[15/12/2009] News toscana

Approfondiamo il rapporto Irpet (8) - Emissioni, economia e cambiamenti climatici

FIRENZE. Con gli ambiti di approfondimento relativi alle emissioni e alla quantificazione territoriale ed economica degli effetti dei cambiamenti climatici si conclude la parte di "Toscana 2030" dedicata all'analisi dello stato della sostenibilità ambientale in Toscana attraverso alcuni indicatori diretti, e delle prospettive future.

Sulle emissioni in senso lato è riportato «un andamento in linea di massima incoraggiante» nel corso degli ultimi anni: in particolare, «dal 2000 in poi esse hanno registrato un andamento decrescente». Ciò non toglie che le proiezioni per il futuro, nonostante sia preso in considerazione anche un atteso miglioramento tecnico in grado di ridurre l'intensità emissiva della produzione, prospettano un «leggero incremento rispetto al dato attuale».

E veniamo all'ambito relativo alle conseguenze che queste emissioni hanno sul clima, o comunque al contributo più o meno determinante ad esse associato nel cambiamento climatico. Un cambiamento climatico le cui conseguenze (sono citati «l'incremento medio delle temperature, soprattutto d'estate; l'intensificarsi di ondate di calore ed eventi estremi; il peggioramento del bilancio idrico; l'arretramento di alcuni tratti di costa») sono definite come «la più importante sfida ambientale per uno sviluppo sostenibile».

Giustamente il rapporto "Toscana 2030" evidenzia come le conseguenze del Gw sul territorio siano anzitutto ancora da chiarire a livello di dettaglio, e che comunque esse si verificheranno in maniera molto differenziata sul territorio.

Comunque sia, vengono prodotte (a titolo sperimentale) delle valutazioni sui possibili effetti economici del cambiamento climatico che per certi versi rivestono carattere di assoluta novità: e in questo senso il rapporto "Toscana 2030", la cui particolarità è di produrre valutazioni di prospettiva analitica futura e di metterle a disposizione di un dibattito politico che cronicamente continua ad avere "l'oggi" come (limitato) orizzonte fondamentale di analisi, viene ad essere caratterizzato da un ulteriore elemento di innovazione.

In questo senso, l'elemento innovativo non è tanto il tentativo di una quantificazione economica degli effetti del cambiamento climatico, ma il fatto che essa è orientata ad una prospettiva locale, mentre gli studi analoghi che sono disponibili in letteratura illuminano realtà territoriali più estese. Ad esempio, anche se tentativi analoghi erano stati già compiuti, il vero capostipite di questo ambito della letteratura dello sviluppo è da considerarsi il "Rapporto Stern" del 2006: esso però, nel descrivere i costi dell'inazione (stimandoli in un range dal 5 al 20% del Pil annuo) in rapporto alle risorse da spendere per mantenere la CO2 al di sotto dei 550 ppm (risorse stimate nel 2006 in 1 punto di Pil all'anno, poi saliti a 2 secondo stime più recenti prodotte dallo stesso economista inglese), basa i suoi calcoli su una prospettiva globale, cioè sull'intero pianeta e quindi sull'intera società che lo ospita.

Ben diverso, sia per motivi legati all'analisi climatica strettamente intesa, sia alla funzione di essa rappresentata dall'analisi economica, è produrre stime su scala regionale. Irpet infatti, come già visto sopra, esplicita il carattere sperimentale dell'ambito di analisi in questione, e sostiene poi che «una prima valutazione dello scenario che si potrebbe registrare nel prossimo futuro in assenza di interventi è, in termini di Pil, negativa: la riduzione stimata per questo indicatore economico al 2030 è dello 0,77%, ed è causata soprattutto dalle ripercussioni negative sul turismo, sull'agricoltura e sul fabbisogno di energia».

Questo descritto è lo scenario definito «senza interventi» (abbiamo già annotato la metodologia che Irpet adotta nella seconda fase di "Toscana 2030", e cioè il produrre scenari inerziali basati sul "business as usual" e usarli come spunto fondamentale di analisi, senza pretendere di fare reali "previsioni per il futuro" che nessuno è in grado di fare), ma ovviamente è prevedibile che azioni (aggiuntive a quelle già in atto) per la mitigazione/l'adattamento al cambiamento climatico saranno messe in campo anche in Toscana, così come in varie parti del mondo.

L'impatto economico ad esse associato è stimato «in una misura di poco inferiore allo 0,1 del Pil regionale annuale», un valore che, ricorda Irpet, non va preso alla leggera perché esso «costituisce la decima parte della variazione media annuale del Pil stimata per i prossimi venti anni». La conclusione è che, secondo gli autori del rapporto, «occorrerà dunque, pur in uno scenario di crescita lenta, tenere in debita considerazione la progressività delle conseguenze del cambiamento climatico e quindi la necessità di rendere progressivo anche l'impegno per la mitigazione e l'adattamento».

E' comunque chiaro che le opzioni economiche, riguardo al cambiamento climatico, sono funzione delle dinamiche ambientali, su cui non abbiamo la sicurezza che necessiterebbe (non a caso Irpet giudica, in questa parte, «più difficile misurare gli effetti ambientali»): ciò significa che, in assenza di certezze su quale sarà il futuro del clima terrestre (e quindi Toscano), è ovvio che qualunque scenario economico venga prodotto è necessariamente funzione di scenari climatici variabili. Ecco che quindi - come peraltro è Irpet stessa ad ammonire - l'analisi prospettica qui presentata è da prendersi solo come stima indicativa.

In particolare, inoltre, va ricordato che il rapporto Stern (e in particolare il suo "seguito", cioè il testo "Un piano per salvare il pianeta", del 2009) non produce solo scenari in cui per evitare gli (enormi) costi dell'inazione occorre effettivamente spendere risorse: in alcuni scenari, anzi, il bilancio spese-guadagni giunge a zero, mentre in altri la perdita diventa "negativa", cioè si ha un guadagno. Questo perché, se alcune azioni per la mitigazione del Gw hanno un effettivo costo economico, che si contrappone al guadagno ambientale (pensiamo ad esempio alle azioni di forestazione finalizzate alla diminuzione delle emissioni indirette), in altri casi (ad esempio si immagini la sostituzione di tutte le lampade ad incandescenza con quelle a led, più convenienti) il guadagno ambientale (strettamente inteso) e quello economico vanno di pari passo.

Ed è su questo aspetto che Stern basa la produzione (anche) di scenari di azione "a costo zero" o addirittura "a costo negativo", cioè vantaggiosi non solo in termini ambientali ma anche economici.

Comunque sia, le valutazioni di Stern sono estese su una prospettiva globale, mentre quelle di Irpet investono ciò che avviene (e ciò che è possibile che avvenga in futuro) nei ristretti confini toscani. E' chiaro, comunque, che la materia è sufficientemente giovane per avere ancora enormi margini di miglioramento: per ora è da salutare con soddisfazione il fatto che in un documento che è sostanzialmente di analisi socio-economica abbia spazio (e non marginale) una quantificazione a livello locale degli effetti economici del cambiamento climatico.

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