[11/12/2009] News toscana
FIRENZE. Oggi la fondazione Symbola ha presentato ad alcuni tra i principali stakeholder politici ed economici della Toscana la sua proposta per l'adozione di un nuovo indice di sviluppo di matrice economica. O meglio, più che di nuovo indice si tratta, come ha spiegato il coordinatore tecnico del progetto Piq Livio Barnabò, di uno strumento che è sì «uno strumento di lettura» dell'andamento qualitativo della produzione economica, ma anche «uno strumento di politica industriale», poiché la principale caratteristica del Piq (Prodotto interno di qualità) è di permettere una analisi «rigorosa» di quella parte di ricchezza prodotta che è caratterizzata da qualità ambientale o sociale, da innovazione e da effettiva competitività sui mercati.
Non siamo di fronte, quindi, all'ennesima proposta per l'adozione di indici "alternativi" al Pil (percorso su cui stanno peraltro lavorando, a vari livelli istituzionali, sia l'Unione europea sia l'Ocse), ma ad una contabilizzazione - attuata con metodologie sia qualitative sia quantitative - della quota di esso che è direttamente legata al perseguimento della qualità: in altre parole, dai dati che vengono utilizzati per misurare la crescita economica (e quindi la "quantità") si estrapolano con la maggiore possibile esattezza quelli che indicano la parte di questa "quantità" che è riconducibile alla produzione di "qualità" in termini sociali, ambientali, oppure di innovazione e competitività.
Ed ecco perché, quindi, il Piq è da considerarsi elemento di analisi industriale prima ancora che semplice fattore indicativo: esso è infatti, come si legge nel documento presentato da Symbola, «fondato su una metodologia chiara che permette di effettuare confronti nel tempo e fra paesi e regioni, e soprattutto è un numero», cioè esso è un dato concreto esprimibile in maniera immediata, così come concreto e di immediata espressione è il Pil. Siamo quindi di fronte ad una proposta ben diversa (in termini di concretezza) da altre che cercano di fornire indici alternativi (o complementari) al Pil basandosi in gran parte su dati "proxy" (cioè indiretti) e/o legati a rilevamenti sondaggistici: questo è anche il parere di Fabrizio Vigni, presidente dell'Agenzia per l'energia e ambiente (Apea) della provincia di Siena, che nel suo intervento ha salutato con favore la prospettiva di affiancare al Pil «uno strumento alternativo, ma forse più solido rispetto a quelli che si basano sulla misurazione del benessere, un dato che è abbastanza sfuggente».
Le stime del Piq, da prendersi per ora a titolo sperimentale, indicano nel 44,6% della produzione nazionale la quota di essa riconducibile alla qualità: questo dato, per la Toscana, è più alto e si assesta intorno al 60% (più precisamente il 59,41%). Secondo Barnabò, questo buon risultato è legato «a tre fattori, che testimoniano come in Toscana la qualità è stata declinata in una gamma settoriale ampia: anzitutto, in Toscana, la green economy (o comunque un approccio incentrato su un'economia sostenibile) è una realtà, cioè fa ormai parte del quotidiano delle imprese». E poi, prosegue Barnabò, la Toscana è caratterizzata da «un'elevata qualità del capitale umano e un positivo posizionamento nelle classifiche di competitività». Meno positivo invece il giudizio sulla tendenza all'innovazione, e quindi sulla sua incidenza nella formazione del Piq che non supera, su base regionale, il dato medio italiano.
Tra i fattori che concorrono a questo aspetto, viene citata la «mancanza di una vera cultura della capitalizzazione del know-how», elemento che viene confermato dal limitato (1/3 rispetto all'Emilia Romagna) ricorso ai brevetti: questo dato comunque va interpretato, come sostiene Irpet nel suo rapporto "Toscana 2030", anche alla luce della forte incidenza regionale delle Pmi, e quindi al limitato ricorso che esse fanno alla brevettazione rispetto alla grande impresa.
Secondo il parlamentare Pd e presidente di Symbola Ermete Realacci, l'incidenza della qualità sulla produzione di ricchezza è «un elemento tipico della Toscana», una regione dove tipicamente avviene quell'«incrocio tra saperi e tecnologie» che, nel parere di tutti i relatori oggi intervenuti (tra i quali citiamo il sindaco di Firenze Matteo Renzi, l'assessore provinciale all'Ambiente Renzo Crescioli, il vicepresidente della giunta regionale Federico Gelli, il presidente di Cna Toscana Walter Tamburini e quello della Coldiretti regionale, Tullio Marcelli) costituisce la base del rilancio dell'intera economia globale.
Siamo di fronte, secondo Realacci, a una risposta a quella «cultura declinista» che negli anni passati, miope davanti all'importanza della qualità e dell'innovazione nella produzione di ricchezza, vedeva l'Italia e la Toscana come svantaggiate e poco competitive rispetto ai paesi emergenti come la Cina. La «risposta che possiamo mettere in campo» è basata sul mettere a sistema il brand fondamentale rappresentato dall'«immagine di cui godono il paese e la regione Toscana nel mondo» con la «ricchezza aggiuntiva prodotta dal capitale umano, dall'innovazione, dalla qualità ambientale, dalla ricerca, e non dal maggior consumo possibile di suolo, di energia, di materie prime». E il Piq, ha concluso Realacci, «è una buona misura di questa ricchezza aggiuntiva, di come cioè la produzione di ricchezza si incroci, specialmente in Toscana, con la qualità e il territorio».