[21/07/2009] News
La tassa per la gestione dei rifiuti solidi urbani (Tarsu) può anche non essere calcolata sulla base del quantitativo di rifiuti effettivamente prodotto e conferito dagli utenti: può bensì essere calcolata su una stima del volume di rifiuti generato dagli utenti del servizio. L'ammontare della tassa, però, non deve comportare l'accollo a taluni "detentori", come le aziende alberghiere, di costi "manifestamente non commisurati ai volumi o alla natura dei rifiuti da essi producibili". Spetterà, poi, al giudice nazionale (e non a quello europeo) accertare la "sproporzione".
Lo afferma la Corte di Giustizia europea con sentenza dell'altra settimana. Dopo le conclusioni dell'Avvocato generale della Corte UE -il quale ha affermato che la Tarsu va calcolata tenendo conto dei rifiuti effettivamente prodotti e non della capacità di reddito, (poiché la capacità di reddito è "un criterio manifestamente inidoneo per attuare il principio ‘chi inquina paga'") - la Corte di giustizia si pronuncia sul caso delle società alberghiere del Comune di Casoria (ricorse al giudice amministrativo).
La vicenda ha inizio nel 2006 quando tale tassa sarebbe stata da otto a nove volte superiore rispetto a quelle delle abitazioni private analoghe. Una tassa parametrata sulla capacità reddittuale piuttosto che sulla capacità di produzione dei rifiuti, una tassa calcolata - a detta delle società - senza alcuna considerazione del tasso di occupazione delle camere, né della presenza o meno di servizi di ristorazione (che possono comportare la produzione di una maggiore quantità di rifiuti), né del fenomeno della stagionalità dell'attività alberghiera e dell'incidenza di superfici adibite a servizi e quindi non abitate.
Ma secondo la Corte Ue è ben possibile che uno Stato (vista la sua discrezionalità) possa calcolare la tassa sulla base di una stima del volume di rifiuti generato dagli utenti di tale servizio e non sulla base del quantitativo di rifiuti da essi effettivamente prodotto e conferito.
Gli Stati membri sono tenuti, in forza dell'art. 15, della direttiva sui rifiuti del 2006, (la numero 12, non più in vigore dal 10 dicembre 2008 in quanto sostituita dalla direttiva 2008/98/Ce) a far sì che - in linea di principio - tutti gli utenti di tale servizio, in quanto "detentori" di rifiuti sopportino collettivamente il costo globale della loro gestione.
Nessuna normativa comunitaria però impone un metodo preciso sul finanziamento del costo di tale servizio. Lo Stato membro dispone di un'ampia discrezionalità relativamente alla determinazione delle modalità di calcolo della tassa e di finanziamento del servizio (perché il finanziamento può, sempre a scelta dello Stato membro interessato, essere "indifferentemente assicurato mediante una tassa, un canone o qualsiasi altra modalità").
Anche la differenziazione tributaria fra categorie di utenti (come quella fra le aziende alberghiere e i privati) ha il suo scopo ossia quello di finanziare il sevizio.
Basta che la differenziazione tributaria non vada oltre quanto necessario per raggiungere l'obiettivo.