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[07/12/2009] News
LIVORNO. Lo snobbato summit di Pechino dei 4 grandi Paesi emergenti (Brasile, Cina, India e Sudafrica) si è rivelato alla fine uno scossone a tutto il percorso finale verso Copenhagen. Dopo gli impegni, per certi versi inaspettati, rivelati negli ultimi giorni da cinesi, brasiliani ed indiani, è il Sudafrica a fare l'ennesima sorpresa proprio mentre si aprono le porte della Cop 15.
Ieri il presidente sudafricano Jacob Zuma ha annunciato che parteciperà alla conferenza dell'Unfccc e che sarà accompagnato nella capitale danese dal ministro all'ambiente Buyelwa Sonjica, e da quello agli esteri e cooperazione Maite Nkoana-Masha.
Fino ad oggi il dipartimento o per gli affari ambientali del Sudafrica diceva di non prevedere nessun obiettivo obbligatorio di riduzione delle emissioni che possa avere un impatto negativo sulla crescita e lo sviluppo del più ricco e industrializzato Paese dell'Africa, un'economia che dipende fortemente dal carbone per la produzione di energia elettrica. Le emissioni a lungo temine dovrebbero continuare a crescere fino al 2020.
Zuma arriverà però a Copenhagen con un pacchetto dono molto atteso: i suoi obiettivi di riduzione. Il Sudafrica nei prossimi 10 anni dovrebbe ridurre le sue emissioni del 34% rispetto allo scenario "business as usual", cioè rispetto a quello che avrebbero raggiunto continuando con gli attuali ritmi. Nel 2025, raggiunto il picco delle emissioni di gas serra, il taglio dovrebbe essere del 42%, dopo dovrebbe iniziare il vero e proprio declino della CO2 in termini assoluti.
Il Sudafrica ha quindi scelto una via "alla cinese": crescita più virtuosa ed a minore "carbon intensity" ma il tutto sembrerebbe molto di più legato alla possibilità che i Paesi ricchi forniscano alla potenza africana gli aiuti finanziari e tecnologici per poter raggiungere questi obiettivi, necessari per innovare e rendere meno impattanti sull'ambiente l'industria e le miniere sudafricane.