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[11/12/2009] News toscana
FIRENZE. Il Bike sharing sta diventando di moda anche in Toscana e crescono i Comuni che si provano a lanciarlo: dopo le città di Viareggio, Pistoia, Prato, dove ha avuto effetti molto limitati; è iniziato l'esperimento di Sesto Fiorentino, e sono annunciati quelli di Livorno e Arezzo; mentre l'iniziativa di Firenze ha avuto una pausa di riflessione.
Il Bike sharing è diventato una sorta di parola magica per mostrare la sensibilità delle Amministrazioni comunali verso la mobilità ciclistica.
Il Bike sharing è infatti un sistema adatto a promuovere l'utilizzo quotidiano della bicicletta, favorendo l'intermodalità con le altre forme di trasporto; può essere perciò un sistema per ampliare l'uso della bicicletta e quindi per contribuire a risolvere i problemi ambientali e di traffico, ma è un intervento molto oneroso per i Comuni se si vogliono avere dei risultati significativi. Ma perché raggiunga questo scopo il Bike sharing deve funzionare e non è vero che davvero funzioni sempre, specie in Italia.
In realtà non esiste il Bike sharing, ma vi sono molti modi e possibilità di realizzazione e gestione di questo sistema di noleggio delle biciclette a tempo.
Ma cos'è il Bike sharing? E poi esiste solo un Bike sharing? E' davvero una soluzione per sviluppare la mobilità ciclistica nelle nostre città toscane?
Il bike sharing è un sistema che permette il noleggio rapido di una bicicletta, disponibile direttamente nei parcheggi, nelle aree di sosta, nelle strade e nelle piazze delle città. È un sistema di trasporto pubblico (perché ogni bicicletta è utilizzabile da più persone) e al contempo esclusivo (perché la bicicletta è utilizzabile da un utente alla volta).
I sistemi di bike sharing si distinguono principalmente per la modalità con cui è possibile ritirare e riporre una bicicletta, in particolare esistono sistemi: con personale addetto (noleggio); a chiave meccanica (es. Centroinbici); a tessera magnetica (es. Bicincittà); a chiamata (es. Call a bike); etc., e poi per i costi per gli utenti: vi sono quelli gratuiti, quelli con costi differenziati per il tempo d'uso, quelli a giornata, etc.
E vi è già una lobby di soggetti interessati al Bike sharing, anche se non sempre interessati davvero alla promozione della mobilità ciclistica: sono le società di pubblicità sugli spazi pubblici, che grazie al Bike sharing ottengono spazi pubblicitari a costi che determinano loro.
A livello teorico non si può non essere favorevoli a questo metodo innovativo di uso della bicicletta, che la fa tornare alla ribalta della stampa, e quindi di moda, anche grazie al successo, soprattutto di immagine, che hanno avuto le esperienze di "bike sharing" a Parigi e Barcellona.
Nella pratica concreta (e non solo italiana) le difficoltà e i costi di investimento (da 1.000 a 3000 euro a bicicletta) e di organizzazione del servizio (intorno ai 1.000 euro a bicicletta all'anno) rispetto al numero di utilizzatori (96.000 in tutta Italia sono quelli stimati da Euromobility) e ai reali benefici per le città lasciano molti dubbi sull'utilità di puntare prioritariamente su questo servizio.
Un altro limite è rappresentato dalla difficoltà di integrare i diversi modi di Bike sharing che sono diffusi nei singoli comuni, sia a causa del sistema usato, che dei costi e della mancanza di un progetto unitario, che in Toscana potrebbe essere lanciato utilizzando competenze e professionalità esistenti.
Nel funzionamento del "bike sharing" non vi sono dunque solo rose e fiori, mentre è indubbio che l'uso della bicicletta porta enormi vantaggi per la città, per i cittadini, per l'ambiente, per il traffico, per la salute, etc., e che l'utilizzo della bicicletta, specie al posto dell'auto, può essere molto incrementato con una politica organica indirizzata verso questi obiettivi.
Il Bike sharing funziona dove le origini e destinazioni (O/D) degli spostamenti sono distribuite in modo diffuso sul territorio e ad una distanza relativamente breve e dove c'è un servizio di TPL usato, esteso ed efficiente, in quanto si pone essenzialmente come complementare al servizio di TPL, o al più del mezzo privato dai parcheggi ai luoghi di destinazione. Funziona in alternativa ai motocicli privati, dove c'è una ridotta proprietà di biciclette e dove il mezzo pubblico è usato da persone disponibili all'uso della bicicletta.
L'iniziativa di attivare anche in Toscana esperimenti di "bike sharing" può essere utile per favorire la mobilità ciclistica e rafforzare l'immagine della bicicletta come mezzo di spostamento a tutti gli effetti, specie se in sostituzione di mezzi a motore, se integrata in una logica regionale di sistema intermodale, ma deve essere adeguatamente preparata, utilizzando e integrando i soggetti che già si occupano di mobilità ciclistica nella regione.