[16/12/2009] News

Copenhagen: la protesta dei Paesi africani riapre uno spiraglio di accordo

COPENHAGEN. Mattinata di mobilitazioni, cortei, blocchi che dentro e fuori, con il fuori che entra e il dentro che esce. Parliamo di tutti, governativi, Ong, ambientalisti. In realtà è proseguita la situazione delle file deliranti per fare qualunque cosa, con una presenza poliziesca sempre più intensa e che da oggi ha anche gli svedesi nelle loro file, e che più sta iniziando a prendere troppe scorciatoie per gestire l'ordine pubblico, e quindi l'efficacia delle iniziative è stata forse un po' più bassa ma c'è stata, solo il corteo interno ha visto oltre un centinaio di presenze di tutto il mondo, e soprattutto comunque l'invasione della città tutta da parte del mondo che vuole che la Cop15 non sia un'occasione perduta, prosegue.

Dopo i luoghi del Klimaforum e quello del Bella Centre (quello della Cop), anche la City Hall, la piazza del Municipio, dove sono allestite un buon numero di tensostrutture, si è animato fortemente. Proprio lì ieri anche la nostra ministra Prestigiacomo ed il sindaco di Roma Gianni Alemanno, hanno partecipato ad una serie di iniziative del coordinamento delle città sostenibili promosse dal Sindaco di Copenaghen.

Nel frattempo da ieri la bozza di un possibile accordo è ricomparsa e quindi si è tornati a trattare, sembra si torni al doppio binario, e quindi le proteste forti di questi giorni di molti Paesi e degli Stati africani in primis, sembrano aver ottenuto un minimo di spiraglio appunto sul dire che il Protocollo di Kyoto rimane ancora in vigore per un po', diventa obbligatorio anche per coloro che non lo hanno sottoscritto e quindi anche per gli Stati Uniti e poi dopo si parla degli impegni di coloro per i quali Kyoto non prevedeva impegni.

Certo tra questi ci sono anche Cina, India, Brasile, che risulta complicato possano rimanere fuori da impegni ed azioni immediate e quindi le frizioni con gli Stati Uniti e non solo rimangono forti. D'altra parte la sensazione che nessuno prevedesse fino in fondo tanto protagonismo da parte di tutti i Paesi e soprattutto di quelli più in difficoltà, ed una richiesta da parte della società civile qui e nel Mondo che questo appuntamento non fallisca, è molto forte.

Da lunedì per convincere i leader a trovare un accordo sul clima e a lanciare l'ennesimo allarme sul riscaldamento globale, è intervenuto anche Al Gore, sottolineando che il cambiamento è già in atto e che la calotta polare artica potrebbe scomparire, nel periodo estivo, già tra 5 o 7 anni supportando il tutto con i dati di due nuove ricerche che mostrano come "profondo nord" sia una delle aree più a rischio del pianeta, e dove le temperature sono salite al doppio della velocità rispetto alla media. Tutto ciò anche per mettere fine alla discussione sul "Climategate".

Abbiamo già avuto modo di dirlo ma per la prima volta un appuntamento della Conferenza delle Nazioni Unite sul clima, vede insieme tante persone diverse, di Paesi e con responsabilità diverse, a chiedere di partecipare con responsabilità e attenzione a questo processo decisionale sul futuro del pianeta e a chiedere che la propria voce venga ascoltata. E' il segno che questo non è un appuntamento come gli altri, e che la loro preoccupazione, raccolta e condivisa da tanti leader internazionali del Sud, non può rimanere senza una risposta adeguata. I Governi devono rispondere, con azioni e fondi, ma anche con una capacità di leadership adeguata a questi problemi.

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