[09/12/2009] News toscana

Rigassificatore di Rosignano: la sostenibilità è uno stato d'animo?

LIVORNO. Il no al rigassificatore di Rosignano ha alzato un putiferio di cui abbiamo già dato notizia, ma ora la cosa sta diventando anche un po' buffa. Gli ultimi due segnali arrivano dal presidente Martini e dal segretario regionale della Cgil Alessio Gramolati. Con il primo che nella sostanza dà la colpa alla mancata programmazione del governo italiano per il no all'impianto in questione e con il secondo che adduce motivazioni (peraltro condivisibili) che nella sostanza però boccerebbero comunque l'altro impianto, questo sì approvato anche dalla Regione, in corso di realizzazione tra Livorno e Pisa (Olt).

Ma andiamo con ordine, il presidente della Regione ha detto a Repubblica: «Abbiamo un Piano energetico votato 2 anni fa dal consiglio regionale, che non è carta straccia. E prevede un solo rigassificatore, quello di Livorno, oltre al gasdotto di Piombino. Potevamo fare una delibera più tecnica, con parere positivo, annunciando parere negativo in fase d'intesa. Oppure dare subito parere negativo. Ed è stata questa la mia proposta: scoperchiamo il problema. A questo punto è il governo che deve uscire, tracciando un piano energetico nazionale. Perché se si vuole ridiscutere del progetto alla luce di nuove esigenze di crisi, dobbiamo farlo fuori dall'emergenza. Altrimenti la Toscana diventa terra di conquista: gas, nucleare...».

Questo significa - gli ha domandato la giornalista - che se il Progetto Rosignano fosse definito strategico a livello nazionale, la Regione sarebbe disposta a trattare? In cambio di compensazioni?
«Trattare assolutamente no. Non ragiono in termini di baratti. Voglio dire che, eliminata l'ignoranza sul progetto, le strumentalizzazioni di basso livello e le omissioni sulle prescrizioni, è importante aprire un tavolo di confronto, all'interno di norme certe, col governo e gli enti locali, che voglio incontrare al più presto».

Chiaro? Non molto, visto che la Regione per anni ha detto che si poteva fare uno e un sol rigassificatore, lo ha fatto ribadire all'assessore Bramerini, mentre ora questa posizione vacilla. Ma la scelta di un solo rigassificatore, più il gasdotto Galsi messa nero su bianco nel Pier non era dettata anche da un criterio di sostenibilità ambientale? Perché ora non è più valido? Se non lo è a causa della crisi, che lo si dica, ma poi non si dipinga la scelta con di ‘green economy' perché si compierebbe un madornale errore. La green economy è la risposta alla crisi se la si intende come riconversione ecologica dell'economia, ovvero scelte economiche dove il criterio direttore è quello della sostenibilità ambientale e sociale. Giammai quindi un contenitore dove ci si ficca a forza di tutto di più. Che dire poi dell'affermazione che è il governo a dover dare indicazioni: con questo atteggiamento il governo può dunque decidere su tutto prendendosi oneri e onori, mentre alla Regione non resterebbe che la registrazione degli atti...

Solo in parte, quindi, è comprensibile quanto sostiene oggi Alessio Gramolati della Cgil sempre a Repubblica: «Green economy per me significa tornare a dare valore al lavoro, recuperando in modo positivo il rapporto tra industria e territorio. La giunta ha fatto bene a dotarsi di un proprio Piano energetico, in assenza di un piano nazionale. Ma in quel Piano adesso deve inserire l´idea che l´attrattività industriale rappresenta una ricchezza e non un deficit. Prima ancora di dire sì o no all´impianto off shore perché non pensare alla costa come a una grande piattaforma energetica? Perché non diversificare la produzione della Solvay affiancando alla soda il silicio, di cui la Cina ha il monopolio globale e che è alla base delle centrali fotovoltaiche? L´alternativa a questo è drammatica: se le industrie chimiche costiere nell´arco di cinque anni venissero dismesse non avremmo la possibilità di bonificare quella zona».

Un'affermazione in linea generale assai condivisibile (a parte che l'impianto non è off shore, ma on shore che però potrebbe essere un refuso), se non fosse che l'assenza di queste motivazioni rispetto al progetto Olt di Livorno avrebbero dovuto a suo tempo e pure ora tuonare contro quella scelta che invece è sempre stata appoggiata. Di green economy, infatti, la Olt ha ben poco, se non come aiuto nella differenziazione dell'approvvigionamento del gas durante la transizione (lunga) che dovrebbe portarci fuori dall'utilizzo del petrolio e poi di tutte le fonti fossili per la produzione di energia. Il progetto Edison di Rosignano, oltre a questo aspetto, sembrerebbe invece poter aprire ad una vera riconversione ecologica del distretto per quanto non si sia letto da nessuna parte che Solvay abbia le intenzioni che dice Gramolati ma che potrebbero essere inserite proprio da una programmazione pubblica attenta e non ondivaga

Del tutto fuorviante poi l'accostamento tra rigassificatore e il fotovoltaico sui tetti dei capannoni industriali di Montemurlo dopo la bonifica dell'eternit - come se uno escludesse l'altro - figlio forse però dell'approssimazione giornalistica.

Certo, il governo non aiuta, ed è giusto far notare che in assenza di un piano nazionale è difficile pianificare, ma qui siamo di fronte all'ammissione di aver sbagliato progetto e sarebbe bene ricordare che oltretutto non si è neanche riusciti a far vincolare il progetto di Livorno e il metanodotto Galsi alla riconversione delle due centrali Enel. Ci sia consentito un ultimo pensiero: contro il progetto Olt si sono scatenati comitati, associazioni, partiti di opposizione con motivazioni quali disastri possibili con scenari postatomici. Contro impianti eolici, geotermia, e perfino impianti fotovoltaici si sono sprecate affermazioni come "massacro del territorio", "paesaggio lunare", "catastrofe territoriale". L'uso di rifiuti inerti che per legge si possono e si devono utilizzare come fondo stradale è stato contestato più della realizzazione dell'inutile autostrada Tirrenica.
Possibile che la sostenibilità debba essere in balia degli stati d'animo?

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