[15/12/2009] News
LIVORNO. Un investimento di 3 miliardi di euro nello sviluppo delle infrastrutture digitali genererebbe nel nostro Paese una ricaduta occupazionale di 150 posti di lavoro. Lo calcola il Cerm, un centro di ricerche indipendente, con la finalità istituzionale di concorrere all'innalzamento della qualità tecnica e della trasparenza delle decisioni di politica economica e di regolazione dei mercati. Lo studio presentato ieri e spiegato oggi sul Sole24Ore dice però anche quali devono essere i microinterventi mirati per ottenere da una parte la creazione immediata di nuovi posti di lavoro e dall'altra elevare la produttività del sistema nel medio e lungo termine: prima di tutto rendere più efficiente il sistema energetico, dalla generazione, alla trasmissione fino al consumo di energia, quindi la posa della fibra ottica.
In pratica manutenzione e piccole infrastrutture che niente hanno a che vedere con le grandi opere che tanto piacciono a questo governo, che proprio sui finanziamenti alla banda larga ha dato vita a un teatrino in cui le marionette sono i vari ministri che non riescono mai a trovare gli 800 milioni (già annunciati e già promessi) finalizzati a ridurre il digital divide. Del resto le priorità per questo governo sono altre, come abbiamo evidenziato ieri nell'articolo in cui davamo conto dei soldi trovati per le spese militari (vedi link a fondo pagina).
La crisi è il tradizionale paravento dietro cui nascondere scelte miopi e priorità legate a interessi di pochi e non al benessere della collettività. In realtà poi vediamo che in Francia, un Paese dove la crisi si è fatta sentire almeno quanto in Italia, e dove detto per inciso le spese militari non sono certo inferiori alle nostre, si va ad accendere prestiti e mutui dello stato per 35 miliardi finalizzati all'efficienza, all'innovazione, alla ricerca scientifica.
Fra la perplessità di molti, infatti, Sarkozy ha annunciato l'investimento anticiclico per uscire dalla crisi: 35 miliardi di euro a università e formazione (11 miliardi), Ricerca scientifica (8 miliardi) infrastrutture di rete (6,5 miliardi - in Italia non se ne trovano 800 di milioni - per sviluppare internet e la banda larga), piccole e medie imprese (6,5 miliardi). Da non economisti non ci permettiamo di giudicare la manovra in sé (i dubbi, come anticipato, riguardano il deficit pubblico che si aggraverà di questo ulteriore prestito), ci limitiamo però a sottolineare quale è la direzione di questi investimenti: quella della sostenibilità e dell'innovazione di processo e di prodotto, finalizzati a cercare risultati duraturi e non destinati a scomparire con la durata di una campagna pubblicitaria.
Secondo il Cerm gli 800 milioni italiani per la banda larga (annunciati prima con gran tripudio, poi bloccati da Tremonti un paio di settimane fa, quindi riproposti - dimezzati - da una mozione bipartisan, e infine nuovamente seppelliti dal ministro Scajola che ha rinviato ogni eventuale decisione al 2010), sarebbero in grado di attivare 75mila posti di lavoro, con 1,2 miliardi per l'efficienza energetica si creerebbero 48mila posti e infine con digitalizzazione dei servizi sanitari altri 23mila addetti.
Intanto nell'attesa della banda larga, le città italiane s'ingegnano come possono col wireless, racimolando qualche migliaio di euro in partner con i privati, sufficienti a coprire con la tecnologia Wi-Fi qualche manciata di piazze sparse nel Belpaese, sperando forse di dare così l'illusione ai turisti stranieri (visto che il target ufficiale a cui si rivolgono queste iniziative è proprio questo, figurarsi se si può capire che si tratta in realtà di un fondamentale fattore di competitività!) di trovarsi in Europa.