
[15/12/2009] News
ROMA. Il Brasile ha una grande occasione per assumere un ruolo di leadership mondiale nella lotta ai cambiamenti climatici: basta che decida di azzerare l'abbattimento degli alberi nella foresta Amazzonica, definita - giustamente - il polmone del mondo. Se l'erosione dell'area coperta dalla più grande foresta tropicale del mondo cessasse completamente entro il 2020, l'umanità ridurrebbe le emissioni globali di biossido di carbonio di una quantità compresa tra il 2 e il 5%.
Oggi è c'è una straordinaria finestra di opportunità per raggiungere questo obiettivo. Ci sono quattro motivi che giocano a favore.
Primo: il tasso di deforestazione in Amazzonia è già notevolmente diminuito. Tra il mese di giugno e il mese di luglio di quest'anno l'area deforestata è stata di quasi due terzi in meno (il 64%, per la precisione) rispetto alla media del decennio 1996-2005. Su base annua significa che è stata deforestata un'area inferiore ai 7.000 km2, contro una media, in quel decennio di riferimento, di 19.500 km2. Si tratta, dunque, di fare un ulteriore sforzo.
Secondo: l'attuale presidente del grande paese sudamericano, Luiz Inácio da Silva detto Lula, ha più volte affermato che il Brasile, quel ruolo di leader mondiale nella lotta ai cambiamenti climatici, vuole assumerselo. Ha riconosciuto che questo ruolo passa attraverso la conservazione dell'Amazzonia e si è dato come obiettivo di ridurre entro il 2020 il tasso di deforestazione dell'80% rispetto alla media del decennio 1996-2005.
Terzo: si può fare di più. A costi accettabili. È possibile fermare del tutto la deforestazione in Amazzonia entro il 2020, eliminando la domanda che viene dall'industria agroalimentare della carne e della soia con un investimento compreso tra 7 e 18 miliardi di dollari, secondo la valutazione che Daniel Nepstad, un ecologo americano del Woods Hole Research Center considerato tra i più grandi esperti al mondo di foreste tropicali, e un nutrito gruppo di suoi collaboratori hanno reso pubblica in un recente articolo sulla rivista Science.
Quarto: questi costi possono essere messi in conto alle Nazioni Unite e, in particolare, ai paesi più ricchi e di antica industrializzazione. Non è una fuga in avanti. Il fondo può già contare su 1 miliardo di dollari messo a disposizione dalla Norvegia. E su una parte dei soldi che l'Unione Europea si è detta disponibile a tirar fuori dalla tasca per procedere con rapidità nel processo del «dopo Kyoto» di cui si sta discutendo in questi giorni a Copenaghen.
Annunciare la tutela integrale dell'Amazzonia sarebbe uno degli annunci più importanti che possono venire dal summit sui cambiamenti climatici che si chiude venerdì nella capitale danese. E sarebbe un bel modo per salutare l'arrivo del 2010, eletto dalle Nazioni Unite ad anno della biodiversità.