[07/12/2009] News toscana
FIRENZE. Effettuata una fotografia della situazione sociale, economica e territoriale della regione, ed evidenziate le dinamiche in corso, il rapporto "Toscana 2030" attua, nella sua seconda parte, una "proiezione" verso il futuro, indicando quali scenari siano ritenuti più probabili in funzione di quali dinamiche siano stimate incidere maggiormente.
Dal punto di vista della sostenibilità territoriale e ambientale, e rimanendo in quell'ambito (l'urbanizzazione) già affrontato venerdì scorso, possiamo dire che secondo Irpet, generalmente, ciò che è da considerarsi più probabile nel suo manifestarsi è... una continuazione della situazione attuale, o ancor meglio una sua esasperazione.
Sono quindi considerati probabilmente destinati ad intensificarsi sia il già evidenziato dualismo territoriale, sia quella crescita spinta dell'urbanizzazione che, per motivi legati sia allo sprawl metropolitano (e quindi alla cattiva gestione urbanistica), sia all'eccessivo ricorso agli oneri di concessione nella formazione dei bilanci comunali (e quindi alla cattiva gestione della cosa pubblica), sta incidendo sul territorio regionale ad un ritmo minore rispetto ad altre realtà ma comunque preoccupante.
Riguardo al primo aspetto (il dualismo territoriale) il probabile perpetuarsi della situazione attuale comporta il rischio di «congestione» nelle aree già intensamente urbanizzate, e di «rarefazione ulteriore della residenza» in quelle già in via di spopolamento. Gli effetti sono «in entrambi i casi (quelli) di perdita di benessere a causa dell'accresciuta inefficienza del sistema, del maggiore inquinamento ambientale, della compromissione del paesaggio. Nel secondo caso il minor presidio del territorio provoca» - almeno secondo il parere di Irpet - «degrado ambientale, effetti negativi sulla regimazione delle acque, riduzione della coesione sociale e del livello di servizi di prossimità per la popolazione residua».
Sono quindi la congestione da una parte e «l'abbandono» dall'altra i «pericoli che si presenteranno alla Toscana del futuro». Ma ad essi se ne aggiunge un terzo, rappresentato dalla «diffusione dello sprawl, ovvero di quel fenomeno di estensione territoriale senza logica razionale che crea insediamenti ad alto consumo di suolo anche se con bassa intensità insediativa: è la logica delle periferie sparse delle grandi aree urbane, che privilegia la soddisfazione di bisogni individuali rispetto all'utilizzo razionale delle risorse scarse (suolo, paesaggio) e dei servizi pubblici».
Il fenomeno può essere misurato attraverso l'analisi della «crescita delle zone residenziali a tessuto discontinuo, che nel periodo 1996-2007 è stata superiore all'8%» e che si traduce nel numero emblematico rappresentato da «una crescita di un ettaro al giorno di aree urbanizzate discontinue». Come già abbiamo visto nella terza parte di questa analisi, Irpet riporta questo dato a quello della crescita demografica, che è stata nello stesso periodo del 5%. Paritariamente, viene confrontato il dato della crescita dell'estensione geografica delle aree produttive nello stesso periodo (+23%) con quello inerente alla parallela crescita del Pil, che è stata del 18%.
Irpet, con una metodologia piuttosto interessante per la produzione di scenari futuri riguardo al consumo di suolo, trae quindi la conclusione che «i processi di urbanizzazione hanno un'elasticità superiore all'unità rispetto alle dinamiche economiche e demografiche», dinamiche che - insieme a quelle politiche, come vedremo tra poco - sono considerate i tre grandi motori dell'urbanizzazione e del tasso a cui essa cresce.
Ipotizzando quindi che l'elasticità tra i fattori citati si mantenga pressoché costante, è possibile comporre uno scenario per il 2030 che è da ritenersi credibile, e che si rivela peraltro piuttosto preoccupante: secondo Irpet «al 2030 i livelli di crescita dell'urbanizzazione rispetto all'ultimo dato disponibile (2006) sarebbero di circa l'11% per le aree residenziali e di quasi il 25% per quelle produttive, equivalenti in estensione assoluta a quasi 10mila Ha in più per le prime, e a quasi 6mila per le seconde»: in poche parole, la stima secondo il modello "business as usual" prevede che di qui al 2030 sarà stato consumato un quantitativo di suolo equivalente a «circa la metà del territorio della provincia di Prato».
Questa crescita dovrebbe manifestarsi soprattutto in quelle aree, adiacenti al corso dell'Arno e di alcuni suoi affluenti, dove già oggi è più marcata: sono quindi il Valdarno superiore, quello inferiore, la Valdera, l'empolese, il pisano, l'aretino, la Valdisieve e il Mugello le aree, da questo punto di vista, più esposte. In generale, se come è probabile le tendenze attuali continueranno, «l'asse nord est/sud ovest che attraversa la parte settentrionale della regione potrebbe essere il luogo dove si concentrerà la maggior parte dell'urbanizzazione aggiuntiva».
Queste valutazioni, come detto, si basano sull'ipotesi che le dinamiche degli ultimi anni proseguano approssimativamente intorno agli stessi capisaldi demografici ed economici: in particolare, come già visto venerdì scorso, le principali cause del modo in cui l'urbanizzazione si è manifestata nella nostra regione in questi anni sono la diffusione delle seconde case e il processo di affermazione delle attività commerciali, in particolare della Gdo che tipicamente attua un consumo di suolo molto forte rispetto agli ambiti produttivi (come il manufatturiero) oggi in declino. Questi due elementi sono considerati le principali «ragioni che spiegano perchè l'urbanizzazione cresca più dei residenti e del Pil».
Ai fattori strutturali di matrice demografica ed economica si aggiunge però, secondo la sezione che Toscana 2030" dedica al consumo di suolo, quello di natura politica, su cui naturalmente gli analisti economici si esprimono in modo limitato e prudente. Ciò non toglie che, davanti a dati che testimoniano come l'incidenza degli oneri di urbanizzazione nei bilanci comunali «sia diventata una componente importante delle entrate su cui i comuni contano (il 7,5% in Toscana in media rispetto alle entrate totali, ma con punte che arrivano al 25-30% in alcuni comuni turistici)», Irpet ricordi giustamente che le risorse derivanti dalle concessioni «non sono il corrispettivo (parziale o totale) di spese una tantum, ma piuttosto dovrebbero coprire sia i costi della realizzazione della nuova città pubblica (..) ma anche il funzionamento quotidiano di questa "macchina"». Utilizzare invece queste risorse come strumento di ripiano di deficit potenziali «significa trasferire sui bilanci futuri questo deficit e/o essere costretti ad abbassare lo standard qualitativo dei servizi pubblici della nuova parte di città che si è deciso di realizzare».
Si legge qui tra le righe una decisa (e decisamente condivisibile) critica alla disinvoltura con cui alcuni comuni, a caccia di risorse economiche, fanno ricorso agli oneri di urbanizzazione, e soprattutto alla pratica (purtroppo diffusa) di dirottare le risorse da essi derivanti verso ambiti di spesa non necessariamente legati allo sviluppo delle aree di nuova edificazione o comunque di miglioramento/risanamento del territorio.
A questa «miopia» si aggiunge, infine, quello che Irpet chiama «effetto di traboccamento verso i comuni confinanti»: viene stigmatizzato, cioè, il fatto che «le scelte urbanistiche sono state assunte in assenza di coordinamento con le amministrazioni locali confinanti». E' un processo, questo, che appare particolarmente evidente, a nostro parere e ad esempio, nell'area della Piana fiorentina, e che secondo Irpet contiene in sé il «rischio di un effetto emulativo e di un processo di concorrenza territoriale di tipo distruttivo, che aumenti i livelli di urbanizzazione e quelli di inefficienza del territorio, specialmente nelle aree particolarmente complesse, perché ricche di interrelazioni, come quelle metropolitane».
Terminata la parte dedicata al consumo di suolo e ai fattori (demografici, economici, politici) che ne costituiscono i principali motori, vedremo nei prossimi giorni le prospettive future per la Toscana in termini di mobilità e, in generale, riguardo ad altri indicatori diretti di sostenibilità ambientale.