzare «progressi conseguenti» al summit di Copenhagen che prende il via il 7 dicembre.

Secondo la Merkel e Lula il summit nella capitale danese non è destinato ad un insuccesso: «Sono sicuro che Copenhagen non permetterà di pervenire all'accordo ideale - ha detto Lula - ma sono anche sicuro che realizzeremo dei progressi importanti».

La Merkel ha promesso: «A Copenhagen farò del mio meglio per giocare a favore di progressi considerevoli, anche se l'accordo non è ideale». La Merkel ha ribadito nuovamente il sostegno della Germania ad un aiuto dei Paesi dell'Ue alle grandi economie emergenti per permettere che possano avere un forte ruolo nella realizzazione dell'obiettivo 2 gradi: «Perché il Paesi in via di sviluppo ed i Paesi emergenti realizzino questi obiettivi, dobbiamo aiutarli finanziariamente e tecnologicamente, e la Germania, come l'Unione europea sono pronte».

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